giovedì 25 maggio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Si è concluso da poco il salone internazionale del libro di Torino, e nelle bacheche virtuali di molti facebookiari impazzano le foto con i loro autori preferiti. Sinceramente non ho mai compreso questa smania di vedere dal vivo l'autore che più si ammira. Non ho mai ambito a stringergli la mano, farmi un selfie e magari portarmi a casa un autografo personalizzato sulla copia del libro appena sfornato e acquistato. Per quanto mi riguarda incontro quotidianamente i miei scrittori preferiti e lo faccio tramite le pagine dei loro libri. Trascorro del tempo con Amélie Nothomb, Savater, Shakespeare, Mary Shelley, Dostoevskij, Flaubert, Verga, Pirandello, Salinger, Poe, Calvino, Eco, Platone etc., e non mi stanco mai, anzi! La lettura azzera la cronologia. Ogni appuntamento è una delizia per gli occhi e per la mente. Gli incontri non deludono mai le mie aspettative e, cosa più importante, io non deludo le loro. Uno scrittore vive tra le pagine dei suoi libri e non nei firma copie che è costretto a fare per meri accordi editoriali. Ho avuto molti incontri con i miei autori preferiti dettati dal semplice fato. Mi spiego meglio. Anni fa, mentre passeggiavo per le strade di New York, incontrai Stephen King accanto al Gotham cafè, proprio come l'omonimo locale narrato dal re del brivido in Tutto è fatidico. Lui mi guardò e mi sorrise con il suo modo così enigmatico da folletto, e quegli occhietti piccoli che si celavano dietro il vetro degli occhiali. Quel sorriso fu la testimonianza di un incontro tra spiriti affini che si percepiscono senza stupidi convenevoli. Ho intrattenuto un rapporto epistolare molto bello con Luciano De Crescenzo. Sempre a New York ho assistito alla presentazione del libro di Khaled Hosseini e pur avendo acquistato la copia del suo libro rinunciai a farmelo firmare. Ho avuto il piacere di conoscere un anno prima della sua morte, e forse nella sua ultima apparizione pubblica, il filosofo Manlio Sgalambro. Quella volta anch'io restai all'incontro post presentazione per farmi firmare la copia. Non fu però premeditato bensì un'idea di un amico comune, nonché suo editore, che volle presentarci. Luciano De Crescenzo sostiene che per uno scrittore è molto meglio non incontrare i suoi fan, poiché i lettori potrebbero rimanere delusi dall'incontro con il loro beniamino letterario. Io concordo con Luciano. I miti sono come figure sacre, e ci si imbatte in loro soltanto nei lunghi corridoi dell'immaginario. Ma quale domanda potrei mai fare a Whitman o a Wilde? Cosa chiedere a Maupassant o Rimbaud? La mia ammirazione nei loro confronti è talmente smisurata che ringrazio il cielo di non doverli incontrare per non dovermi, a mia volta, ricredere del loro genio. Spesso mi chiedono di presentare i miei libri, e in passato l'ho fatto ma adesso non più. Chi desidera conoscermi può farlo leggendo i miei testi. La mia opera è in vendita ma la mia vita e il mio privato no. Solo ciò che decido di raccontare diventa pubblico. Conoscermi non aggiunge nulla alla magia che ti regala la lettura di un libro. Un libro pessimo non si tramuta in bello solo perché l'autore è carino e magari anche simpatico con noi, e viceversa. Come diceva Marcel Proust: "Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che è offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso". Sia ben inteso che non mi paragono minimamente a quei grandi nomi citati prima, non potrei. Dico solo che ho pubblicato anch'io qualche libro ed ho presentato diverse volte i miei volumi in giro per l'Italia, e nonostante i tanti attestati di stima ricevuti continuo a pensare che la mia presenza non ha aggiunto nulla al mio testo. La presentazione del libro celebra solo l'ego dello scrittore e non la sua opera. L'opera di uno scrittore ci dice tutto quello che c'è da sapere, e quello che non ci dice possiamo immaginarcelo da soli. Bisogna valorizzare molto di più l'assenza di uno scrittore e lasciar parlare, invece, la sua essenza racchiusa nell'opera.
"Rivelare l'arte e nascondere l'artista è il fine dell'arte" (Oscar Wilde).


