
Sono assolutamente favorevole allo stop al rinnovo della carta d’identità per gli over 70. È una misura di buon senso: evita burocrazia inutile e riconosce che, a una certa età, la persona resta ben riconoscibile anche senza aggiornare un documento ogni dieci anni.
Ma allora mi chiedo: perché limitarla solo a chi ha superato una soglia anagrafica?
La mia identità resta la stessa, a meno che non decida io stesso di modificarla — nel nome, nel genere, o in altri elementi che fanno parte della mia autodeterminazione. Ma in assenza di cambiamenti volontari, perché lo Stato mi obbliga a riaffermare, a intervalli regolari, che sono ancora io?
La carta d’identità non è una patente. Non certifica abilità o requisiti soggetti a variazioni nel tempo, ma un fatto stabile: chi sono.
E se la mia identità anagrafica non cambia, il rinnovo non ha senso. È una formalità che serve più al sistema che al cittadino, più alla macchina amministrativa che alla realtà.
Abolire del tutto il rinnovo — mantenendo, certo, la possibilità di aggiornarla su richiesta o in caso di variazioni effettive — sarebbe un passo verso una burocrazia più intelligente, più digitale e più rispettosa del principio di identità personale.
In fondo, io sono io fin dalla nascita: non serve un timbro nuovo ogni dieci anni per ricordarlo.
©️ Cristian A. Porcino Ferrara