giovedì 25 maggio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Si è concluso da poco il salone internazionale del libro di Torino, e nelle bacheche virtuali di molti facebookiari impazzano le foto con i loro autori preferiti. Sinceramente non ho mai compreso questa smania di vedere dal vivo l'autore che più si ammira. Non ho mai ambito a stringergli la mano, farmi un selfie e magari portarmi a casa un autografo personalizzato sulla copia del libro appena sfornato e acquistato. Per quanto mi riguarda incontro quotidianamente i miei scrittori preferiti e lo faccio tramite le pagine dei loro libri. Trascorro del tempo con Amélie Nothomb, Savater, Shakespeare, Mary Shelley, Dostoevskij, Flaubert, Verga, Pirandello, Salinger, Poe, Calvino, Eco, Platone etc., e non mi stanco mai, anzi! La lettura azzera la cronologia. Ogni appuntamento è una delizia per gli occhi e per la mente. Gli incontri non deludono mai le mie aspettative e, cosa più importante, io non deludo le loro. Uno scrittore vive tra le pagine dei suoi libri e non nei firma copie che è costretto a fare per meri accordi editoriali. Ho avuto molti incontri con i miei autori preferiti dettati dal semplice fato. Mi spiego meglio. Anni fa, mentre passeggiavo per le strade di New York, incontrai Stephen King accanto al Gotham cafè, proprio come l'omonimo locale narrato dal re del brivido in Tutto è fatidico. Lui mi guardò e mi sorrise con il suo modo così enigmatico da folletto, e quegli occhietti piccoli che si celavano dietro il vetro degli occhiali. Quel sorriso fu la testimonianza di un incontro tra spiriti affini che si percepiscono senza stupidi convenevoli. Ho intrattenuto un rapporto epistolare molto bello con Luciano De Crescenzo. Sempre a New York ho assistito alla presentazione del libro di Khaled Hosseini e pur avendo acquistato la copia del suo libro rinunciai a farmelo firmare. Ho avuto il piacere di conoscere un anno prima della sua morte, e forse nella sua ultima apparizione pubblica, il filosofo Manlio Sgalambro. Quella volta anch'io restai all'incontro post presentazione per farmi firmare la copia. Non fu però premeditato bensì un'idea di un amico comune, nonché suo editore, che volle presentarci. Luciano De Crescenzo sostiene che per uno scrittore è molto meglio non incontrare i suoi fan, poiché i lettori potrebbero rimanere delusi dall'incontro con il loro beniamino letterario. Io concordo con Luciano. I miti sono come figure sacre, e ci si imbatte in loro soltanto nei lunghi corridoi dell'immaginario. Ma quale domanda potrei mai fare a Whitman o a Wilde? Cosa chiedere a Maupassant o Rimbaud? La mia ammirazione nei loro confronti è talmente smisurata che ringrazio il cielo di non doverli incontrare per non dovermi, a mia volta, ricredere del loro genio. Spesso mi chiedono di presentare i miei libri, e in passato l'ho fatto ma adesso non più. Chi desidera conoscermi può farlo leggendo i miei testi. La mia opera è in vendita ma la mia vita e il mio privato no. Solo ciò che decido di raccontare diventa pubblico. Conoscermi non aggiunge nulla alla magia che ti regala la lettura di un libro. Un libro pessimo non si tramuta in bello solo perché l'autore è carino e magari anche simpatico con noi, e viceversa. Come diceva Marcel Proust: "Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che è offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso". Sia ben inteso che non mi paragono minimamente a quei grandi nomi citati prima, non potrei. Dico solo che ho pubblicato anch'io qualche libro ed ho presentato diverse volte i miei volumi in giro per l'Italia, e nonostante i tanti attestati di stima ricevuti continuo a pensare che la mia presenza non ha aggiunto nulla al mio testo. La presentazione del libro celebra solo l'ego dello scrittore e non la sua opera. L'opera di uno scrittore ci dice tutto quello che c'è da sapere, e quello che non ci dice possiamo immaginarcelo da soli. Bisogna valorizzare molto di più l'assenza di uno scrittore e lasciar parlare, invece, la sua essenza racchiusa nell'opera.
"Rivelare l'arte e nascondere l'artista è il fine dell'arte" (Oscar Wilde).


Cristian Porcino

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