martedì 25 agosto 2009

“In nome di Dio. La morte di papa Luciani” di David Yallop




“In nome di Dio. La morte di papa Luciani” di David Yallop per Tullio Pironti Editore è un’ agghiacciante inchiesta sulla misteriosa scomparsa di Giovanni Paolo I. Da quando questo libro fu pubblicato per la prima volta nel 1987 ha venduto fino ad oggi più di dieci milioni di copie in tutto il mondo. Sono trascorsi 31 anni da quando Albino Luciani (nato il 17 ottobre 1912 - morto 28 settembre 1978) regnò come pontefice della chiesa cattolica per soli 33 giorni. Un pontificato breve ma intenso. Yallop ha ricostruito i probabili moventi che hanno spinto determinati individui ad assassinare Luciani. In un certo qual modo Dan Brown deve essersi ispirato a questi tragici fatti per scrivere il suo “Angeli e Demoni”; a volte si sa che la realtà supera di gran lunga la fantasia. Luciani era l’uomo della speranza cristiana, l’uomo che avrebbe portato il cattolicesimo romano verso una direzione in linea con lo spirito evangelico e lontano dalla corruzione finanziaria e dalla perdizione morale. In qualche modo nessuno di noi può escludere dalla proprie possibilità l’ipotesi che chi di dovere sentendosi fortemente minacciato dalle idee rivoluzionarie di papa Luciani, sarebbe stato pronto a perpetrare un omicidio! Io non so come andarono realmente i fatti, ma quanto scritto da Yallop non può essere ignorato e ridotto ad una semplice congettura fantasiosa. “In nome di Dio” è un libro ben documentato e soprattutto ricco di particolari e di testimonianze. Grazie a Yallop Albino Luciani ha avuto un po’ di quella giustizia che in vita gli è stata negata. Senza fare inutili parallelismi, chi crede e professa il proprio culto potrebbe scorgere, probabilmente, nella profezia contenuta nel terzo segreto di Fatima che il papa ucciso sia proprio Albino Luciani: “E vedemmo in una luce immensa che è Dio: 'qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti un Vescovo vestito di Bianco 'abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire su una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregare per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi d'arma da fuoco e frecce “. Forse il Vaticano ha esitato a lungo se renderlo noto o meno al mondo, per timore di riaprire vecchie piaghe mai rimarginate. Obiettivo primario era forse far dimenticare al più presto Albino ai fedeli; se pensiamo che nelle grotte vaticane quasi nessuno si sofferma sulla sua tomba o vi depone un fiore. Il sorriso e l’insegnamento di Luciani non è destinato a scomparire ma rifulge immensamente, rischiarando le coscienze degli uomini. In definitiva consiglio vivamente di leggere quest’opera ad ogni persona, credente o meno, affinché si confronti con l’altra faccia del cattolicesimo vaticano.



Cristian Porcino

venerdì 7 agosto 2009

“Il fuoco segreto” di Stratford Caldecott


Il saggio di Stratford Caldecott (Edizioni Lindau) ricerca, trova delle analogie e delle reminescenze cattoliche nella celebre opera “Il Signore degli anelli” di J. R. R. Tolkien. Come diceva il filosofo Karl Popper : “Chi cerca conferme le trova sempre”. Personalmente a me non piace che si tenti di sviscerare un’opera fantastica come quella inventata da Tolkien, e soprattutto non impazzisco di gioia nell’apprendere che dietro il mistero dell’anello si possa celare il dogmatismo cattolico. Non basta lasciarsi guidare dal fatto che l’autore de “Il Signore degli anelli” era un fervente cattolico, per confutare la tesi secondo la quale Elbereth, Galadriel, etc., sono delle immagini che rimandano al culto della Madonna. Pur riconoscendo larghi meriti all’analisi meticolosa e raffinata condotta da Caldecott, devo confessare che questo libro sembra essere un’apologia del cattolicesimo. Caldecott in certi momenti descrive inconsapevolmente Tolkien come un uomo bigotto, moralista e puritano.
Uno scrittore come Tolkien grande studioso medievista, cultore e inventore di antiche lingue, non può essere ridotto ad un semplice esecutore materiale di una storia che deriva esclusivamente dal proprio culto personale. Non nego che all’interno della trama vi siano dei rimandi spirituali ben precisi ma non vedo il motivo per cui cristianizzare i personaggi di una fiaba che non necessitavano di certo di una rilettura in chiave mistica o religiosa. L’opera de “Il signore degli anelli” appartiene all’immaginario collettivo di milioni di persone che hanno, anche loro, fantasticato a lungo sulla genesi creativa di quei protagonisti. Molto interessante invece l’accostamento dell’archetipo studiato da Jung e descritto da Caldecott. Continuando in tale direzione, si pubblicheranno analisi di Harry Potter in chiave cristiana o musulmana. Lasciamo in pace la fantasia degli scrittori. “Il fuoco segreto” ricorda per certi versi il saggio dell’autrice Christin Ditchfield “ Una guida per la famiglia alle cronache di Narnia”. Entrambi gli autori sono pervasi da un fremito di esaltazione eccessiva della propria fede che si riverbera anche là dove non dovrebbe esistere. La laicità di uno scrittore e di una storia è di fondamentale speranza per la cultura dell’essere umano. “Il signore degli anelli” non è un’opera neopagana né cristiana; è semplicemente una storia che vive nel cuore e nelle fantasie dei suoi lettori indipendentemente dalla fede di chi la ascolta e di chi a suo tempo ebbe la “sacra” intuizione di evocarla e metterla per iscritto. Non cerchiamo pertanto di dissipare le nubi misteriche che avviluppano le figure che animano le fiabe e le favole; altrimenti finiremo con l’uccidere la genialità. “La memoria non può appagare i desideri del cuore. Essa è solo uno specchio”. Desidero infine segnalare l’ottima traduzione dall’inglese di Diana Mengo.




