In qualità di critico letterario mi occupo principalmente di recensire libri. Per l’invio di copie promozionali si prega di contattarmi tramite e-mail. Non si accettano file in formato Pdf, Epub, ecc., ma solamente copie cartacee. Si comunica che le recensioni pubblicate in questo blog sono a titolo gratuito. Non percepisco alcun tipo di pagamento da parte di editori o autori.
giovedì 29 giugno 2017
L'elzeviro del filosofo impertinente
Giugno è il mese in cui si ricordano i moti di Stonewall e si susseguono nel mondo civilizzato le manifestazioni in sostegno del movimento Lgbt. Purtroppo in questo mese si verificano puntualmente anche episodi più o meno velati di razzismo. Personalmente mi sono occupato di tale piaga sociale nel mio ultimo libro Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne, e nonostante le numerose e importanti battaglie civili le cose sembrano, ahimè, non essere mutate. Ogni anno durante il periodo degli esami di maturità si riscontrano diversi episodi di omofobia in diverse parti d'Italia. Negli ultimi anni alcuni maturandi si sono imbattuti in commissari alquanto reticenti ad accettare e discutere tesine sulla storia dell'omosessualità e non solo. Alcuni di questi commissari si sono rifiutati perfino di ammettere opere letterarie o testi di canzoni che tratta(va)no l'argomento. Non parlo certamente di opere erotiche o di propaganda, ma di vera letteratura. Eppure le opere letterarie non hanno una sessualità e non possono essere discriminate. Tali docenti umanamente impreparati non riescono ancora oggi a comprendere l'essenza del loro lavoro e dell'intero sistema scolastico. L'omofobia interiorizzata non è meno grave di quella visibile.
La scuola è la sede adatta per affrontare questi argomenti, e gli insegnanti non possono rinunciare alla loro funzione di educatori. L'omosessualità, così come l'eterosessualità, non ha nulla di segreto o di scandaloso, e dunque non capisco tale ritrosia nel trattarla senza pregiudizi e fobie. Troppi anni di preconcetti, stereotipi e modelli catodici fuorvianti hanno forse accresciuto in questi docenti un senso di inadeguatezza e timore nell'affrontarla con la dovuta serietà. Ma nulla può giustificare tali paure prive di qualsiasi fondamento. Gli studenti devono sentirsi liberi di affrontare gli argomenti che toccano da vicino le loro giovani esistenze. Se la scuola non si adeguerà a tali istanze formative dovrà fare i conti con le informazioni distorte acquisite dai discenti attraverso chat e siti internet non qualificati. Diceva Don Milani “Quando avete buttato nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in cielo un passerotto senza ali”. Per esperienza personale posso aggiungere che all'università sperimentai anch'io una certa resistenza a trattare l'argomento omosessualità con professori allineati alle posizioni del Vaticano II (non mi riferisco certamente al concilio ecumenico ma alla visione "papacentrica" di Giovanni Paolo II). Rammento l'approfondimento del corso di filosofia morale dal titolo "Uomo e donna in famiglia" con un excursus storico tra le varie encicliche dei papi! Oppure ricordo un feroce confronto con la docente di letteratura italiana che non voleva riconoscere la straordinaria importanza dell'opera letteraria di Aldo Busi.
Per comprendere meglio il senso di certe preclusioni mentali ho intervistato alcune persone in merito al significato del termine pregiudizio. Eccovi, dunque, alcune opinioni raccolte. Simona, studentessa di psicologia, mi ha risposto: "Il pregiudizio è un meccanismo di difesa che attiviamo nel momento in cui la diversità dell'altro ci spaventa". Alina, invece, definisce il pregiudizio come "un'opinione certa ma errata su qualcuno. Per tirare avanti spesso avvertiamo il bisogno di sicurezza e consideriamo le nostre opinioni, la nostra morale come le migliori in assoluto. Così tutto quello che si discosta dal nostro punto di vista lo rigettiamo per non farci condizionare". Il signor Giovanni, benzinaio da quindici anni, afferma: "Il pregiudizio è un modo negativo per avvicinarmi al mio prossimo". Flaminia gestisce una panetteria in una zona periferica di Catania e mi dice: "Io credo che le persone gay sono esattamente come me. Non bisogna giudicare nessuno in base ai propri gusti sessuali, nazionalità o etnia. Quello che conta sono le azioni che facciamo e di certo non dipendono dalle persone che amiamo o con cui facciamo sesso".
La signora Mara è appena uscita dalla messa del mattino e alla mia domanda risponde con fare scortese facendosi un segno della croce. Evidentemente l'esempio inclusivo di Papa Francesco non ha minimamente toccato la sua fede e il suo cuore.