Cristian Porcino

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martedì 23 maggio 2017

Cinquant'anni di Zerofollia


Cinquant'anni di carriera, un doppio album, una tournée e la lettura di un libro che è stato definito dalla stampa come la Bibbia dei sorcini. Il modo migliore per celebrare uno degli artisti più importanti nel nostro cantautorato! Il libro "Chiedi di lui 2.0 Ancora un viaggio nell'universo musicale di Renato Zero" è in vendita su Amazon.

lunedì 22 maggio 2017

"I bambini e la filosofia" di Nicola Zippel


("I bambini e la filosofia" di Nicola Zippel, Carocci, pp. 142, € 12,00).

"La filosofia non è un “sapere”, ma un “atteggiamento”. L’atteggiamento di chi non smette di fare domande e di porre in questione tutte le risposte che sembrano definitive" Umberto Galimberti. In effetti nella nostra contemporaneità manca proprio un atteggiamento critico in grado di spingerci a sviluppare un pensiero sganciato da influenze esterne. Certamente questo vuoto non può essere colmato al liceo o altrove. È bene specificare che nei licei e nelle università non si insegna filosofia, ma storia della filosofia. Fare filosofia è ben altra cosa e lo sapeva bene Matthew Lipman che ideò la Philosophy for Children (P4C). Il saggio di Zippel pone l'accento sull'importanza di fare filosofia con e per i bambini. L'autore ha dedicato un progetto educativo che porta avanti da anni nelle scuole elementari romane: "L'alba della meraviglia". Il metodo ideato da Lipman si occupa proprio di: "insegnare ai bambini a ragionare, argomentare, discutere secondo i principi fondamentali della logica". Zippel nel suo testo adotta diversi approcci, e pur tenendo conto della P4C ha ideato un percorso più completo da sottoporre alla curiosità dei più giovani. In definitiva un testo che scardina i vecchi pregiudizi secondo cui la filosofia non può essere spiegata ai bambini. La curiosità dei più piccoli è invece una delle caratteristiche principali per guadare al mondo con stupore metafisico.
Un testo assolutamente consigliato.

Cristian Porcino


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giovedì 18 maggio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


