Pier Paolo Pasolini diceva: “Quando la gente non capisce, fabbrica scaffali.”E in effetti, aveva ragione.Capire è un esercizio faticoso. Richiede ascolto, empatia, tempo — e soprattutto la disponibilità a mettere in discussione sé stessi.Giudicare, invece, è un gesto istintivo, quasi consolatorio: non richiede alcuna fatica e, sui social, “rende” anche di più.Viviamo in un’epoca in cui l’opinione è diventata moneta di scambio e il pensiero critico un lusso per pochi. Si reagisce, si etichetta, si scomunica: tutto in nome di un’inconsapevole ansia di appartenenza.Vai a spiegare, allora, ai professionisti del nulla — i de-pensanti di mestiere — che il “Gender” e la “cultura Woke” non esistono come spauracchi ideologici, ma come caricature costruite per alimentare paura e clic.Heidegger diceva: “Il nulla nulleggia.”E oggi quel nulla prende forma nel linguaggio dell’odio, somministrato quotidianamente sotto forma di pregiudizio, sarcasmo e violenza verbale.Un nulla che parla tanto, ma non dice nulla.E intanto, uccide la possibilità stessa di capire. Ben diceva Umberto Eco quando sosteneva: "Avere un nemico è cruciale per definire l'identità di un gruppo, misurare il proprio sistema di valori, dimostrare il proprio valore nell'affrontarlo e rafforzare la coesione sociale. Quando un nemico reale manca, viene costruito per soddisfare questa esigenza".E così, mentre siamo impegnati a costruire il nemico, gli scaffali si riempiono, uccidendo la possibilità stessa di capire.©️ Cristian A. Porcino Ferrara
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