Le opinioni da me raccolte evidenziano che a parole manifestiamo di essere emancipati e civili, ma nei fatti persiste ancora uno zoccolo duro d'ignoranza che non ci permette di compiere un salto di qualità notevole.
Forse aveva ragione Albert Einstein quando diceva: "È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio". Pertanto mi auguro l'avvento di una società culturalmente evoluta in grado di oltrepassare gli steccati ideologici e annientare i pregiudizi e i soliti stereotipi. Dopotutto "Non bisogna farsi mai ricattare dalla stupidità altrui" (Umberto Eco).
Cristian Porcino
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giovedì 22 giugno 2017
L'elzeviro del filosofo impertinente
Recentemente mi sono imbattuto in alcune pubblicità alquanto inquietanti. In certi noti settimanali si sponsorizza la vendita di una bambola che riproduce realisticamente le fattezze di un neonato. Per ovvi motivi non posso citare l’azienda né riprodurre l'immagine dell’oggetto in questione, ma sono lontani parenti di Cicciobello e probabilmente più eleganti. Forse questi macabri bambolotti alti circa 50 cm riusciranno a placare il desiderio di maternità e paternità insito negli umani? Cullando fra le mie braccia un pupazzo senz'anima mi potrò definire padre? Qual è allora il senso di questa stramba operazione di marketing? A quanto pare l'artista che ha realizzato tale 'creatura' intende donare ai genitori mancati la gioia di tenere fra le braccia un piccolo corpicino con lo sguardo imbambolato. Ovviamente la pubblicità ci tiene a sottolineare che il prodotto non è un giocattolo, bensì un oggetto da collezione unico, quasi raro. Non è un prodotto per bambini, ma per adulti desiderosi di figliolanza. Per carità, il bambolotto è un prodotto raffinato e ben fatto ma rimane pur sempre un oggetto inanimato. Esistono anche bambole "speciali" che ti stringono il dito. Queste sensazioni però mi inquietano. L'essere umano solletica la propria immaginazione con prodotti di qualità che riproducono qualcosa o qualcuno che esiste già in realtà. In altre parole si concedono istanti di felicità con surrogati di realtà. Diceva David Hull: "L'ipocrisia è il lubrificante della società". Questi pupazzi bambini, questi feticci del desiderio umano non potranno mai supplire quel vuoto che si crea in noi. Ben scriveva Pier Paolo Pasolini nel libro Lettere Luterane: "Il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in bruti e stupidi automi adoratori di feticci". Noi umani temiamo i sentimenti ma siamo preda del sentimentalismo. Non siamo buoni, ma buonisti. Adoriamo gli oggetti che riproducono qualcosa, vedi alcune pratiche cattoliche dove si venerano statue raffiguranti santi e madonne. I feticci sono utili per comunità umane non evolute, quasi primitive ma non certamente per persone dotate di raziocinio. Se la vita non vi ha resi genitori non lo diventerete di certo acquistando dei bambolotti!
In Jane Eyre Charlotte Brontë scrive: "Mi portavo sempre nel letto la bambola; gli esseri umani hanno bisogno di amare qualcosa e, in mancanza di un oggetto più degno di tenerezza, mi studiavo di provare piacere amando e vezzeggiando un piccolo idolo sbiadito, malridotto come uno spaventapasseri". Dunque smettiamola di confondere l'apparenza con la realtà, e dedichiamo il nostro tempo ad emozioni e sentimenti reali. Nel mondo esistono tanti bambini in carne e ossa che aspettano un nostro abbraccio vero e sincero. Per una volta smettiamo di vivere sentimenti posticci, e ripiombiamo nella monotona ma concreta quotidianità.
Cristian Porcino
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giovedì 15 giugno 2017
"Plant Revolution" di Stefano Mancuso
("Plant Revolution" di Stefano Mancuso, Giunti, pp. 264, € 20.00).
Dopo aver letto questo libro vi accorgerete della vostra quasi totale ignoranza riguardo il mondo vegetale. Stefano Mancuso, scienziato di fama mondiale, accompagna il lettore dentro il mondo affascinante delle piante. Sapevate che La Mimosa pudica ha la capacità di ricordare un'esperienza passata per un determinato periodo? Oppure conoscevate la capacità mimetica della Boquilla trifoliata? È scientificamente provato che esistono piante in grado di produrre dipendenza anche nell'uomo. Ovviamente non parlo di caffeinomani o nicotinomani, ma del masochismo benigno dei capsicofagi!