La voce della coscienza esiste davvero oppure è soltanto un residuo mitologico? Forse la coscienza individuale è una metafora filosofica come Atlantide, il continente sommerso narrato da Platone, o invece un'altra utopia come quel detto evangelico che recita "la Verità vi renderà liberi". Ogni qual volta osservo il mondo mi chiedo: ma dove sta la nostra coscienza quando commettiamo azioni imperdonabili?
Il 23 maggio di venticinque anni fa veniva brutalmente assassinato il magistrato Giovanni Falcone. In quel vile attentato persero la vita tre uomini della sua scorta e anche Francesca Morvillo, moglie di Falcone. All'epoca dei fatti avevo 12 anni e la cosa mi colpì molto. Mi colpì perché ero siciliano come Giovanni e poi perché mio padre lo ammirava tanto e lo seguiva sempre quando appariva in TV. Quell'anno per il mio compleanno chiesi in regalo l'album di Luca Carboni che si intitolava Carboni. Nelle radio italiane impazzava il singolo Ci vuole un fisico bestiale, e come tutti gli adolescenti dell'epoca ero totalmente preso da questo tormentone. Ma all'interno del disco un'altra canzone aveva catturato subito la mia attenzione, Alzando gli occhi al cielo. Il testo dice: "Come fanno i capi della mafia a non pentirsi / come fanno certi potenti a non convertirsi / loro lo sanno quanto male fanno / loro lo sanno quanto è solo un uomo / e sanno bene quanta paura c'è dentro ad ogni cuore / e sanno bene come ci si arrende / come si arrende e come ci si stanca di sognare di cambiare il mondo / ma se per caso alzan gli occhi al cielo con un cielo come questo /come fanno a non cagarsi sotto a non sentire freddo".
L'album del cantautore bolognese uscì ben quattro mesi prima della morte di Falcone. La sua canzone aveva ampiamente anticipato un dramma devastante per l'intera nazione. Forse anche per questo le parole cantate da Carboni mi rimasero così impresse nella memoria. Come si può togliere la vita a un nostro simile e poi ritornare alla propria esistenza senza ripensamenti o rimorsi di coscienza? Quanto vale la vita di un essere umano se si può vivere con un peso così grande? E questi assassini sono mai tormentati dal rimorso, dalle immagini e dalle vite spente con così tanta facilità, oppure si sono assuefatti a tutto, anche all'odore e al colore del sangue umano?
Edgar Allan Poe scriveva: "A volte, ahimè, la coscienza degli uomini si carica di un fardello tanto orribile che riusciamo a liberarcene solo nella tomba. Così l’essenza del crimine rimane avvolta nel mistero."
Mi preme sottolineare che quando discutiamo di Giovanni Falcone non possiamo non parlare di Paolo Borsellino. I loro nomi non si dovrebbero scrivere separati ma attaccati. Infatti ritengo appropriata la scelta del conduttore Fabio Fazio di chiamare "FalconeeBorsellino" il programma TV che andrà in onda su Raiuno per ricordare le stragi di Capaci e via D'Amelio. Insieme i due magistrati hanno combattuto per sconfiggere la mafia, e a venticinque anni dalla loro morte non possiamo celebrarli separatamente. Erano amici, colleghi ma soprattutto due uomini perbene. Questi due eroi civili, questi martiri della libertà non meritano un fugace e solenne ricordo annuale bensì un costante quanto reale riconoscimento quotidiano. I più piccoli invece di ammirare i supereroi dei fumetti dovrebbero appassionarsi alla vita di Giovanni e di Paolo, ai loro ideali e ai loro sacrifici. Le grandi azioni non sono mai prive di sofferenza e rinunce personali. Solo così riusciranno a capire che per compiere un vero atto eroico non occorre volare o possedere poteri straordinari, ma credere fermamente nel coraggio racchiuso nelle persone cosiddette normali. Umani che non sono figli di un Dio come Thor o frutto di un esperimento andato a male come Hulk, ma individui che hanno deciso di lottare per sconfiggere il male. Può sembrare un'ovvietà, e forse lo è, ma i più giovani devono imparare che nella normalità di un essere umano è racchiusa la straordinaria possibilità di cambiare veramente il mondo. Il mondo non ha bisogno di supereroi ma di persone oneste.
L'esempio di Giovanni e di Paolo non è stato vano. Loro mi hanno ispirato come un faro nella notte. Ricordo che dopo la morte di Falcone mi fu regalato il suo libro Cose di cosa nostra scritto con Marcelle Padovani e pubblicato nel 1991. Leggendolo mi colpì molto questa frase: "Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno.
Caro Giovanni, Caro Paolo, con il vostro sangue innocente avete riscattato la dignità di una terra e di un popolo. Il mio popolo, il vostro popolo. Dirvi oggi grazie è ben poca cosa, ma ogni qual volta mi arrabbio con una terra matrigna come la Sicilia ripenso subito a Voi e torno a riappacificarmi con le mie origini. Perché nonostante tutto l'amore e odio che proviamo verso di lei "questa terra come la Ionia di Eraclito e Anassagora è magica, e richiama sempre coloro che gli appartengono, come se esercitasse un diritto. La legge dell'appartenenza" (Manlio Sgalambro).


