lunedì 4 maggio 2009

“Alberto Bevilacqua e l’ossessione dell’Eros”


Alberto Bevilacqua è stato uno degli scrittori italiani più bravi; ma col tempo questa sua verve letteraria è andata scemando, fino a ridursi nell'esercizio dattilografico di una patetica sequela di ricordi senili, e di una vita sessuale non più consumabile. Quando l’oggetto del desiderio diventa opprimente e ossessivo nella propria psiche; ecco affidarsi a ricordi di una gioventù disinvolta o per dirla con un verso criptico dei “Bastard Sons of Dioniso” quando si era “ buggerati dalla propria baldanza”.
Se le cose vanno così, forse è meglio sfogarsi, magari scrivendo l’ennesimo libro sull’Eros. Dopo una interminabile serie di libri, sicuramente commoventi, e dedicati alla madre scomparsa (Un cuore magico, Lettera alla madre sulla felicità, Tu che mi ascolti) fu poi la volta di scrivere del padre che non lo ha mai amato (Lui che ti tradiva). Nel 1994 Bevilacqua pubblicò un saggio notevole dal titolo “L’Eros”. Adesso a distanza di parecchi anni (15 per l’esattezza) pubblica un seguito “L’Eros II” e sempre con Mondadori. Una vecchia canzone di Charles Aznavour diceva : “com’è triste Venezia”. In questo caso direi come è triste la letteratura se si riduce ad un eterno ritorno per bissare il successo del libro degni anni’90. Tutta la produzione letteraria di Bevilacqua è stata incentrata sul rapporto fra anima e involucro carnale, pulsione sessuale e amore infinito del corpo femminile. Quindi che bisogno c’era di pubblicare un libro sul rapporto per altro già più volte affrontato, metabolizzato e ridefecato sull’Eros come lo intende lo scrittore parmigiano?!. Ricordo che quando Alberto Bevilacqua pubblicò per i tipi de i “corti di carta” del corsera “Il prete peccatore” , ho per qualche attimo intravisto il luccichio dei tempi andati. Certi scrittori farebbero meglio, forse, a non produrre più nulla di “nuovo” per non compromettere una certa credibilità acquisita negli anni.


Cristian Porcino