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lunedì 5 marzo 2012
“Dalla e Zero due miti musicali analizzati nel libro di Cristian Porcino”
di: Daniela Tuscano
Scrittore, "filosofo impertinente" - come si autodefinisce - e talento eclettico, Cristian ha dato alle stampe in questi giorni il suo primo romanzo, "Un'altra vita". Per Fabio Croce, nel 2008, ha pubblicato "I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero". Ne approfittiamo per chiacchierare di due sue grandi passioni, Renato e Lucio Dalla.
«Quando ti sei imbattuto nell'artista Zero?»
- Nel 1991, anno della sua prima apparizione sanremese. “Spalle al muro” fu un brano che mi colpì in maniera non indifferente. Era il primo artista a portare una ventata d’ aria fresca in un clima in cui la canzonetta d’amore aveva il predominio assoluto. Una riflessione sulla senescenza che avanza fu un tocco di rara genialità. Da lì in poi iniziai ad ascoltare ogni suo album e così crebbe il mio interesse nei confronti della sua musica. Non ci sono brani che preferisco di più di lui perché adoro tutte le sue canzoni. Per citarne solamente una posso dire che sono profondamente legato a “Siamo eroi”.
«Quali temi, secondo te, ha affrontato meglio?»
- Renato ha saputo trattare nelle sue canzoni ogni genere di argomento. Oggi si fa un grande abuso della parola poeta ma Renato è il poeta dell’animo umano, un cantore neorealista della società contemporanea. Ha descritto con veridicità e talvolta con crudeltà le nostre fragilità e disillusioni. Solamente un talento unico come il suo poteva fare ciò.
«In questi giorni siamo tutti profondamente turbati per l'improvvisa scomparsa di Lucio Dalla. Sappiamo che nel tuo libro hai parlato anche di lui. Che effetto ti ha fatto la notizia della sua morte?»
- La scomparsa di Lucio mi ha profondamente colpito, era uno dei miei artisti preferiti. Io e Dalla ci siamo incontrati un paio di volte. La prima diversi anni fa, al concerto di Samuele Bersani. All’epoca ero poco più che un adolescente. Lui si sedette accanto a me e parlammo un po’. Mi chiese cosa facevo e quali erano le mie aspettative per il futuro. Gli rivelai che mi piaceva scrivere e che avevo composto dei testi per delle canzoni. Mi domandò se li avevo lì con me ma non avevo nulla, purtroppo. Per me era un mito, in casa ascoltavo (e continuo a farlo ancora oggi) i suoi straordinari dischi, eppure lui aveva un modo così spontaneo e contagioso di parlare. Diversi anni dopo lo incontrai in sala stampa per la presentazione del concerto allo stadio di Catania e gli accennai qualcosa sul mio progetto che, qualche anno dopo, sarebbe poi diventato il libro sui cantautori da te menzionato. Avevo solo pochi minuti e parlammo principalmente del suo cd “Lucio” che era appena uscito. Fu sempre cortese e gentile, disponibile come pochi. Un artista indimenticabile e geniale.
«Lucio si è sempre professato credente. Renato pure. Quali analogie e differenze trovi nella loro poetica?»
- Renato Zero e Lucio Dalla sono accomunati dall’educazione religiosa di stampo cattolico ricevuta sin dall’infanzia. Nel tempo però Lucio si è accostato al tema del divino con una certa curiosità, inquietudine e una sana irriverenza. In una canzone contenuta in “Angoli del cielo” Dalla si chiede chi muove il mondo e chi si cela dietro questo gran mistero che chiamiamo vita. La canzone “Henna” è un inno alla sapienza e all’opera di Francesco d’Assisi e il suo essere credente e praticante non lo ha mai portato a sposare in toto e pubblicamente le posizione vaticane. La sua professione di fede l’ha sempre vissuta con religioso silenzio. Per Dalla, la Chiesa è la comunità di persone che rendono quei mattoni un gruppo di persone vive. Renato invece, soprattutto negli ultimi anni, ha dimostrato un attaccamento visibile alla parte dogmatica e liturgica della Chiesa cattolica. Pensiamo all’omaggio a papa Wojtyla a cui ha dedicato il suo album “Il Dono”. In “Potrebbe essere Dio” Renato descrive un Dio totalmente coinvolto nel suo creato, mentre Dalla, pur credendo, ha sempre lasciato una porta spalancata verso l’ignoto, che non può essere risolto da nessun credo, tralasciando quindi le immagini propriamente ereditate dal retaggio clericale; pensiamo ad esempio all’angelo che piscerebbe sulla testa degli avari ed edonisti e guerrafondai: “se io fossi un angelo, non starei mai nelle processioni, nelle scatole dei presepi, starei seduto fumando una Marlboro al dolce fresco delle siepi... sarei un buon angelo, parlerei con Dio, gli ubbidirei amandolo a modo mio gli parlerei a modo mio e gli direi "Cosa vuoi tu da me tu" "I potenti che mascalzoni e tu cosa fai li perdoni" ...ma allora sbagli anche tu" ma poi non parlerei più...”.
Sia Lucio sia Renato hanno innovato il modo di scrivere canzoni e avuto un’ottima maestra di vita, la strada. Questa palestra di vita li accomuna e li rende speciali ed unici.
Pubblicata su "ZEROlandia" il 04/03/2012
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