Come recita il sottotitolo del libro 'le piante hanno già inventato il nostro futuro', e dunque basta studiarle attentamente per carpirne segreti e riprodurli anche tramite l'ausilio della tecnologia (plantoidi). Come afferma Mancuso le piante: "Sono un modello di modernità; e il fine di questo libro è proprio renderlo evidente. Dai materiali all'autonomia energetica, dalle capacità di resistenza alle strategia di adattabilità, le piante hanno trovato da tempo immemorabile le migliori soluzioni alla maggior parte dei problemi che affliggono l'umanità. Basta sapere come e dove guardare". Una lettura talmente entusiasmante che sembra aprirci un varco nell'universo sconosciuto delle piante.
Assolutamente consigliato.
Cristian Porcino
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mercoledì 14 giugno 2017
"Qualcuno ce l'ha con me" di Leonardo Tondo
("Qualcuno ce l'ha con me" di Leonardo Tondo, Baldini & Castoldi, pp. 431, € 20.00).
Viviamo in una società fin troppo paranoica in cui regna la costante paura di essere osservati e controllati. Nella vita reale tali risvolti sfociano di frequente nel campo della psicopatologia. Il libro di Leonardo Tondo (psichiatra) affronta il problema della paranoia con competenza, ma soprattutto utilizzando un linguaggio accessibile a tutti. Grazie ai nuovi sistemi d'informazione, e di conseguenza al proliferare dei social, si sono insinuati nella nostra vita i germi del sospetto e della paranoia. Dal sospetto nascono spesso i pregiudizi che poi, ahimè, si concretizzano in fenomeni violenti come il femminicidio, l'omofobia, la xenofobia etc. In qualche modo ci sentiamo spiati, braccati, quasi come i protagonisti dei romanzi del grande scrittore fantascientifico Philip K. Dick. Come scrive Tondo nel libro: "Il più classico e più frequente delirio paranoico è quello di persecuzione. Ci si sente spiati, seguiti, derisi, insultati; si interpretano comportamenti perlopiù innocenti come minacciosi". Molti i casi celebri analizzati nel saggio: Anders Brevick, Stalin, Charles Manson ed altri ritratti tanto affascinanti quanto inquietanti.
Un libro da leggere e consultare quando siamo preda delle nostre fobie. In fondo un po' tutti siamo paranoici e dunque l'argomento trattato ci riguarda da vicino.
Assolutamente consigliato.
Cristian Porcino
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lunedì 12 giugno 2017
Intervista a Cristian A. Porcino Ferrara autore del libro "Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne"
Il 12 giugno 2016 un killer uccise ad Orlando 49 persone che si trovavano nel locale gay Pulse.
Alle vittime di Orlando e a Eddie Justice è dedicato il libro di Cristian A. Porcino Ferrara Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne. Inoltre Porcino dedica il proprio volume anche a Sara Di Pietrantonio barbaramente assassinata dal fidanzato. Nell'intervista con l'autore si è discusso di omofobia, femminicidio, i moti di Stonewall e molto altro.
1) Qual è il tuo bilancio a un anno dall'uscita del libro "Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne"?
«Molto buono. Quest'anno ho ricevuto recensioni positive, tanti pareri autorevoli come quello della senatrice Monica Cirinnà, ringraziamenti da parte di associazioni Lgbt e molte altre soddisfazioni personali. Penso alle tante opinioni dei lettori che mi hanno contattato in privato per congratularsi del lavoro fatto. Alcuni di loro mi hanno raccontato le loro vite, i problemi che li hanno segnati e la rinascita dopo la consapevolezza di sé»
2) Una bella soddisfazione
«Certo, perché l'unico a credere nel progetto sono stato io. Ho contattato tanti editori ma quasi tutti, pur se interessati, non hanno voluto investire economicamente su un progetto da loro ritenuto di nicchia. In Italia domina l'editoria a pagamento e se non accetti di sborsare quattrini devi impegnarti a fare tutto da solo e diventare quindi indipendente»
3) Se osserviamo i risultati raggiunti non hai avuto torto. Ma mi dicevi di Christopher Park (che appare proprio nella copertina del libro) e la comunità Lgbt. Raccontaci qualcosa.
«Dici bene. Ricordo la soddisfazione di aver portato la mia opera a Christopher Park, New York, dove nacque il movimento Lgbt. Proprio in questi giorni ricorre l'anniversario dei moti di Stonewall. Accanto a Christopher Park si trova lo storico locale Stonewall Inn (foto 1) dove il 27 giugno 1969 si lottò per affermare il proprio diritto di esistere in quanto esseri umani. L'orgoglio di essere se stessi e di reclamare e combattere per ciò in cui si crede davvero. In quelle manifestazioni si sancì la fine della violenza psicologica e fisica affrontando le autorità che volevano schiacciare i diritti civili delle persone gay confinandole in un ghetto. Infatti, per le strade di New York nel mese di giugno ogni anno il gay pride riempie la Grande Mela non solo di colore, ma dimostra concretamente che il proprio orientamento sentimentale e sessuale non deve essere più tenuto nascosto ma vissuto alla luce del sole. La libertà di amare non è una concessione ma, per l'appunto, un diritto»
4) In fondo New York è un po' la tua seconda casa, e quindi è stato un piacere ricevere attenzioni dai newyorkesi, o mi sbaglio?
