mercoledì 29 novembre 2017

"CHIEDI DI LUI", ZERO A 360°


Se dobbiamo dare un voto da 1 a 10... 11!!! Molte sono le parti apprezzabili, in particolare (oltre naturalmente a Renato) lo spaccato dell'Italia dagli anni '70 ai giorni nostri, autorevolmente certificato sia da stralci di esperienze vissute sia da citazioni di illustri personaggi, filosofi, letterati, poeti, registi, direttori d'orchestra, politici. Certamente gli inizi del Nostro non sono stati facili, in quegli anni non era uno scherzo sdoganare la sua diversità, ma alla fine la sua perseveranza l'ha premiato. Positiva l'attenzione ai primi passi nel mondo artistico perché secondo noi i primi due album sono la sua vera carta d'identità. Di solito i biografi trattano con molta superficialità questa primissima fase della carriera di Zero o la presentano con un'ottica "edulcorata" tipica delle celebrazioni, aspetto per fortuna del tutto assente nel libro. La caratteristica principale di "Chiedi di lui" è l'equilibrio, non si cerca di imporre una tesi pur non nascondendo le proprie preferenze. E qui arrivano le dolenti note. Proprio perché siamo di fronte a una narrazione rigorosa i contrasti fra lo Zero delle origini e quello attuale emergono soprattutto nella seconda parte. Dalle pagine emerge sicuramente un Renato ambiguo, ma non sessualmente quanto negli atteggiamenti verso la religione, la politica e alcuni temi da lui all'inizio rivendicati e poi via via sempre più negati. In questo si è dimostrato contraddittorio, forse anche per convenienza. Si deve avere anche il coraggio di criticare o comunque di non nascondere l'evidenza come fanno troppi fans col paraocchi. Insomma il libro di Daniela e Cristian offre una panoramica a 360° dell'artista in cui si può ritrovare anche chi, come me (Marina), ha avuto l'occasione di frequentarlo da vicino per un lungo periodo.

Marina e Roberto

giovedì 23 novembre 2017

Una riflessione sul sessismo e la violenza di genere


Dopo l’esplosione del caso Harvey Weinstein si è scoperchiato il vaso di Pandora e il mondo si è accorto delle molestie e violenze che quotidianamente subiscono milioni di donne nel mondo. Come si evince dalla lettura del libro di Porcino la violenza sulle donne non è un fenomeno contemporaneo ma addirittura affonda le sue radici nel libro sacro di ebrei e cristiani: la Bibbia. Spesso si tenta di ignorare il retaggio culturale che sta dietro al nostro pensiero. Lo stesso linguaggio che usiamo quotidianamente violenta insistentemente la vita e la dignità delle donne. Quest’odio atavico si riscontra, per l’appunto, nelle parole e negli atti di molti maschi. Per quanto mi riguarda ho trovato molto utile la parte sul sessismo linguistico e l’analisi dei modelli di giochi stereotipati che caratterizzano l’attività ludica delle bambine. Chi ha stabilito che i maschietti devono giocare con le macchine e le femminucce con fornelli e bambolotti? Molto interessante il racconto della battaglia per l’emancipazione femminile portata avanti da Olympe de Gouges. Il libro di Cristian A. Porcino Ferrara ha molti pregi e infatti ha ricevuto anche l’autorevole apprezzamento del Presidente della Repubblica e di Monica Cirinnà. Pertanto il mio modesto consiglio è proprio quello di leggere il libro “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” e di meditare intensamente sul progetto educativo ideato dall’autore. L’educazione attiva all’affettività di genere è un passo importante da chiedere e pretendere in ogni istituto scolastico. Diceva R. W. Emerson “L’unica persona che sei destinato a diventare è quella che scegli di essere” ma non esiste consapevolezza senza conoscenza. Tocca quindi a noi uomini, a noi padri riparare i torti del passato e aiutare i nostri figli a rapportarsi in modo sano all’universo femminile, e combattere ogni forma di stereotipo e pregiudizio di stampo omofobo e misogino insito in una cultura arcaica e maschilista. Insieme possiamo farcela. Yes, we can!

Matteo La Rosa

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Il libro è in vendita su Amazon

martedì 21 novembre 2017

“Tutti i perché della scienza” di Jay Ingram


(“Tutti i perché della scienza” di Jay Ingram, Edizioni Dedalo, pp. 209, €17,00).

Il libro di Jay Ingram ci svela con una scrittura accattivante i misteri della scienza. L’autore con l’ausilio di vignette divertenti tenta di spiegare alcuni quesiti che riguardano il nostro corpo, gli animali, l’ambiente etc., il tutto senza annoiare il lettore. Ad esempio vi siete mai chiesti perché le cipolle ci fanno lacrimare gli occhi? Oppure perché le lucertole perdono la coda? Se vi interessa scoprire le risposte non vi resta che leggere il libro di Ingram.
Grazie alla sua professione di divulgatore l’autore ci accompagna lungo i sentieri della verità sfatando fake news e falsi miti legati al mondo scientifico. Per quanto mi riguarda dopo aver letto il libro mi domando ogni giorno se i miei sogni sono in technicolor o in bianco nero. In definitiva un libro adatto ai ragazzi in cerca di risposte, e ai genitori in crisi per le troppe domande dei figli. Assolutamente consigliato.