Cristian Porcino

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martedì 16 maggio 2017

17 maggio giornata internazionale contro l'omofobia


Il 17 maggio è la giornata internazionale contro l'omofobia, transfobia e bifobia. Quest'anno è ancora più importante sensibilizzare le persone sull'argomento per via di quello che accade in Cecenia e in altre parti del mondo. È davvero inimmaginabile pensare che nel 2017 esiste ancora chi discrimina e perseguita un suo simile per il proprio orientamento sentimentale. Porcino Ferrara è profondamente convinto che la musica può veicolare messaggi sociali e contribuire all'emancipazione e alfabetizzazione emotiva delle persone. A quest'argomento ha dedicato un libro e ci permettiamo di segnalarvelo. A quasi un anno dalla sua uscita Il libro ha ricevuto ottime recensioni e anche il plauso della senatrice Monica Cirinnà. "Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne" è in vendita su Amazon.

sabato 13 maggio 2017

Leggere fa bene alla salute

La cultura illumina l'intelletto e annienta i pregiudizi e sradica la violenza. Maggio è il mese dei libri e per celebrare la cultura dobbiamo aiutare gli autori indipendenti a diffondere le loro idee. Per questo motivo Vi consiglio la lettura del libro "Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne".

giovedì 11 maggio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Qualcuno mi ha chiesto via mail di scrivere una riflessione sull'infelicità. Caro lettore, cara lettrice eccoti una mia breve considerazione sull'argomento.
Ognuno di noi viene al mondo senza il proprio consenso. Nasciamo e poi ci emancipiamo grazie agli insegnamenti ricevuti e alle nozioni apprese. Nessuno però ci dice che tutti noi abbiamo un progetto di vita da seguire. James Hillman, grande psicologo e filosofo, lo sapeva bene. Aveva letto Platone e ne aveva condiviso la concezione dell'anima e il valore del mito. La nostra infelicità scaturisce dal non seguire i nostri progetti. Rinunciando al compiersi del nostro destino mettiamo a repentaglio la nostra felicità. Il daimon interiore, lo spirito guida che ci accompagna durante la nostra esistenza, può solo suggerire ed inviarci dei segnali. Spetta però a noi prendere le decisioni finali e realizzarle. Ovviamente tutte le volte che rinunciamo a qualcosa per non scontentare le aspettative degli altri diventiamo la causa principale della nostra infelicità. Parafrasando Kurt Vonnegut noi veniamo al mondo con una Virtù originale, altro che peccato! Questa virtù è già in noi e dobbiamo solo prendercene cura, proprio come una ghianda in attesa del suo naturale sviluppo. Troppe sovrastrutture imposte dalla società, e i desideri che gli altri proiettano su di noi alimentano la nostra frustrazione. Crescendo bisogna capire ciò che si vuole e scindere i nostri desideri dalle aspettative dei nostri genitori. Una canzone scritta dal filosofo Manlio Sgalambro e Franco Battiato per Fiorella Mannoia dice: "Imparo dalle rose /Il movimento del dare/ Dagli insetti come difendersi e percepire / Dagli uccelli come si possa estrarre succo dalle foglie / Così parlo a te/ Che non so chi sei". I fiori esistono in modo spontaneo e in sinergia con il creato. Noi ci siamo barricati in strutture tanto fisiche quanto mentali che ci isolano dal Tutto che ci sta attorno. Siamo al contempo parte della natura eppure ci impegniamo a non frequentarla e a rifuggirla. Il filosofo americano Henry David Thoreau scappò dalla cosiddetta civiltà per vivere a contatto diretto con la natura. Immerso nei boschi si dedicava alla riflessione e alla scrittura. Grazie a questa esperienza nel 1854 pubblicò Walden, ovvero la vita nei boschi. Il senso della sua opera era proprio quello di invitare il lettore a ritrovare le proprie radici in quanto essere naturale.
Ricordo ad esempio di aver dormito disteso sul prato di Central Park (NY) e di essermi sentito, al mio risveglio, quasi rigenerato. Paradossalmente tutte le mie negatività e infelicità erano state assorbite dalla terra per restituirmi una sensazione di tranquillità e benessere. Anche gli insetti hanno molto da insegnarci con il loro modo di vivere e di agire. Abbiamo anestetizzato la nostra sana animalità per abbracciare ideali e credi che ci hanno reso più disumani e più insensibili. La canzone continua dicendo:
"L'allegria ci passa accanto / Tra assordanti rumori /Abbiamo perso tempo e lacrime
E nella vita a sorridere e sopportare / Nelle chiese a non pregare / Nelle scuole a non comprendere / E ad ascoltare altre visioni del mondo
".
Sordi ai richiami del mondo naturale non siamo in grado di capire quando la felicità transita vicino alle nostre vite. Ci disperiamo per inezie e ci disinteressiamo dei problemi che riguardano l'umanità. Il mondo ci parla costantemente ma dobbiamo essere in grado di ascoltarlo. Non è nelle preghiere imparate a memoria che troveremo pace, né tanto meno ci salveremo ricordando alcune nozioni apprese sui banchi di scuola. Dobbiamo accostarci umilmente alle varie visioni di questo mondo e scorgere il nostro progetto di vita. Dentro questo caos dobbiamo percepire la nostra essenza di luce, la nostra unicità. Ovviamente non sarà facile, ma nulla in questa vita può dirsi semplice. Hillman è stato il padre della psicologia archetipica e definiva se stesso come 'figlio dell'anima'. L'anima ci parla continuamente e si serve di immagini da decriptare. Pertanto quando ci sentiamo vuoti e senza significato ricordiamo che il nostro daimon ci invita costantemente a riappropriarci del contenuto originario. Forse la soluzione è a portata di mano.
"Non essere consapevoli vuol dire non esistere" (Marshall McLuhan).