«Esatto. Non dimentico la gente seduta a Christopher Park (foto 2) che mi continuava a chiedere se il libro era scritto in inglese e se potevano acquistarlo nelle loro librerie. Non posso scordare il loro entusiasmo e la loro positività. Da italiano confesso che tanta dimostrazione di stima e affetto mi ha fatto un certo effetto. In Italia non siamo abituati a manifestare il nostro interesse per qualcuno che non conosciamo. Forse se lo vediamo in TV sì ma per uno scrittore indie è del tutto impensabile. Siamo molto invidiosi dei successi degli altri e raramente ci facciamo coinvolgere dai progetti culturali degli sconosciuti»
5) All'interno del libro tu includi un interessante progetto educativo sulle varie forme di affettività da realizzare nelle scuole. Hai trovato il modo di presentarlo negli istituti?
«Da ben tre anni e senza grandi risultati. Ho inviato tempestivamente il progetto all'assessorato alla pubblica istruzione di Catania. L'assessorato ci ha fatto sapere che il progetto era valido però mancavano i soldi per poterlo realizzare. All'epoca ho fatto un tour de force insieme ad una mia amica psicologa nelle scuole statali, ma oltre a congratularsi per il progetto la litania che ascoltavamo era sempre la stessa: non ci sono soldi. Altre volte, invece, i dirigenti scolastici non ci ricevevano e ci dirottavano presso segreterie didattiche o vicepresidi. Di conseguenza il progetto è stato depositato e protocollato ovunque, ma non mi è mai stato permesso di attuarlo. Il progetto si rivolge proprio ai ragazzi e ragazze delle scuole medie inferiori e superiori, e l'intento era proprio quello di sensibilizzare i più giovani su tematiche che li riguardano da vicino. Ho notato un ostruzionismo sistemico inaccettabile, e un'indifferenza preoccupante che è la maggiore causa dei problemi che affliggono questo paese. Ed è questo che mi dispiace tanto»
6) Dicevamo prima che il tuo libro ha ricevuto anche l'apprezzamento della senatrice Monica Cirinnà ed è stato ben accolto da pubblico e critica. Mi chiedevo se da parte cattolica hai ricevuto apprezzamenti o rifiuti?
«Colgo l'occasione per ringraziare ancora una volta la senatrice Cirinnà per le parole di apprezzamento alla mia opera. Devo dire che è una persona davvero sensibile, e soprattutto dotata di grande empatia. Per quanto riguarda l'ambito cattolico io vedo spesso dei muri nonostante i vari appelli al dialogo pronunciati da Papa Francesco. Ci tengo a precisare che non appartengono a nessuna chiesa, e di conseguenza non frequentando alcuna comunità sono escluso in automatico dai vari dibattiti su omofobia e femminicidio. Già in passato per via di alcuni miei libri sono stato estromesso da lavori che erano offerti da strutture religiose, ed ho patito varie forme discriminatorie a causa della mia non appartenenza a nessuna fede preposta al culto. Ho tentato anni fa di parlare con l'arcivescovo della mia città ma non mi ha accordato alcun appuntamento. Chiaramente sono disponibile ad un confronto con le strutture cattoliche ma dubito che ciò accadrà»
7) Quali sono secondo te i metodi per combattere i numerosi casi di femminicidio e di aggressione omofoba nel nostro paese? E a cosa è dovuta tanta intolleranza e furia omicida?
«È evidente che il nostro paese porta avanti un sistema discriminatorio frutto di una cultura prettamente machista. Una subcultura abbastanza diffusa che deve essere estirpata alla radice. Goleman parla di alfabetizzazione emotiva da iniziare fin da ragazzi ed è proprio quello che nella nostra società manca. Non possiamo restare con le mani in mano e non colmare questo vuoto culturale. Da questo dipende il futuro delle nuove generazioni. Nessuno può possedere nessuno, tantomeno la vita della persona che dichiariamo d'amare. L'amore vero libera dalle catene e non distrugge la vita della persona amata. Stesso discorso per l'omofobia. Si combatte con la violenza ciò che non si comprende con la ragione e la cultura. L'ignoranza genera paranoie e nemici inesistenti. Purtroppo in Italia non esiste ancora una legge per combattere il femminicidio e l'omofobia. Senza una cultura dell'accoglienza e del rispetto reciproco la discriminazione e l'ineguaglianza troverà piena cittadinanza. A tal proposito ho apprezzato il toccante messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella diffuso in occasione della giornata mondiale contro l'omofobia. Per ringraziarlo gli ho inviato in dono una copia del mio libro»
8) Nel libro analizzi alcune canzoni straniere e italiane, mi chiedevo se poi qualche artista italiano si è fatto vivo con te, magari per ringraziarti o per altro?