Cristian Porcino

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mercoledì 15 novembre 2017

“Napoli mia” di Luciano De Crescenzo


(“Napoli mia” di Luciano De Crescenzo, Mondadori, pp. 221, € 18,00).

A quarant’anni dalla pubblicazione di Così parlò Bellavista Luciano De Crescenzo ritorna al suo primo amore: la fotografia. Una passione nata per caso ma che fu determinante per la sua carriera di osservatore e narratore speciale. De Crescenzo dopo aver ritrovato uno scatolone colmo di fotografie scattate in giro per Napoli decide di dare un volto a quei personaggi che per tanto tempo ha descritto nei suoi libri di filosofia. Per l’occasione ha raccolto in un unico volume stralci dei suoi libri più famosi e fotografie inedite di una Napoli (e un’Italia) che non esiste più. L’autore non è convinto di ciò ed infatti sostiene che Napoli “non è una semplice città, ma uno stato d’animo”. Come sosteneva Roland Barthes: “È vero che la foto è un testimone, ma un testimone di ciò che non è più. Anche se il soggetto è sempre vivo, è un momento del soggetto quello che è stato fotografato, e quel momento non è più”.
Grazie alla proverbiale dote narrativa dello scrittore partenopeo ci immergiamo ancora una volta nell’affascinante universo decrescenziano. In definitiva un fotoracconto di una città che è da sempre nel cuore degli italiani.
“Ogni luogo del mondo avrebbe bisogno di un po’ di Napoli”.
Assolutamente consigliato.


Cristian Porcino

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martedì 7 novembre 2017

“Abracadabra” di Aldo Dalla Vecchia


(“Abracadabra” di Aldo Dalla Vecchia, Pegasus Edition, pp. 119, € 12,00).

Un delizioso volume che indaga il regno del paranormale e dell’inconoscibile attraverso venti interviste a diverse personalità del mondo dello spettacolo. Il giornalista Aldo Dalla Vecchia raccoglie in un unico volume le interviste fatte ad Albano, Mara Maionchi, Luxuria, Malgioglio, Otelma, Corinne Clery e tanti altri. In questi incontri scopriamo aspetti insoliti di alcuni protagonisti della tv. Dai relativi riti scaramantici degli intervistati ai loro rapporti con la fede, la credenza nell’aldilà, l’esistenza di forme di vita extraterrestri e tutto quello che non rientra nell’ordinario.
In definitiva una lettura in grado di stimolare una riflessione sui tanti misteri che si celano dietro le nostre esistenze. Da leggere.

Cristian Porcino

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giovedì 2 novembre 2017

Omaggio a Pier Paolo Pasolini


Quarantadue anni senza Pier Paolo Pasolini. Per ricordarlo stralci dell’intervista a Daniela Tuscano e Cristian A. Porcino Ferrara autori del libro “Chiedi di lui 2.0 Ancora un viaggio nell’universo musicale di Renato Zero”
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4) Avete dedicato molta parte della vostra opera alla relazione tra Renato e Pasolini. Non solo nella prima parte della sua carriera, come sarebbe logico supporre, ma anche nella seconda (mi sembra anzi che quella di Cristian sia più corposa). La vicinanza di Pier Paolo alla musica popolare è notoria ma perché nessuno sembra mai accorgersi delle tracce “pasoliniane” in Zero? Al limite si fa un generico accenno alle periferie romane, ma fermi lì. Mentre con De André, Giovanna Marini, De Gregori il discorso cambia notevolmente…

Cristian: «Con Pasolini ho un rapporto speciale e l’ho raccontato anche nel libro. Da ragazzino fui preso di mira da un insegnante che detestava Pier Paolo e lo considerava l’untore, il male assoluto. Nel mio lavoro precedente (“Tutta colpa del whisky” ndr) ho definito Pier Paolo un “maestro dell’esistere”. Pasolini è stato spesso trattato con snobberia, senza tener conto che la sua linfa poetica era alimentata dal popolo, dalla gente comune. In virtù di questo Pasolini può essere considerato un artista pop. Celebri le sue inchieste on the road. Per quanto riguarda Renato Zero all’inizio non fu preso in considerazione perché nelle sue canzoni raccontava le periferie esistenziali, mentre molti cantautori erano più propensi a narrare realtà sociali intrise di ideologie. Oggi però le cose sono sostanzialmente cambiate e Zero è amato e compreso dalla gente».