Cristian Porcino

sabato 1 agosto 2009

“Il mio corpo in nove parti” di Raymond Federman


Il mio corpo in nove parti” di Raymond Federman per La Lepre Edizioni è un ironico quanto suggestivo viaggio all’interno del corpo dell’autore. Federman esamina alcune parti del suo corpo come: capelli, naso, dita dei piedi, voce, lingua, pene, molare, orecchie, occhi, mani e cicatrici. Spesso dimentichiamo il rapporto confidenziale che ci lega al nostro involucro carnale. Nell’antichità il corpo umano è stato vessato e umiliato da religioni e tradizioni che lo ritenevano il sepolcro dell’anima. Diceva Sant’Agostino: “Questo corpo di morte non appartiene a me; è un carcere dove sto per un po' di tempo…Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo”. Eppure senza la nostra realtà materiale e oggettiva noi non potemmo spingerci nella vita di tutti i giorni. Federman dialoga con i suoi capelli così come con il suo naso perché è conscio che essi fanno parte di sé. Hanno vissuto i nostri stessi momenti e questo a testimonianza che niente del nostro corpo è inutile. L’autore incede nei ricordi che lo hanno accompagnato rivelando oltre la vena malinconica; una senilità che avanza. Questo nostro corpo che spesso è additato come causa di peccati o di misfatti è lo stesso che la religione cristiana cattolica glorifica quando innalza agli onori degli altari i propri beati e santi. L’esposizione dei corpi dei servi di Dio potrebbe forse stare a significare che anche il loro contributo corporeo è degno di nota; altrimenti perché autorizzare la vendita; o peggio ancora incoraggiare l’adorazione della effige di una persona defunta?! Carmelo Bene disse: “Il corpo implora il ritorno all’inorganico. Nel frattempo non si nega nulla. […] È tutta la vita che tolgo di scena il burattino, l’incubo d’un pezzo di legno che ci si ostina a voler farcire con carne marcia. Precipitare nell’umano - che parola schifosa - questa è la disavventura. Gli anatomisti gridano al miracolo quando parlano del corpo umano. Ma quale miracolo?! Un’accozzaglia orrenda, inutilmente complicata, piena di imperfezioni e di cose che si guastano”. Certo Federman ha una visione meno cruda del corpo umano, ma molto più romantica e appassionante. “Il mio corpo in nove parti” è un libro che restituisce dignità alla corporeità di ogni essere umano.
Da leggere.