«Purtroppo no. Ho contattato molti artisti italiani da me citati ma non ho ricevuto alcun segnale. Ho scritto diverse mail ed ho tentato anche tramite i social ma nulla. In fondo ci sono abituato. Ho notato molti messaggi visualizzati a cui però non è mai seguito alcun riscontro. In Italia i 'famosi' ti scrivono solo se vai in Tv e diventi anche tu un fenomeno televisivo. Ma va bene così. Non ho scritto il libro per essere ringraziato da loro, ma per incentivare una lotta attiva al femminicidio e l'omofobia. Ed è questa la mia priorità»
Giuseppe Scano
(Compagni di strada il 12/06/2017)
Il libro Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne è in vendita su Amazon
venerdì 9 giugno 2017
Carmen Consoli in concerto al Teatro Greco Romano di Catania
Il Teatro Greco Romano di Catania ha ospitato ieri sera il primo dei tre concerti (8-9-10 giugno) della nuova tournée estiva di Carmen Consoli Eco di sirene. La cantantessa sale sul palco vestita di bianco e inizia a cantare A finestra, un brano in dialetto catanese contenuto in Elettra (2009) chiaro omaggio a Rosa Balistreri. Dal medesimo album esegue i brani: Mio zio e Mandaci una cartolina dedicata alla scomparsa del padre. Durante il live Carmen Consoli alterna momenti con solo chitarra e voce, ad altri con i solisti del Teatro Massimo Bellini. Un momento di rara intensità è stato proprio l'omaggio a Joni Mitchell, una delle artiste più importanti nel panorama musicale internazionale. Sono trascorsi vent'anni dall'album d'esordio di Carmen, e da quel giorno il suo pubblico ha imparato a conoscere e a rispettare oltre la sua musica anche la sua riservatezza. Carmen Consoli è una delle poche cantautrici ad aver svecchiato il sound italiano con un modo di cantare personalissimo. Il suo debutto rock si è trasformato con gli anni in una ricerca raffinata di suoni e arrangiamenti di qualità. Non dimentichiamo l'album Eva contro Eva del 2006 in cui la cantautrice inglobava sonorità etniche (Madre terra). Consoli è una musicista impegnata nel sociale, e infatti con le sue canzoni ha denunciato diverse piaghe sociali: femminicidio, omofobia, stupri etc.
Chi ha l'abitudine di tornare ai concerti di Carmen avrà sicuramente notato la palpabile emozione della cantantessa. Tale emozione mi ha riportato alla memoria i primi concerti di Consoli e la visibile felicità di cantare per la sua "raggiante Catania" (In Bianco e nero). Ricordo il primo concerto di Carmen a cui ho assistito, e si teneva al porto di Catania insieme ai Negrita, Niccolò Fabi, Casino Royale per la manifestazione Estate catanese ideata da Franco Battiato. Era il 23 luglio del 1997 e a quei tempi non esistevano ancora smartphone e iPad per immortalare tali momenti. Questi ricordi vivono semplicemente custoditi nella memoria.
Ieri sera Carmen Consoli ha ricordato ironicamente il momento dell'esclusione sanremese con il pezzo Confusa e felice diventato poi un vero brano cult. Dalla raccolta Per niente stanca ha eseguito AAA cercasi , canzone che denuncia un degrado morale sempre più dilagante. Infine, non potevano mancare i classici come Venere, Parole di burro, L'ultimo bacio fino a L'abitudine di tornare del suo ottavo e per adesso ultimo album in studio (2015).
Dopo il concerto mi sono recato dietro le quinte e ho incontrato Carmen Consoli per donarle una copia del mio libro I cantautori e la filosofia in cui cito una sua canzone. Con la sua proverbiale gentilezza e umiltà ha dimostrato ancora una volta di essere una vera artista senza smanie da diva.
In definitiva un concerto emozionante che inaugura la stagione di spettacoli del Teatro Greco Romano in concomitanza con gli eventi curati dal Teatro Massimo Bellini. Un'occasione per godere della magia di un luogo storico di rara bellezza restituito al pubblico.