Daniela: «Le cose sono cambiate ma anche Zero è profondamente cambiato. E onestamente adesso non lo si può più accostare a Pasolini, nemmeno per analogia (non dimentichiamo che lui stesso ne prese le distanze in un’intervista del 2010). Un tempo, però, senza Pier Paolo sarebbe stato difficile comprendere del tutto l’opera di Renato. La scarsa considerazione nei suoi confronti non mi stupisce. La cultura italiana è spocchiosa e, di conseguenza, provinciale. Menzionare De André o Giovanna Marini è considerato un punto d’onore, citare Renato Zero no. Di qui la scarsa attenzione verso un artista che, al contrario, è stato fino a un certo punto il più vicino di tutti al mondo di Pasolini».

5) De André, Zero, Pasolini… Quali legami, quali differenze?

Cristian: «Sicuramente ci sono dei legami e non solo con il mondo pasoliniano, ma in questa sede è quasi impossibile elencarli tutti. In parte mi sono già occupato della tematica culturale nel mio libro “I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero”. Lascio dunque la parola a Daniela».

Daniela: «Fabrizio aveva un approccio decisamente più intellettuale, di testa; o meglio, aveva il cuore in testa. Renato esattamente l’opposto. Ma cito solo un esempio. Il 28 novembre scorso, coi miei studenti di Ragioneria, organizzai un incontro [fra i partecipanti lo scrittore Mattia Morretta, ndr] dedicato al poeta nel 40° della morte. Aggregammo ai brani del poeta alcune canzoni, fra cui “Casal de’ pazzi” che venne eseguita dal vivo. Un mio collega, dopo averla ascoltata, ha esclamato: “Però! Più l’ascolto e più mi piace, ha un bel testo ed è musicalmente molto elaborata”. Ma prima di quel giorno non la conosceva nessuno».

6) Posto esista, qual è il disco o il brano più pasoliniano di Renato?

Cristian: «Ma un brano o un album in particolare non saprei indicarlo. Chiaramente il Renato Zero degli esordi è più vicino al mondo pasoliniano di quanto, invece, lo sia adesso. Per carità non so se Zero abbia mai letto Pasolini, ma ne condivideva, certamente molti aspetti, anche in modo inconsapevole. “Quando non sei più di nessuno” uscito nel 1993 in un certo qual modo conteneva tracce di quell’universo lì. Infatti al suo interno si trovava “Casal de’ pazzi”. Anche “Per non essere così” è un brano che mi riporta alla mente il mondo di “Accattone”; oppure “ Pionieri” o “Marciapiedi”».

Daniela: «Nemmeno per me esiste un disco “pasoliniano” al cento per cento nella produzione di Renato. Neppure “Zerofobia”, che nella sua metropolitanità esasperata è invece il suo album meno europeo, autenticamente e visceralmente rock. Quindi ben oltre la periferia di Pier Paolo, al limite più confinante con alcuni paesaggi di Testori, che non a caso era e viveva a Milano. Purtroppo oggi l’aggettivo “pasoliniano” è abusato e finisce per significare tutto e niente: qualsiasi situazione scollacciata, qualsiasi canzone con allusioni forti (o circa) viene sbrigativamente definita “pasoliniana”, quando spesso non lo è affatto. Comunque, sono d’accordo con Cristian; forse è proprio in “Artide Antartide” che troviamo affreschi, sia pure un po’ manieristici, capaci di rievocare alcune pellicole di PPP».

Intervista pubblicata su “Eretico & Corsaro” – Marzo 2016. Il libro è in vendita su Amazon

mercoledì 1 novembre 2017

“I miei viaggi che raccontano tutta un'altra storia” di Syusy Blady


(“I miei viaggi che raccontano tutta un'altra storia” di Syusy Blady, Verdechiaro Edizioni, pp. 248, € 18,00).

L’affascinante libro di Syusy Blady mi ha riportato alla mente una canzone di Franco Battiato che fa: “Parlami dell'esistenza di mondi lontanissimi/ di civiltà sepolte di continenti alla deriva / parlami dell'amore che si fa in mezzo agli uomini / di viaggiatori anomali in territori mistici di più / seguimmo per istinto le scie delle comete come avanguardie di un altro sistema solare”. Blady in questo nuovo libro racconta i suoi viaggi intorno al mondo, e attraverso di essi ricostruisce una storia che non corrisponde propriamente a quella ufficiale. Sollecitata dalle domande di Patrizio Roversi l’autrice ripercorre in lungo e in il largo le origini del mito e i suoi significati più reconditi. In un percorso attraverso antiche civiltà e scoperte archeologiche ci troviamo coinvolti in un flusso ininterrotto di nozioni in grado di stimolare la nostra curiosità. Come ci ha insegnato Cartesio “Se vuoi diventare un vero cercatore della verità, almeno una volta nella tua vita devi dubitare, il più profondamente possibile, di tutte le cose”. In definitiva un libro assolutamente consigliato.

Cristian Porcino

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