venerdì 24 febbraio 2017

“Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)” di Thérèse Hargot


(“Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)” di Thérèse Hargot, Sonzogno, pp. 170, € 16,50).

Il controverso libro di Thérèse Hargot, sessuologa belga laureata in filosofia, è un ottimo manuale per cattolici ultraconservatori. Nelle pagine del libro troviamo i numerosi divieti promossi dalla Chiesa come: aborto, contraccezione, rapporti sessuali prematrimoniali, omosessualità, ecc. L’autrice pur dichiarandosi laica affronta il tema della sessualità con la stessa freddezza tipica dei preti. Da filosofo mi trovo in forte conflitto con determinate riflessioni contenute nel libro. L’autrice si scaglia contro Cartesio, le femministe, Simone De Beauvoir, e anche contro un libro insulso come Cinquanta sfumature di grigio!
Detto ciò anch’io sono preoccupato per una gioventù colonizzata dalla pornografia internettiana, e ossessionata dalle etichette in campo sessuale. Auspico, in tal senso, una regolamentazione per vietare agli adolescenti la fruizione di materiale porno.
In definitiva un libro che divide, ma al contempo ci spinge a porci una domanda importante: che ne abbiamo fatto della liberazione sessuale degli anni’60? Ai lettori la risposta.

Cristian Porcino


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martedì 21 febbraio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente /4


Lo ammetto, detesto il periodo di carnevale e non ne capisco il senso. Non mi riferisco certamente ai motivi storici, bensì alla ragione di fondo che spinge i contemporanei a festeggiarlo. I bambini e le bambine hanno tutte le ragioni di questo mondo per giocare ad indossare i panni dei propri eroi ed eroine, ma qual è invece la causa nascosta che muove gli adulti a camuffarsi?
Forse un'infantilità latente o un profondo senso di inadeguatezza? L'etimologia della parola persona deriva dal latino, e significa proprio maschera. La stessa maschera indossata dall'attore per impersonare un ruolo. Nella vita di tutti giorni ci mettiamo addosso i panni di personaggi che non ci rassomigliano. Utilizziamo i social network per rappresentarci nel modo in cui vorremmo essere. Costruiamo, quindi, la nostra immagine sull'opinione degli altri, e non su quello che sentiamo o avvertiamo di essere veramente. Seguiamo la massa amorfa senza porci alcuna domanda. Vedere tutti questi adulti mascherati girare per le vie della città mi inquieta e non poco. Non sono minimamente sfiorati dal senso del ridicolo. Ovviamente si rasenta il grottesco quando vogliamo sollazzarci a tutti i costi come giovani adolescenti, e non accettare mai di responsabilizzarci; per quello, forse, c'è tempo. Ad esempio come razionalizzare ed assimilare la fastidiosa presenza di quei martelletti di gomma dati in testa, o quei coriandoli che ti entrano in bocca, oppure quelle insulse trombette suonate a più non posso? Di questa carnevalata salvo solo i carri allegorici con la loro proverbiale satira sui potenti che si rifà proprio alla ragione storica di questa ricorrenza. Ironia della sorte il mercoledì successivo al martedì grasso la Chiesa ci ricorda che siamo polvere, e polvere ritorneremo. In altre parole: 'Cari mortali, divertitevi pure tanto vi attende la tomba"!
Ma perché pensiamo all'allegria e al divertimento come a un sinonimo di cialtroneria e di ritorno all'infanzia? Occorre, in tal senso, operare un ripensamento sul significato del riso. Io propongo un'alternativa: carnevale per noi umani dura tutto l'anno, dunque perché non provare, per un solo periodo, a buttare giù la maschera, e mostrare le nostre vere (varie) meschinità al mondo? Ci pavoneggiamo tanto su Facebook o Twitter del nostro grande altruismo (finto), ma in verità siamo meschini, misogini, razzisti, maschilisti, ignoranti, omofobi, pettegoli, saccenti, cattivi, egoisti ed opportunisti, sempre pronti a sparare a zero sulla vita dei nostri simili. Abili a lisciare il pelo a chi può assicurarci qualcosa, e altrettanto veloci nell'infangare chi, secondo il nostro metro di giudizio, ci ha usati per i suoi turpi scopi. Embè, non abbiamo fatto forse lo stesso anche noi? Impegniamoci, dunque, per essere più che apparire, e sono sicuro che un solo singolo momento di verità sarà molto più entusiasmante di un'intera vita costellata d'inganni. A voi la scelta.

