“Un paese di Baroni. Truffe, favori, abusi di potere. Logge segrete e criminalità organizzata. Come funziona l’università italiana” è il titolo dell’inchiesta eccellente condotta dai giornalisti Davide Carlucci e Antonio Castaldo e pubblicata da Chiarelettere Edizioni. Quest’ultima è una casa editrice coraggiosa, se consideriamo i titoli che ha pubblicato sul mercato: “Toghe rotte” di Tinti, “Mani sporche”, “Bavaglio” di Peter Gomez e Marco Travaglio, e altre interessanti denunce sociali.
Che l’università italiana fosse preda di caste politiche nonché massoniche è cosa risaputa a tutti. Soprattutto a coloro i quali hanno frequentato l’università e si sono accorti di come l’insegnamento fosse un privilegio assoluto riservato nella stragrande maggioranza dei casi ai parenti di presidi, rettori, etc. Il libro in questione ha il merito di rompere il muro di omertà che da sempre si erge sul sistema universitario italiano. Dopo Tangentopoli, vallettopoli, è il caso di universitopoli. Sempre più in aumento sono quei giovani laureati, in cerca di occupazione nel mondo della ricerca e che purtroppo vengono respinti nei concorsi pilotati dalle varie commissioni d’esame. Come si legge nel testo:” I docenti sanno benissimo di partecipare a una sorta di teatrino. Il nome da promuovere, quasi sempre, si conosce in anticipo. Ed è anzi per sistemare lui, il predestinato, che qualcuno ha brigato per trovare i fondi necessari e che altri hanno bandito la cattedra”. Personalmente anch’io ho sperimentato quanto detto da Carlucci e Castaldo, poiché ho assistito a colloqui di selezione per dei master di primo livello in cui nonostante quanto dichiarato nei relativi bandi, ad essere scelti erano sempre coloro i quali non possedevano né i titoli adeguati, né pubblicazioni, né un voto di laurea idoneo. Ed ho sperimentato anche che per aver chiesto spiegazioni al rettore dell’università di Catania, sono stato accusato di estorsione. Ad un certo punto ti trovi in una condizione nella quale se decidi di querelare il “magnifico” per calunnia e diffamazione, sai per certo che la tua carriera potrebbe non decollare mai nel tuo ateneo. Ma una cosa è certa; visto il nepotismo e la parentopoli dilagante il mio futuro di ricercatore è comunque pressoché segnato nella mia città. L’Università diventa una passerella politica, in cui a predominare sono gli interessi e non i saperi. Devo dire che questo libro ha un pregio notevole, ossia quello di affrontare l’agghiacciante situazione dell’università attraverso il racconto di fatti reali, testimonianze e le citazioni di molte sentenze. Non ci troviamo davanti all’ennesimo atto d’accusa contro un malcostume nostrano, ma dinanzi ad un libro che svela decenni di soprusi subiti nelle aule universitarie, in religioso silenzio. Leggendo con attenzione i vari capitoli del libro, si spiega il perché in Italia aumentino i casi di mala sanità. Forse perché molti medici non vengono selezionati in base alla loro reale bravura ma in virtù del cognome e dell’amicizia che lo lega ad una determinata “famiglia” baronale. Se poi ad operare un paziente ci va un pivellino senza esperienza, a rimetterci sarà il paziente e non lo pseudo chirurgo. “Un paese di baroni” deve essere il punto di partenza per avere il coraggio di denunciare abusi, soprusi e illazioni che si riscontrano nel sistema universitario. Pur comprendendo la difficoltà nell’intraprendere un' azione penale contro le alte cariche dell’università, non bisogna temere alcuna ritorsione, perché soltanto la verità ci renderà davvero liberi. Consiglio pertanto il libro a tutti coloro che si sono appassionati nella lettura di “La Casta” e “La Deriva” scritti dai giornalisti Stella e Rizzo; perché scopriranno, qualora ne fossero all’oscuro, dell’esistenza di una casta ancora più granitica e intoccabile; ovvero quella dei baroni universitari.
Che l’università italiana fosse preda di caste politiche nonché massoniche è cosa risaputa a tutti. Soprattutto a coloro i quali hanno frequentato l’università e si sono accorti di come l’insegnamento fosse un privilegio assoluto riservato nella stragrande maggioranza dei casi ai parenti di presidi, rettori, etc. Il libro in questione ha il merito di rompere il muro di omertà che da sempre si erge sul sistema universitario italiano. Dopo Tangentopoli, vallettopoli, è il caso di universitopoli. Sempre più in aumento sono quei giovani laureati, in cerca di occupazione nel mondo della ricerca e che purtroppo vengono respinti nei concorsi pilotati dalle varie commissioni d’esame. Come si legge nel testo:” I docenti sanno benissimo di partecipare a una sorta di teatrino. Il nome da promuovere, quasi sempre, si conosce in anticipo. Ed è anzi per sistemare lui, il predestinato, che qualcuno ha brigato per trovare i fondi necessari e che altri hanno bandito la cattedra”. Personalmente anch’io ho sperimentato quanto detto da Carlucci e Castaldo, poiché ho assistito a colloqui di selezione per dei master di primo livello in cui nonostante quanto dichiarato nei relativi bandi, ad essere scelti erano sempre coloro i quali non possedevano né i titoli adeguati, né pubblicazioni, né un voto di laurea idoneo. Ed ho sperimentato anche che per aver chiesto spiegazioni al rettore dell’università di Catania, sono stato accusato di estorsione. Ad un certo punto ti trovi in una condizione nella quale se decidi di querelare il “magnifico” per calunnia e diffamazione, sai per certo che la tua carriera potrebbe non decollare mai nel tuo ateneo. Ma una cosa è certa; visto il nepotismo e la parentopoli dilagante il mio futuro di ricercatore è comunque pressoché segnato nella mia città. L’Università diventa una passerella politica, in cui a predominare sono gli interessi e non i saperi. Devo dire che questo libro ha un pregio notevole, ossia quello di affrontare l’agghiacciante situazione dell’università attraverso il racconto di fatti reali, testimonianze e le citazioni di molte sentenze. Non ci troviamo davanti all’ennesimo atto d’accusa contro un malcostume nostrano, ma dinanzi ad un libro che svela decenni di soprusi subiti nelle aule universitarie, in religioso silenzio. Leggendo con attenzione i vari capitoli del libro, si spiega il perché in Italia aumentino i casi di mala sanità. Forse perché molti medici non vengono selezionati in base alla loro reale bravura ma in virtù del cognome e dell’amicizia che lo lega ad una determinata “famiglia” baronale. Se poi ad operare un paziente ci va un pivellino senza esperienza, a rimetterci sarà il paziente e non lo pseudo chirurgo. “Un paese di baroni” deve essere il punto di partenza per avere il coraggio di denunciare abusi, soprusi e illazioni che si riscontrano nel sistema universitario. Pur comprendendo la difficoltà nell’intraprendere un' azione penale contro le alte cariche dell’università, non bisogna temere alcuna ritorsione, perché soltanto la verità ci renderà davvero liberi. Consiglio pertanto il libro a tutti coloro che si sono appassionati nella lettura di “La Casta” e “La Deriva” scritti dai giornalisti Stella e Rizzo; perché scopriranno, qualora ne fossero all’oscuro, dell’esistenza di una casta ancora più granitica e intoccabile; ovvero quella dei baroni universitari.
Dott. Cristian Porcino