Cristian Porcino
® Riproduzione riservata
Chi ha l'abitudine di tornare ai concerti di Carmen avrà sicuramente notato la palpabile emozione della cantantessa. Tale emozione mi ha riportato alla memoria i primi concerti di Consoli e la visibile felicità di cantare per la sua "raggiante Catania" (In Bianco e nero). Ricordo il primo concerto di Carmen a cui ho assistito, e si teneva al porto di Catania insieme ai Negrita, Niccolò Fabi, Casino Royale per la manifestazione Estate catanese ideata da Franco Battiato. Era il 23 luglio del 1997 e a quei tempi non esistevano ancora smartphone e iPad per immortalare tali momenti. Questi ricordi vivono semplicemente custoditi nella memoria.
Ieri sera Carmen Consoli ha ricordato ironicamente il momento dell'esclusione sanremese con il pezzo Confusa e felice diventato poi un vero brano cult. Dalla raccolta Per niente stanca ha eseguito AAA cercasi , canzone che denuncia un degrado morale sempre più dilagante. Infine, non potevano mancare i classici come Venere, Parole di burro, L'ultimo bacio fino a L'abitudine di tornare del suo ottavo e per adesso ultimo album in studio (2015).
Dopo il concerto mi sono recato dietro le quinte e ho incontrato Carmen Consoli per donarle una copia del mio libro I cantautori e la filosofia in cui cito una sua canzone. Con la sua proverbiale gentilezza e umiltà ha dimostrato ancora una volta di essere una vera artista senza smanie da diva.
In definitiva un concerto emozionante che inaugura la stagione di spettacoli del Teatro Greco Romano in concomitanza con gli eventi curati dal Teatro Massimo Bellini. Un'occasione per godere della magia di un luogo storico di rara bellezza restituito al pubblico.
Cristian Porcino
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giovedì 8 giugno 2017
L'elzeviro del filosofo impertinente
Anni fa mi occupai della sessualità dei supereroi. Il libro che conteneva tale saggio non uscì mai in Italia ma fu pubblicato da un editore americano. In alcune librerie newyorkesi circola ancora qualche copia usata del suddetto volume. In quel breve saggio ragionavo in merito alla sessualità di Superman, Batman, Spiderman etc., evidenziandone le numerose contraddizioni. Proprio in questi giorni debutta al cinema il film dedicato alla prima supereroina degna di nota: Wonder Woman. Chi è nato negli anni'80 non può non ricordare il telefilm trasmesso da italia uno con una splendida Lynda Carter nei panni di Wonder Woman. Il film uscito il 1 giugno è già record di incassi al botteghino. La pellicola è diretta da una brava regista, Patty Jenkins (Monster) e la protagonista è interpretata dall'attrice israeliana Gal Gadot (ex soldatessa). Per quanto mi riguarda non andrò a vederlo ma tale interesse generale merita una piccola riflessione. È bene ricordare che Wonder Woman è una creazione di William Moulton Marston, psicologo e fumettista. Egli aveva conosciuto le vere eroine del femminismo come Emmeline Pankhurst e Margaret Sanger e decise di ispirarsi a loro per dare vita ad un personaggio in grado di rappresentare il girl power. Fu così che nel 1941 ideò Diana, una guerriera amazzone nata nell'isola di Themyscira. Tale eroina DC Comics per un determinato periodo di tempo ricoprì un ruolo non secondario, ma negli ultimi anni quasi nessuno si rammentava più di questa interessante figura mitologica. Eppure proprio l'anno scorso l'Onu aveva scelto Wonder Woman per rappresentare i diritti delle donne. Questa scelta di nominarla ambasciatrice provocò disordini e proteste e si raccolsero più di 40 mila firme per bocciare tale idea. Una delle tante motivazioni fu proprio quella legata alla rappresentazione stereotipata della figura femminile. Non possiamo negare che le intenzioni dell'autore erano ben diverse, ma è evidente che Marston ha attribuito alla sua eroina caratteri ben precisi. La Nostra protagonista fu ritratta in abiti succinti, in linea con lo stile delle pin up degli anni' 40. A questo vorrei però obiettare che nei supereroi il fattore sessuale è da sempre presente. Guardate la tuta di Batman degli ultimi film e noterete la meticolosa attenzione con cui si mettono in mostra sia i pettorali dell'eroe sia i gioielli di famiglia di Bruce Wayne. E Superman e Captain America? Identico discorso. Per non parlare degli attori, dei veri sex symbol, chiamati ad interpretare tali personaggi. Dunque il sessismo non riguarda solo Wonder Woman alias Diana Prince, ma anche i suoi colleghi maschi. Le loro figure sono tipicamente caratterizzate e su questo non si discute. Il sesso dei supereroi affascina e mobilita l'attenzione del grande pubblico. L'industria del porno ha attinto a piene mani dai supereroi per realizzare parodie hard con attori in costume. In verità il modo di fare l'amore dei supereroi affascina e allo stesso tempo disorienta il pubblico. Esistono anche soggetti che prediligono fare sesso con il/la proprio/a partner mascherati da supereroi. Nonostante questo rimane ancora un mistero la ginnica sessuale di Clark Kent-Superman ma poco importa. I supereroi si prendono cosi come sono stati creati. Senza ma e senza se. Dopotutto chi vorrebbe mai avere una relazione con un supereroe o una supereroina? Sai che gioia dividerli con il mondo intero! Meglio una noiosissima e stabile relazione fra esseri ordinari ma reali. Non trovate? Se non mi credete ascoltate la bellissima canzone dei Coldplay e The Chainsmokers Something just like this e capirete il senso di ciò che dico.