Cristian Porcino

martedì 28 luglio 2009

“It’s your song” di Rody Mirri


“It’s your song” di Rody Mirri per Vannini Editrice racconta la storia d’amore tra Gianni Versace e Antonio D’Amico.
Il 15 luglio 1997 Gianni Versace veniva barbaramente assassinato davanti alla sua villa di Miami. Le indagini troppo frettolose e approssimative dissero che ad uccidere il noto stilista era stato un giovane prostituto di nome Andrew Phililip Cunanan trovato subito dopo morto perché, a quanto pare, si tolse la vita. “It’s your song” non ricostruisce le ore che precedettero la vita di Gianni ma racconta l’appassionate quanto travolgente love story fra due uomini che per ben quindici anni seppero costruire giorno dopo giorno una realtà che non sempre veniva ben vista e tollerata dalla gente. Rody Mirri attraverso un registro narrativo molto coinvolgente riesce a mettere per iscritto i pensieri di Antonio D’Amico; il quale si confessa a cuore aperto all’autore del libro. Attraverso la sua lettura riusciamo a comprendere la genialità di un artista della moda come Gianni Versace che riusciva a trasporre nella sua attività tutta la sua curiosità riguardo la cultura classica e il mondo delle arti figurative. Antonio D’Amico non fu solo il compagno di Gianni ma lavorò a stretto contatto con lui arricchendolo di nuovi e significativi imput. In questi anni di vita insieme Antonio e Gianni avevano costruito una fitta rete di amicizie con personalità del jet set quali: Phil Collins, Lady Diana, Elisabeth Taylor, Elton John, ecc. Un tocco di amarezza pervade il lettore quando si apprende che dopo la morte di Versace la famiglia dello stilista ha cercato in ogni modo di sconoscere il grande sentimento che Antonio e Gianni avevano condiviso. Ignorato e ostracizzato, D’Amico si sentì tagliato fuori dal mondo; le conoscenze vip si erano diradate dopo la morte di Gianni. A restargli accanto solo e soltanto un vero amico come Elton John. Elton non poteva accettare che Antonio diventasse preda della depressione. Difatti il titolo del libro è un chiaro omaggio ad una delle più belle canzoni di Elton “Your song”. D’Amico ha sempre dimostrato al mondo il proprio attaccamento a Gianni e non al suo impero economico. Eppure durante il funerale nel duomo di Milano assieme a Elton John, Lady D., Sting e i fratelli; il sacerdote non nominò mai il nome di Antonio affranto nel suo dolore. Tutti erano distrutti e meritavano le parole di conforto di santa madre chiesa meno che D’Amico. Questa è di norma la carità professata dalla chiesa. Gianni era stato uno dei primi personaggi pubblici ad ufficializzare la sua omosessualità, vivendo alla luce del sole la sua storia con Antonio. Secondo il pensiero ottuso degli alti prelati, ad un omosessuale non deve essere concesso l’affetto e la stima che invece la chiesa cattolica elargisce in abbondanza a mafiosi, dittatori, e alle categorie più abbiette di persone. Fortunatamente adesso Antonio D’Amico ha trovato la sua strada nel mondo della pittura e gli auguro sentitamente che possa ritornare a vivere una vita intensa; perché se la merita tutta.
“It’s your song” è un libro da leggere assolutamente.


Cristian Porcino

venerdì 24 luglio 2009

Presto in libreria "Tributo a Michael Jackson" di Cristian Porcino



Sta per uscire in libreria "Tributo a Michael Jackson" per le Edizioni Libreria Croce.
“Tributo a Michael Jackson” di Cristian Porcino è una ricostruzione, attraverso varie testimonianze di chi gli era vicino, dei suoi ultimi giorni di vita e delle motivazioni che hanno portato alla morte improvvisa il Re del Pop mondiale. All’interno del testo, ricco di documenti, è riportato in originale il suo testamento, ancora molto discusso da amici e parenti. Poi il racconto finale di una fan italiana che l’ha seguito per il mondo e l’ha personalmente incontrato.Il mistero della scomparsa di Jackson e un’analisi della storia musicale del personaggio Jacko, amato da milioni di fan su tutto il globo, arricchiscono il lavoro di Cristian Porcino che già si è cimentato nell’analisi critica di vari artisti internazionali della musica pop.
96 pagine
€ 13, 00
Codice Isbn: 978-88-64020-43-3

mercoledì 22 luglio 2009

Frank McCourt e il suo “Ehi, Prof!”


