martedì 18 novembre 2025

Dalla Scuola Siciliana a Amuri Luci di Carmen Consoli: un viaggio nella lingua che racconta la Sicilia

 


(ARS Istruzione Misterbianco) 
Un progetto interdisciplinare tra Storia, Civica, Letteratura, Geografia e Pari Opportunità

C’è un filo sottile, luminoso, che collega la Sicilia del XIII secolo ai suoni contemporanei della musica italiana. Un filo fatto di parole, di dialetti, di storia e di poesia. È lungo questo filo che si sviluppa il progetto educativo che ho portato in classe: un viaggio attraverso le radici della lingua siciliana, dalla Scuola siciliana medievale all’album Amuri Luci di Carmen Consoli. Un percorso che ha coinvolto discipline diverse — Storia, Letteratura, Geografia e Pari Opportunità — per raccontare agli studenti non solo una lingua, ma un’identità. Tutto parte alla corte di Federico II di Svevia, tra il 1230 e il 1266, dove nasce la prima scuola poetica italiana: la Scuola siciliana. Una poesia raffinata, cortese, innovativa. Così innovativa che Dante la riconoscerà come fondamento della tradizione italiana. È qui che il dialetto, per la prima volta nella storia letteraria della penisola, diventa lingua di poesia colta. Per rendere il percorso più vicino agli studenti, ho portato in classe l’ultimo album di Carmen Consoli, Amuri Luci, un’opera che restituisce al siciliano tutta la sua potenza sonora, emotiva e culturale.

Ogni brano è una finestra su epoche diverse: - Qual sete voi? si collega alla poesia medievale di Nina da Messina. - Mamma tedesca e Parru cu tia dialogano con le parole del poeta Ignazio Buttitta. - La terra di Hamdis (cantata in coppia con Mahmood) mette in scena l’esilio del poeta arabo-siciliano Ibn Hamdis.

Altri brani intrecciano latino, greco, mito e memoria moderna. L’album diventa così un laboratorio linguistico, storico e poetico. Durante il progetto è emerso un aspetto che merita attenzione: i pregiudizi ancora oggi diffusi sul dialetto siciliano. Un’allieva, con molta sincerità, mi ha detto: > “Io il siciliano non lo parlo. I miei genitori me lo vietano.” Un’affermazione che racconta un fenomeno silenzioso ma diffuso: l’idea che il dialetto sia sinonimo di poca istruzione, scadente qualità linguistica, arretratezza. Un’idea che affonda le sue radici in decenni di stigmatizzazione culturale. Eppure, la storia ci dice l’esatto contrario: il siciliano è la prima lingua poetica d’Italia, lingua colta, lingua d’arte, lingua che ha influenzato Dante.

Recuperare questa consapevolezza significa contrastare questi pregiudizi e restituire al dialetto la dignità che merita. Per molti studenti, questo percorso è stato la prima occasione per vedere la propria lingua familiare trattata con rispetto, competenza e valore culturale. Il lavoro in classe ha intrecciato: ( Letteratura) Dalla lirica cortese medievale ai poeti arabo-siciliani, fino a Buttitta e alle poetesse del Novecento. ( Storia ed educazione civica) Sicilia come terra di dominazioni e scambi: le culture che l’hanno attraversata rivivono nelle canzoni. (Geografia) La posizione della Sicilia nel Mediterraneo spiega la ricchezza linguistica dell’isola: rotte, incontri, migrazioni. (Pari Opportunità) Valorizzazione delle voci femminili escluse dalla tradizione ufficiale (Nina da Messina, Graziosa Casella) e riconoscimento del dialetto come forma legittima di identità culturale.

Questo progetto mostra agli studenti che le lingue non sono tutte uguali nella percezione sociale, ma lo sono nel loro valore culturale ed espressivo.
Capire che il siciliano — e qualunque dialetto — non è “scadente”, ma profondamente ricco, significa aprire la strada a una nuova consapevolezza:
la diversità linguistica è una ricchezza, non un limite.
In definitiva un viaggio che restituisce al siciliano la sua dignità storica e poetica, unendo passato e presente, identità e musica, cultura e consapevolezza.

©️ Cristian A. Porcino Ferrara