Cristian Porcino
® Riproduzione riservata
domenica 4 giugno 2017
Quelle strane occasioni… - A proposito di “Chiedi di lui 2.0”
Sfogliando il bello e ricco libro di Daniela Tuscano e Cristian A. Porcino Ferrara su Renato Zero si capisce quanto la fine degli anni ’70 sia stata importante. Noi, giovanissimi ai tempi, non ce ne rendevamo conto, ma quello fu forse l’ultimo strascico della contestazione. Gli scontri all’interno della famiglia erano diretti, spesso aspri. Seguire un personaggio come Zero era in un certo senso un atto “politico”. Senza la seriosità di partiti e movimenti ma sensibili a tutti gli stimoli di novità che provenivano dal mondo della cultura popolare, visiva e musicale. Renato li rappresentava totalmente e non era impresa facile: all’epoca, tutti i cantautori erano al massimo dell’inventiva e ogni disco era più bello dell’altro. Ma Renato era un mondo a parte, un mondo dove il privato, come scrive Daniela, diventava davvero politico, o forse sociale, comunque rivoluzionario. Una rivoluzione incruenta e colorata ma ugualmente potente. E qui sorge anche un rammarico. Proseguendo nella lettura, e avvicinandoci agli anni più recenti (il volume è infatti diviso in due parti, diverse ma complementari), si ha quasi la sensazione di trovarsi di fronte a un altro artista, con un’altra storia. Fino a un certo punto, e anche in tal caso il percorso è reso molto bene da Cristian, si poteva parlare di maturità ed evoluzione: ma a partire soprattutto dalle ultime prove è chiara l’impressione di una svolta netta in una dimensione più decisamente nazionalpopolare e conservatrice. Mentre in principio queste componenti erano equamente dosate, d’un tratto sono diventate predominanti al punto quasi da “trasformare” il personaggio. In tal senso appare molto interessante il capitolo in cui si analizza il rapporto tra Zero e la comunità Lgbt. Il rammarico è dovuto proprio al confronto tra le potenzialità dimostrate da Zero e le successive scelte. Insomma ci si domanda a quali risultati avrebbe potuto approdare un artista unico come lui se avesse continuato sulla strada del glam-rock e della sperimentazione piuttosto che adagiarsi su un repertorio simil-classico (come dimostra l’ultimo, controverso “Zerovskji”) e temi rassicuranti per il grande pubblico. Quest’ultima opzione si è rivelata sicuramente più fruttuosa in termini di popolarità ma dal punto di vista musicale mi sorge il dubbio si sia persa, o ridimensionata, un’occasione unica, soprattutto in Italia dove il discorso artistico appariva così prevedibile e stantio. I due autori non propongono tesi preconcette, lasciano aperte tante domande e questo per me è un altro grande vantaggio. Lo scopo dei libri è infatti quello di stimolare degli interrogativi, non di imporre la propria visione come una verità assoluta. Forse la parola “fine” sul cantautore Zero è destinata a rimanere aperta, a suscitare tanto interesse e qualche rimpianto.
Carlo Giordano
giovedì 1 giugno 2017
L'elzeviro del filosofo impertinente
Iniziamo con una semplice domanda: perché i preti vanno spesso in TV a parlare di sesso?
