”Etica e infinito” di Emmanuel Lévinas pubblicato da Città Aperta Edizioni raccoglie una testimonianza unica e rara che il filosofo lituano, ma francese d’adozione, ha concesso al pensatore cattolico Philippe Nemo nel febbraio-marzo 1981.
Il libro per altro è preceduto da un ottimo saggio scritto per l’occasione da Franco Riva e che mira a chiarire al lettore l’importanza della filosofia di Lévinas nella cultura contemporanea. Lévinas (1906-1995) proprio durante la seconda guerra mondiale fu fatto prigioniero dai nazisti e quindi tenuto lontano dall’espletamento del proprio culto ebraico. Etica e infinito tocca temi importanti quali appunto il rapporto di Lévinas con la religione e di conseguenza con la Bibbia ebraica, la nascita della sua passione per lo studio filosofico, l’incontro con pensatori come Heidegger, Husserl e Bergson, la significazione del Volto del “prossimo”, fino ad arrivare ad enucleare i punti cardine del proprio pensiero, che vedeva come parte centrale del suo argomentare, l’etica come filosofia prima. Emmanuel Lévinas ci parla dello spodestamento del nostro io così strutturato da sembrare quasi un monarca, del desiderio di responsabilità che ogni uomo ha del proprio simile e dell’aprirsi all’altro distraendosi dalle proprie passioni ed egoismi. Da questa intervista ne viene fuori un bellissimo dialogo che tende a riequilibrare i torti creati nel tempo a causa di certi luoghi comuni dell’essere. Lévinas descrive anche il concetto di paternità: “La paternità è una relazione con un estraneo che, pur essendo altri, è me; la relazione dell’io con un me stesso che tuttavia è estraneo a me. Il figlio infatti non è semplicemente la mia opera, come una poesia o un oggetto fabbricato, e non è neppure una mia proprietà. Né le categorie del potere né quelle dell’avere possono designare la relazione con il figlio”. In definitiva un libro da avere assolutamente anche perché restituisce dignità all’essenza dell’uomo; essenza che proprio al giorno d’oggi sembra essere vilipesa e snaturata da un materialismo imperante.
Il libro per altro è preceduto da un ottimo saggio scritto per l’occasione da Franco Riva e che mira a chiarire al lettore l’importanza della filosofia di Lévinas nella cultura contemporanea. Lévinas (1906-1995) proprio durante la seconda guerra mondiale fu fatto prigioniero dai nazisti e quindi tenuto lontano dall’espletamento del proprio culto ebraico. Etica e infinito tocca temi importanti quali appunto il rapporto di Lévinas con la religione e di conseguenza con la Bibbia ebraica, la nascita della sua passione per lo studio filosofico, l’incontro con pensatori come Heidegger, Husserl e Bergson, la significazione del Volto del “prossimo”, fino ad arrivare ad enucleare i punti cardine del proprio pensiero, che vedeva come parte centrale del suo argomentare, l’etica come filosofia prima. Emmanuel Lévinas ci parla dello spodestamento del nostro io così strutturato da sembrare quasi un monarca, del desiderio di responsabilità che ogni uomo ha del proprio simile e dell’aprirsi all’altro distraendosi dalle proprie passioni ed egoismi. Da questa intervista ne viene fuori un bellissimo dialogo che tende a riequilibrare i torti creati nel tempo a causa di certi luoghi comuni dell’essere. Lévinas descrive anche il concetto di paternità: “La paternità è una relazione con un estraneo che, pur essendo altri, è me; la relazione dell’io con un me stesso che tuttavia è estraneo a me. Il figlio infatti non è semplicemente la mia opera, come una poesia o un oggetto fabbricato, e non è neppure una mia proprietà. Né le categorie del potere né quelle dell’avere possono designare la relazione con il figlio”. In definitiva un libro da avere assolutamente anche perché restituisce dignità all’essenza dell’uomo; essenza che proprio al giorno d’oggi sembra essere vilipesa e snaturata da un materialismo imperante.
Dott. Cristian Porcino