Cristian Porcino

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mercoledì 10 maggio 2017

"Riccardin dal ciuffo" di Amélie Nothomb


("Riccardin dal ciuffo" di Amélie Nothomb, Voland, pp. 119, € 15,00).

Premetto che adoro i libri di Amélie Nothomb e la considero una delle scrittrici più valide nel panorama letterario internazionale, ma Riccardin dal ciuffo non mi ha convinto del tutto. Nothomb ha riscritto in chiave contemporanea la fiaba omonima di Perrault pubblicata nel 1697. Nella prima parte del testo si avverte un ritmo incalzante che viene inspiegabilmente attenuato nella seconda parte dove si nota, ahimè, una certa stanchezza narrativa. In verità il libro si legge con gran trasporto emotivo e la mia ammirazione per l'autrice mi spinge, forse, ad essere fin troppo critico nei confronti della sua ultima fatica letteraria. Il volume si rivolge al mondo adolescenziale e alla crudeltà presente nei giudizi dei più giovani. Il pregiudizio, l'ossessione per i canoni estetici, il bullismo e le relazioni sentimentali sono parte integrante di questa fiaba nothombiana. L'esempio di Deodato e di Altea ci insegna che per ogni ipotetico "mostro" esiste, da qualche parte nel mondo, uno spasimante pronto ad attenderlo e accoglierlo.
Scrive Amélie Nothomb: "La sofferenza e l'ingiustizia sono sempre esistite. Con le migliori intenzioni, quelle di cui è lastricato l'Inferno, l'età moderna ha prodotto atroci pomate verbali che, al posto di curare, estendono la superficie del male e creano un'irritazione permanente sulla pelle dell'infortunato".
In definitiva un libro che invita a riflettere sull'essenza delle cose, e a rigettare la massificazione culturale composta da stereotipi e opinioni convenzionali.
Assolutamente consigliato.