In ogni programma dedicato all'amore o alla morale sessuale indovinate un po' chi c'è sempre a farfugliare qualcosa? Naturalmente un chierico di santa madre Chiesa! Non solo ciarlano in TV, ma scrivono perfino libri su come vivere una sana e santa sessualità. Ma vi rendete conto? Per statuto sono uomini celibi che fanno voto di castità e poi diventano, tutto ad un tratto, esperti di sessualità!? A me i conti non tornano, non so a voi. Non dimentichiamo che il giovane arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla scrisse nel 1960 un'opera filosofica dal titolo: Amore e responsabilità. Morale sessuale e vita interpersonale. La filosofa e amica di Wojtyla, Anna Teresa Tymieniecka disse: "Ciò che ha scritto (Wojtyla ndr) sull'amore e sul sesso dimostra la sua scarsa conoscenza del tema. Mi sembrava che fosse evidente che non sapeva di cosa stava parlando". Come può un sacerdote sapere quali dinamiche intercorrono tra due innamorati che vivono e sperimentano le gioie del sesso? E non dimentichiamo che la CEI di Ruini-Bagnasco e i papi non smettono mai di ricordarci l'importanza della famiglia e dei figli. Ma se sono così ossessionati dalla famiglia perché non ne hanno creata una tutta loro? Ufficialmente non sono padri carnali ma si fanno chiamare in tal modo per trattarci come figli ed esercitare la loro autorità. A me sembra paradossale questo atteggiamento. Qui non si tratta di essere credenti, agnostici, atei o anticlericali ma di seguire semplicemente la logica. Io non sono padre e d'ora in avanti mi dedicherò a scrivere testi, e a tenere convegni sulla paternità e la gestione dei figli. Sono sicuro che se lo facessi mi sentirei ridicolo e insignificante. Come posso parlare con cognizione di causa di un argomento che non padroneggio?! È arrivato il momento per il Vaticano di occuparsi di fede e non di morale sessuale. Papa Bergoglio è l'unico pontefice a non manifestare quell'ossessione tanto cara ai suoi predecessori per la vita sessuale dei suoi fedeli. Infatti, i più conservatori lo attaccano per questo motivo. Non gli perdonano il suo continuo concentrarsi sul Vangelo e non su argomenti che non spetta a un prete giudicare. Bergoglio ricorda incessantemente ai credenti cristiani che dichiararsi tali significa mettere davvero in pratica le parole di Gesù. Forse questi soggetti trovano imperdonabile un papa che si dedica a portare avanti l'insegnamento evangelico ed è per questo che tentano di scalfire la sua autorità senza alcun successo. Un motivo in più per stimare umanamente questo papa. Lui va avanti per la sua strada senza prestare attenzione a certi individui. Naturalmente io non lo vedo con gli occhi della fede che non ho, e dunque non lo percepisco come "il dolce Cristo in terra" (vedi Santa Caterina da Siena), ma solo come un uomo di pace (e non è mica poco!). Per caso vi siete dimenticati che con Joseph Ratzinger si finiva sempre a parlare di famiglia composta da uomo e donna, il valore dei figli e via discorrendo? Come si dice a Napoli "Dalle 'e dalle se scassano pure e' metalle". Io non dimentico che per la giornata della pace 2013 il papa emerito Benedetto XVI scrisse che le unioni gay erano un vero attentato alla pace! Due persone che si amano metterebbero a repentaglio la pace nel mondo?!!! Io rimango basito e non aggiungo nulla, ma vi consiglio vivamente di leggere le opinioni del teologo Hans Küng sul pontificato ratzingeriano. Nei vari talk show quando si parla di divorzi, anticoncezionali, unioni civili ci trovo sempre un prete, mentre se l'argomento trattato è la pedofilia, la corruzione nessuno, e sottolineo nessuno, si sogna di invitare un sacerdote in trasmissione. Ma se il loro abito li autorizza a parlare di sesso perché non di frode bancarie, ingerenza e tanti altri argomenti? Non si può essere tuttologi a convenienza. Io trovo molto più preoccupante dei chierici che blaterano di sessualità i fedeli che credono ciecamente alle loro parole. Non li sfiora mai il dubbio che quelle frasi non andrebbero prese per oro colato? Se parlano di fede sono delle vere autorità, ma quando parlano d'altro la loro opinione vale quanto la vostra. La loro competenza però non sempre è dimostrata se pensiamo al commento fuori luogo pronunciato da quel vescovo italiano all'indomani della strage di Manchester. Costui ha definito i bambini e gli adolescenti uccisi per mano dei terroristi in tal modo: "Figli miei, siete morti così, quasi senza ragioni come avevate vissuto. Pregherò per voi". Che orrore !!!!
Quando leggiamo certe invettive ricordiamoci che se la gente si allontana sempre più dalla religione è per persone così.
Ovviamente ognuno di noi è libero di scegliere autonomamente a chi e a cosa prestare attenzione. Io certamente non ho tempo da perdere con certi tuttologi dalla doppia morale che vivacchiano nei salotti televisivi.
"L'intelligenza non ha valletti, si serve da sé" (Aldo Busi).
Cristian Porcino
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