giovedì 16 febbraio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente /2


Il 17 febbraio del 1600 moriva assassinato il filosofo Giordano Bruno. Bruno, giovane intellettuale meridionale, ebbe il coraggio di affermare la dignità del proprio pensiero fino alla fine dei suoi giorni. Il suo intelletto non era asservito ad alcuna logica di potere, ma solamente ispirato da un principio di Verità insito nella natura delle cose del mondo. Giordano Bruno non cedette all’offerta di aver salva la vita in cambio dell’abiura, bensì andò incontro alla propria morte che avvenne a Roma in Campo de' fiori su ordine del Sant’Uffizio. In questa piazza venne allestito un rogo dove fu bruciato vivo il filosofo 'eretico'. A Bruno fu messa una maschera per non permettergli di parlare durante il martirio. La sua agonia fu atroce perché il suo corpo fu dilaniato dalle fiamme, e le sue grida non poterono uscire perché aveva 'la lingua in giova', una sorta di museruola che impediva alla sua bocca 'blasfema' di emettere suono. Non possiamo certamente dimenticare che nel 1923 papa Pio XI proclamò santo e dottore della chiesa il cardinale Bellarmino. Roberto Bellarmino è lo stesso individuo che si adoperò in favore della condanna a morte del pensatore di Nola. Come premio per aver "con la sua spada sottomesso gli spiriti superbi" fu innalzato alla gloria degli altari! Dunque dopo il danno, la beffa!
Giulio Giorello, filosofo contemporaneo, chiede a Papa Francesco di attuare un ripensamento critico proprio sulla figura di Bruno. Ben prima di lui anche il compianto cardinale Carlo Maria Martini chiedeva a Giovanni Paolo II di incamminarsi verso: «uno di quei ripensamenti critici che la Chiesa intende fare per la fine di questo millennio». Era il 1988 e nulla in tal senso avvenne. Si riabilitò Galileo Galilei ma non Bruno. Ovviamente questo ripensamento non deve suonare come perdono perché Bruno, in verità, non ha nulla da farsi perdonare, se mai il contrario. Pertanto mi associo al desiderio di Giorello, ma credo che qualsiasi atto ufficiale della Chiesa contemporanea non potrà mai chiudere un capitolo storico così tanto orrendo e disgustoso del cattolicesimo romano.

Cristian Porcino

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