Cristian Porcino

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domenica 19 febbraio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente /3


Michele Valentini, 30enne, si è tolto la vita per lanciare un messaggio forte e chiaro ad una società, e a una classe politica sorda alle istanze dei più giovani. Non mi interessa sottolineare che suicidarsi non è il modo più giusto per portare all'attenzione il problema. Io non giudico i miei simili ma cerco di comprendere un atto tanto disperato ed estremo. Questo mondo ha bisogno di empatia e non di paladini del falso buonismo. Come sosteneva Friedrich Nietzsche: "Non esistono fenomeni morali, ma solo un'interpretazione morale dei fenomeni". Ho solo sei anni in più di Michele e devo ammettere che leggere la sua lettera mi ha profondamente emozionato e colpito. Anch'io sono molto amareggiato, deluso e arrabbiato con chi ci ha rubato il futuro e non ci permette di costruircene uno. Dopo la laurea non ho trovato una sistemazione tale da potermi spingere a sognare un futuro colmo di speranza. L'Italia non è un paese per giovani, e questo l'ho compreso durante la mia permanenza all'estero. Da noi chi ha meno di quarant'anni va incontro a mortificazioni di ogni tipo. Sulla mia pelle ho provato a sperimentare nuove strade e nuove idee che puntualmente mi venivano stroncate da una burocrazia che non accetta né il merito né il rinnovamento. Mi hanno proposto di scrivere articoli per diversi giornali, ma ovviamente a titolo gratuito. Mi hanno convocato per insegnare nelle scuole private, ma anche questo dovevo farlo senza percepire alcun compenso. Siamo circondati da vampiri che si nutrono dei momenti di difficoltà di una parte della popolazione. Ad un certo punto la speranza si è affievolita, e ho avvertito lo sconforto. Devo ringraziare soltanto la mia famiglia per avermi sostenuto in ogni momento, altrimenti anch'io non ce l'avrei mai fatta. Dopo quanto accaduto a Michele nessuno dovrà più testimoniare con la propria vita l'insoddisfazione di vivere in una nazione che non ti valorizza affatto. Quando accade una tragedia umana come quella di Michele siamo tutti responsabili dell'accaduto. Nessuno escluso. La nostra indifferenza ha contribuito ad aggravare la sua angoscia esistenziale. La sua morte non occupa più le prime pagine dei giornali. Gli esclusi da Sanremo e le solite beghe di partito sono gli argomenti del giorno. Nel frattempo chi legifera, non importa lo schieramento politico d'appartenenza, gioca a fare l'indiano e continua ad ignorare i numerosi segnali di fumo.
Pertanto desidero esprimere la mia vicinanza alla famiglia Valentini, e a tutti coloro che lottano quotidianamente per un futuro più roseo. Io lotto con voi e per noi! Riprendiamoci il futuro.
"Il sogno di uno solo è l'illusione, l'apparenza; il sogno di due è già la verità, la realtà" (Miguel de Unamuno).

Cristian Porcino

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venerdì 17 febbraio 2017

“Giovanni Boccaccio e le donne” di Monika Antes


(“Giovanni Boccaccio e le donne” di Monika Antes, Mauro Pagliai Editore, pp. 103, € 10,00).

Monika Antes esamina a fondo la genesi letteraria di Giovanni Boccaccio, e in particolar modo si sofferma sulla descrizione della figura femminile in: L’elegia di Madonna Fiammetta, Il Decamerone e il Corbaccio. Dalla lettura del presente testo emerge un sostanziale cambio di rotta operato dallo scrittore fiorentino in merito alla rappresentazione della donna. Se il Decamerone è scritto per le donne che amano e “tengono l’amorose fiamme nascose”, nel Corbaccio, invece, si notano venature misogine. Attraverso lo studio di Monika Antes si evince che la conversione spirituale di Boccaccio ebbe forse un ruolo decisivo. “Nel Corbaccio Boccaccio fa un ritratto feroce delle cattive abitudini e dei vizi amorosi che si celano dietro il bello e seducente aspetto delle donne, spingendo infine il protagonista a scrivere un’invettiva contro l’ipocrita e ignobile vedova”.
In definitiva un libro da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


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giovedì 16 febbraio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente /2