Cristian Porcino


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venerdì 5 maggio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Dopo le scuse di J. K. Rowling per aver fatto morire Piton nella saga di Harry Potter il mondo della letteratura è in subbuglio. Don Abbondio scrive incazzato ad Alessandro Manzoni per averlo descritto come un vigliacco e un pusillanime. Cyrano de Bergerac cita in tribunale Edmond Rostand con la seguente motivazione: "Invece di farmi un naso enorme non potevi crearmi con un pene gigante? Lo sai il danno d'immagine che mi hai provocato?". Geppetto, invece, dichiara alla stampa: "Io creo da un ciocco di legno un burattino vivente e Collodi si prende i diritti d'autore? Ne parlerò presto da Barbara d'Urso in TV!". Mi avvisano che fioccano lamentele un po' da tutte le parti. Biancaneve è furibonda con Walt Disney per averla costretta a baciare un principe con l'alitosi, e con i fratelli Grimm per non averla resa libera dalla disgrazia di dover prendere marito. In verità tutte le principesse delle fiabe reclamano piena indipendenza dall'universo maschile. Frodo Baggins ha disertato l'ennesimo riconoscimento perché in lite con Tolkien. La sua risposta ad una giornalista della Terra di Buck è stata: "Ma ha idea di cosa vuol dire rischiare la propria pelle per un fottuto anello? Ma andate tutti a quel paese! E per tutti intendo elfi, nani, umani e l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra". Si prevedono querele a gogò da parte dei protagonisti di tutte le storie del mondo. Questa società va proprio a rotoli. Chi lo avrebbe mai detto che i personaggi dei capolavori letterari si sarebbero ribellati contro i loro creatori? In tal senso volevo chiedere un'opinione su Melville a Bartleby lo scrivano ma, come al solito, mi ha risposto: "Preferirei di no!". In attesa di sapere come andrà finire rileggo con attenzione le bozze del mio prossimo romanzo per non incappare in una denuncia da parte dei miei figli formati da fogli.
E vissero tutti infelici e scontenti.


Cristian Porcino

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mercoledì 3 maggio 2017

"Finalmente ho capito la Filosofia" di Marina Visentin


("Finalmente ho capito la Filosofia" di Marina Visentin, Vallardi, pp. 370, € 12,90).

Spesso chi studia filosofia si lascia spaventare dai concetti e dalla terminologia utilizzata nei testi scolastici. Il libro di Marina Visentin pone rimedio a queste paure spiegando in modo sintetico e chiaro la vita e le opere dei filosofi più importanti, le relative correnti di pensiero e molto altro. Un volume che ha il pregio di inquadrare rapidamente il periodo storico in cui vissero i filosofi e fornire al discente un'ampia visione d'insieme. Come sosteneva Hegel: "La storia della filosofia mostra che le filosofie, che sembrano diverse, sono una medesima filosofia in diversi gradi di svolgimento […]. La filosofia, che è ultima nel tempo, è il risultato di tutte le precedenti".
In definitiva un manuale assolutamente consigliato ad ogni studente che desidera percorrere il cammino della filosofia senza timori e incertezze.
Da tenere sempre a portata di mano.

Cristian Porcino


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martedì 2 maggio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


In Italia esistono poche certezze in campo musicale, e una di queste è proprio Mario Venuti. I suoi dischi non deludono mai le aspettative. L'ex fondatore dei Denovo non ama ripetersi perché sa evolversi con una tale facilità da far invidia a colleghi con più anni di carriera, ma evidentemente non con lo stesso talento.
In Motore di vita (Etichetta: Microclima/ Puntoeacapo) Venuti esalta l'energia vitale racchiusa nel corpo umano. Un'ode a quel corpo elettrico di cui parlava il grande Walt Whitman. Il movimento, le pulsioni di vita e la voglia di amare scandiscono le canzoni di questo disco. In diverse tracce il cantautore catanese racconta della potenza della musica in grado di sottolineare ogni momento della nostra vita. Lo scrittore inglese Nick Hornby sostiene che: "La musica ha un grande potere: ti riporta indietro nel momento stesso in cui ti porta avanti, così che provi, contemporaneamente, nostalgia e speranza".
Nel singolo di lancio, Caduto dalle stelle, il musicista siciliano parla del potere terapeutico della musica e di un amore in grado di illuminare la sua esistenza. Noi siamo un corpo e ci muoviamo in uno spazio vitale che ci porta ad interagire con i nostri simili. Ballando ci liberiamo da inutili sovrastrutture e avvertiamo la nostra voglia di libertà. Come recita un detto indiano "Guardare noi ballare è ascoltare i nostri cuori parlare".
Lasciati amare è una canzone che entra di diritto nella storia della musica. Inutile dire che colpisce immediatamente l'anima di chi l'ascolta. Davvero fortunata la persona a cui è dedicata questa splendida dichiarazione d'amore. Due individui che si amano danno vita ad una `dolce sinfonia´, ed è proprio questa partitura musicale a scandire i momenti vissuti insieme. Meravigliosi i versi in cui dice: "Lasciati amare come solo l'arte sa fare". Motore di vita è un disco dalle sonorità internazionali e dagli arrangiamenti freschi e coinvolgenti. La poesia di Venuti prosegue con la bellissima Se avessi altro amore in cui descrive un rapporto alle prese con le insicurezze e i fraintendimenti tipici di una relazione di coppia. In Non è peccato - originariamente scritta per Syria e da lei incisa nel 2005 - Venuti sfata i luoghi comuni legati ad antiche tradizioni e pregiudizi. In Fuori mondo shop analizza l'assuefazione del desiderio umano ai diktat del mercato e ai voleri della pubblicità. Dodici tracce che spingono l'ascoltatore ad alzare davvero il volume e a danzare con la consapevolezza di celebrare la Vita.
In definitiva un disco libero come l'estro creativo di Mario Venuti.

