giovedì 11 maggio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Qualcuno mi ha chiesto via mail di scrivere una riflessione sull'infelicità. Caro lettore, cara lettrice eccoti una mia breve considerazione sull'argomento.
Ognuno di noi viene al mondo senza il proprio consenso. Nasciamo e poi ci emancipiamo grazie agli insegnamenti ricevuti e alle nozioni apprese. Nessuno però ci dice che tutti noi abbiamo un progetto di vita da seguire. James Hillman, grande psicologo e filosofo, lo sapeva bene. Aveva letto Platone e ne aveva condiviso la concezione dell'anima e il valore del mito. La nostra infelicità scaturisce dal non seguire i nostri progetti. Rinunciando al compiersi del nostro destino mettiamo a repentaglio la nostra felicità. Il daimon interiore, lo spirito guida che ci accompagna durante la nostra esistenza, può solo suggerire ed inviarci dei segnali. Spetta però a noi prendere le decisioni finali e realizzarle. Ovviamente tutte le volte che rinunciamo a qualcosa per non scontentare le aspettative degli altri diventiamo la causa principale della nostra infelicità. Parafrasando Kurt Vonnegut noi veniamo al mondo con una Virtù originale, altro che peccato! Questa virtù è già in noi e dobbiamo solo prendercene cura, proprio come una ghianda in attesa del suo naturale sviluppo. Troppe sovrastrutture imposte dalla società, e i desideri che gli altri proiettano su di noi alimentano la nostra frustrazione. Crescendo bisogna capire ciò che si vuole e scindere i nostri desideri dalle aspettative dei nostri genitori. Una canzone scritta dal filosofo Manlio Sgalambro e Franco Battiato per Fiorella Mannoia dice: "Imparo dalle rose /Il movimento del dare/ Dagli insetti come difendersi e percepire / Dagli uccelli come si possa estrarre succo dalle foglie / Così parlo a te/ Che non so chi sei". I fiori esistono in modo spontaneo e in sinergia con il creato. Noi ci siamo barricati in strutture tanto fisiche quanto mentali che ci isolano dal Tutto che ci sta attorno. Siamo al contempo parte della natura eppure ci impegniamo a non frequentarla e a rifuggirla. Il filosofo americano Henry David Thoreau scappò dalla cosiddetta civiltà per vivere a contatto diretto con la natura. Immerso nei boschi si dedicava alla riflessione e alla scrittura. Grazie a questa esperienza nel 1854 pubblicò Walden, ovvero la vita nei boschi. Il senso della sua opera era proprio quello di invitare il lettore a ritrovare le proprie radici in quanto essere naturale.
Ricordo ad esempio di aver dormito disteso sul prato di Central Park (NY) e di essermi sentito, al mio risveglio, quasi rigenerato. Paradossalmente tutte le mie negatività e infelicità erano state assorbite dalla terra per restituirmi una sensazione di tranquillità e benessere. Anche gli insetti hanno molto da insegnarci con il loro modo di vivere e di agire. Abbiamo anestetizzato la nostra sana animalità per abbracciare ideali e credi che ci hanno reso più disumani e più insensibili. La canzone continua dicendo:
"L'allegria ci passa accanto / Tra assordanti rumori /Abbiamo perso tempo e lacrime
E nella vita a sorridere e sopportare / Nelle chiese a non pregare / Nelle scuole a non comprendere / E ad ascoltare altre visioni del mondo
".
Sordi ai richiami del mondo naturale non siamo in grado di capire quando la felicità transita vicino alle nostre vite. Ci disperiamo per inezie e ci disinteressiamo dei problemi che riguardano l'umanità. Il mondo ci parla costantemente ma dobbiamo essere in grado di ascoltarlo. Non è nelle preghiere imparate a memoria che troveremo pace, né tanto meno ci salveremo ricordando alcune nozioni apprese sui banchi di scuola. Dobbiamo accostarci umilmente alle varie visioni di questo mondo e scorgere il nostro progetto di vita. Dentro questo caos dobbiamo percepire la nostra essenza di luce, la nostra unicità. Ovviamente non sarà facile, ma nulla in questa vita può dirsi semplice. Hillman è stato il padre della psicologia archetipica e definiva se stesso come 'figlio dell'anima'. L'anima ci parla continuamente e si serve di immagini da decriptare. Pertanto quando ci sentiamo vuoti e senza significato ricordiamo che il nostro daimon ci invita costantemente a riappropriarci del contenuto originario. Forse la soluzione è a portata di mano.
"Non essere consapevoli vuol dire non esistere" (Marshall McLuhan).

Cristian Porcino

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