Il 17 febbraio del 1600 moriva assassinato il filosofo Giordano Bruno. Bruno, giovane intellettuale meridionale, ebbe il coraggio di affermare la dignità del proprio pensiero fino alla fine dei suoi giorni. Il suo intelletto non era asservito ad alcuna logica di potere, ma solamente ispirato da un principio di Verità insito nella natura delle cose del mondo. Giordano Bruno non cedette all’offerta di aver salva la vita in cambio dell’abiura, bensì andò incontro alla propria morte che avvenne a Roma in Campo de' fiori su ordine del Sant’Uffizio. In questa piazza venne allestito un rogo dove fu bruciato vivo il filosofo 'eretico'. A Bruno fu messa una maschera per non permettergli di parlare durante il martirio. La sua agonia fu atroce perché il suo corpo fu dilaniato dalle fiamme, e le sue grida non poterono uscire perché aveva 'la lingua in giova', una sorta di museruola che impediva alla sua bocca 'blasfema' di emettere suono. Non possiamo certamente dimenticare che nel 1923 papa Pio XI proclamò santo e dottore della chiesa il cardinale Bellarmino. Roberto Bellarmino è lo stesso individuo che si adoperò in favore della condanna a morte del pensatore di Nola. Come premio per aver "con la sua spada sottomesso gli spiriti superbi" fu innalzato alla gloria degli altari! Dunque dopo il danno, la beffa!
Giulio Giorello, filosofo contemporaneo, chiede a Papa Francesco di attuare un ripensamento critico proprio sulla figura di Bruno. Ben prima di lui anche il compianto cardinale Carlo Maria Martini chiedeva a Giovanni Paolo II di incamminarsi verso: «uno di quei ripensamenti critici che la Chiesa intende fare per la fine di questo millennio». Era il 1988 e nulla in tal senso avvenne. Si riabilitò Galileo Galilei ma non Bruno. Ovviamente questo ripensamento non deve suonare come perdono perché Bruno, in verità, non ha nulla da farsi perdonare, se mai il contrario. Pertanto mi associo al desiderio di Giorello, ma credo che qualsiasi atto ufficiale della Chiesa contemporanea non potrà mai chiudere un capitolo storico così tanto orrendo e disgustoso del cattolicesimo romano.

Cristian Porcino

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giovedì 2 febbraio 2017

Un libro per combattere l’omofobia e la violenza sulle donne


"Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne" di Cristian A. Porcino Ferrara è un saggio ben strutturato e, come sempre, scritto bene. Inoltre c'è l'elemento della novità: nessuno ha trattato due temi così delicati e importanti attraverso l'analisi dei testi di celebri canzoni. Porcino Ferrara, filosofo e scrittore indipendente, ha creduto fortemente nell’uscita del libro nonostante i diversi apprezzamenti ricevuti da editori non disposti, però, ad investire economicamente su di un libro che si occupa dei cosiddetti “perduti della storia” (definizione racchiusa nella prefazione di D. Tuscano). Una scelta vittoriosa, quella del nostro autore, se pensiamo che il libro ha ottenuto anche il plauso della senatrice Monica Cirinnà. L’autore ricostruisce le vicende storiche che si celano dietro la tardiva emancipazione dell’universo femminile a causa di una società maschilista e aggressiva, spalleggiata, quasi sempre, dai rappresentanti religiosi (anch’essi, ahimè, maschi!). Inoltre si affronta con competenza la radice dell’intolleranza omofobica e le relative aggressioni a chi ha un orientamento sentimentale diverso dal proprio. A conclusione del libro si trova un progetto educativo per sensibilizzare gli studenti delle scuole sulle diverse forme di affettività. Cristian insiste nel sostenere che la violenza e l’intolleranza sono manifestazioni proprie dell’ignoranza, e di conseguenza vanno combattute con la conoscenza. Un testo che, a parer mio, deve essere letto proprio per contrastare comportamenti e situazioni ancora così frequenti nella nostra società. È notizia di questi giorni di una nuova aggressione omofoba a Milano, e della legge votata in Russia che depenalizza la violenza domestica su donne e bambini. In tal senso il viaggio dentro la storia operato da Porcino Ferrara si fa ancor più illuminante per noi lettori. Dunque auspicando una rapida diffusione del volume vi esorto alla lettura di un libro così tanto sentito e ispirato.

(Federica Giuliani)

Su “Compagni di strada” 29/01/2017

Il libro può essere ordinato nelle librerie Mondadori e Giunti oppure si può acquistare su Amazon.

mercoledì 1 febbraio 2017

“I migliori oggetti della nostra vita” di Marta Boneschi


(“I migliori oggetti della nostra vita” di Marta Boneschi, Il Mulino, pp.359, € 35,00).

Un libro di storia contemporanea ideato e scritto con intelligenza ed eleganza. Marta Boneschi illustra la storia del Ventesimo secolo attraverso le strutture e gli oggetti che hanno cambiato la nostra vita come i supermercati, le medicine, gli elettrodomestici, la televisione e tanto altro. Scrive l’autrice nel libro: “Quel che è curioso, e qualche volta lascia sbalorditi, è che i «migliori oggetti della nostra vita» non hanno modificato soltanto le abitudini materiali, ma il modo di pensare e di agire di chi li ha via via adottati”. In definitiva un testo ricco di illustrazioni commentate che agevolano la comprensione del lettore più giovane. Un libro da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


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