Lo scrittore Frank McCourt si è spento all’età di 78 anni a causa di un male incurabile. McCourt autore americano ma di origini irlandesi aveva pubblicato “Le ceneri di Angela” nel 1997 e per il quale nello stesso anno vinse il premio Pulitzer . Tutte le opere di McCourt sono edite in Italia da Adelphi. Nel 2000 aveva pubblicato “Che paese l’America”, mentre nel 2005 aveva dato alle stampe il romanzo “Ehi, Prof!”. Vorrei proprio ricordarlo con questo testo che per me è stato fonte di ispirazione. Ho sempre voluto fare l’insegnante e leggere le avventure del professore McCourt per le scuole di Brooklyn, Manhattan e Staten Island nei suoi tre decenni di carriera è stata una bellissima esperienza. Così McCourt ricorda quegli anni: “dovrebbero dare una medaglia a chi scampa a un’infanzia infelice e poi finisce a fare l’insegnante, e io dovrei essere il primo a riceverla […] Nei miei trent’anni di insegnamento nelle scuole superiori di New York nessuno tranne i miei alunni mi ha mai degnato di un briciolo d’attenzione. Fuori dalla scuola ero invisibile. Poi ho scritto un libro sulla mia infanzia e sono diventato il mick più richiesto del momento ( a noi irlandesi ci chiamano così)”. La tipologia di scrittura di McCourt era immediata, senza fronzoli e senza piaggerie. La storia delle “Ceneri di Angela” è dura e toccante; tanto che il regista Alan Parker ne trasse un film omonimo molto suggestivo. Così in “Ehi, Prof” si rimane avviluppati in una fitta rete di emozioni che ogni aspirante docente dovrebbe comprendere. Proprio adesso che l’insegnamento nel nostro paese non è nelle priorità di nessun governo politico, bisognerebbe ritornare a rileggere uno dei romanzi più toccanti sul mondo della scuola e sul rapporto tra professori e discenti. Perché è proprio dalle aule delle scuole che i nostri figli, i nostri nipoti usciranno con o senza ideali e progetti per il futuro. È un nostro dovere tutelare la scuola e di conseguenza la cultura.


Cristian Porcino

martedì 21 luglio 2009

“Bibbia e Corano” di Giuseppe La Torre


“Bibbia e Corano. Due mondi sotto un unico cielo” di Giuseppe La Torre per Claudiana Edizioni è un eccellente saggio scritto per porre rimedio ai pregiudizi e luoghi comuni da sempre presenti tra cristiani e musulmani. Giuseppe La Torre pastore valdese e docente di storia delle religioni presso il liceo di Lugano compie una impresa assai ardua cercando di analizzare i libri sacri delle tre religioni monoteiste. Le riflessioni di La Torre non sono mai di parte, ma anzi l'autore riesce ogni qual volta, a evidenziare gli attriti dogmatici e culturali provocati da entrambe le confessioni religiose.
“ Ciò che effettivamente manca sono i contatti tra cristiani e musulmani, tra stranieri e autoctoni, per abbattere pregiudizi e stereotipi nella volontà di creare un clima di coesistenza serena. Gli equivoci e le incomprensioni possono sorgere dall’impressionante quantità di parole e concetti che cristiani e musulmani hanno in comune, pur non avendo la stessa importanza e lo stesso significato nei due rispettivi sistemi religiosi”.
Per i cristiani il libro sacro assume una rilevanza che trova realizzazione e compimento nell’incarnazione di Dio in Gesù. L’incipit del vangelo di Giovanni dice infatti che” in principio era il verbo, e il verbo era presso dio, e il verbo era dio ”. Ma la Parola creatrice entra nella storia degli uomini divenendo, a sua volta, uomo. Questo concetto eterno si fa parola viva nonché persona. Per i musulmani il Corano non può essere considerato uno dei libri sacri, ma l’unico modo per adorare Allah.
Certamente da parte cattolica, nonostante le aperture post conciliari, il dialogo ha subito spesso dei bruschi arresti. Pensiamo alla Dominus Jesus pubblicata nel 2000 e scritta da Joseph Ratzinger ora papa Benedetto XVI. Nella suddetta dichiarazione ogni religione veniva tollerata ma in dirittura d’arrivo si affermava che solo e soltanto i cristiani sarebbero andati in paradiso, per il resto del mondo: dannazione eterna. Ammiro molto il modo di affrontare gli argomenti dei pastori valdesi che non sono interessati a fare proselitismo, ma sono mossi da uno spirito di verità. Difficilmente ciò è riscontrabile nei libri di teologi e cardinali. Il guaio degli scrittori cattolici e dei prelati nonché dei pontefici è il rivolgersi principalmente alle persone appartenenti al proprio credo; nessuno slancio particolare di ecumenismo. Ricordo ancora la bellezza della “Pacem in terris”, enciclica di papa Giovanni XXIII che rimane tutt’oggi il più grande esempio di vera e sincera comunicazione con il mondo intero. Difatti la suddetta enciclica si rivolgeva “a tutti gli uomini di buona volontà”. In definitiva consiglio vivamente la lettura di questo libro ad ogni persona che voglia approfondire il dialogo interculturale e interreligioso con il mondo islamico.


Cristian Porcino