Cristian Porcino

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"Kant il gatto. Riflessioni filosofiche di un gatto di casa" di Laura Rangoni


("Kant il gatto. Riflessioni filosofiche di un gatto di casa" di Laura Rangoni, Ugo Mursia Editore, pp. 235, €15,00).

Ricordate il grande filosofo di Königsberg morto il 12 febbraio del 1804? Bene. Adesso immaginate il suo omonimo felino che guarda caso si chiama Kant. Il libro di Laura Rangoni si struttura come un dialogo interiore di un gatto filosofo che osserva il genere umano. Le sue riflessioni gattosofiche non si discostano molto da quelle dei suoi colleghi bipedi presenti nei vari libri di storia della filosofia. Il nostro pensatore peloso ci fornisce molte chiavi di lettura per interpretare la nostra umana esistenza. Con il suo cinismo e sguardo lucido ci riporta all'essenza della filosofia, e ci rimprovera di esserci assuefatti alle cose senza pensare. La libertà tipica dei felini può aiutarci a riappropriarci della nostra essenza.
"Sono completamente d'accordo con un altro mio esimio collega, Karl Jaspers, quando sostiene che la filosofia non è il possesso della verità, ma la sua continua ricerca". Parola di Kant, il gatto filosofo.
In definitiva un libro delizioso da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


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lunedì 1 maggio 2017

"Quando siete felici, fateci caso" di Kurt Vonnegut


("Quando siete felici, fateci caso" di Kurt Vonnegut, Minimum fax, pp. 162, € 14,00).

La nostra contemporaneità è insofferente all'umorismo intelligente. Kurt Vonnegut ha dispensato nei suoi libri delle perle di saggezza camuffandole di humour e di satira pungente. "Quando siete felici, fateci caso" raccoglie diversi discorsi che Vonnegut tenne in giro per le università americane. La sua voce fuori dal coro manca ad una società che stenta ancora oggi a comprendere i limiti di una cultura viziata dal pregiudizio e dalla stupidità. Diceva Vonnegut: "Non so nemmeno bene quale sia il mio messaggio come scrittore. Ma mi piacerebbe infettare le persone di idee umane prima che siano in grado di difendersi". L'autore di Mattatoio n. 5 era un umanista e gli stava a cuore il consorzio umano. Proprio per questo metteva al centro delle sue riflessioni le vite delle persone. Lo ripeteva spesso per non farci dimenticare il nostro senso di appartenenza. Quanto tempo dovrà passare prima di capire che la nostra parentela universale non è un’utopia ma una certezza? Soltanto allora conosceremo quanta insensatezza si cela dietro i nostri atti quotidiani. Eric Fromm scriveva: “L'uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi.” Vonnegut non ha avuto paura della libertà di pensiero ed ha invitato i giovani a ribellarsi ad ogni forma di stupida ideologia. Grazie alla sua sottile ironia Kurt Vonnegut riesce a far riflettere il lettore su tematiche quali la vita, la morte, la guerra, la pace, ecc.
In definitiva un volume illuminante da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


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