domenica 5 luglio 2009

“L’entrata di Cristo a Bruxelles” di Amélie Nothomb


“L’entrata di Cristo a Bruxelles” di Amélie Nothomb per Voland Edizioni include due novelle surreali e filosofiche sul significato dell’amore e dell’esistenza umana. La scrittrice nata a Kobe nel 1967 si trasferì durante l’adolescenza in Belgio dove si laureò in filologia. La Nothomb è una delle autrici più originali e interessanti degli ultimi anni. Il titolo del testo e del primo racconto è chiaramente riferito all’omonimo quadro del pittore belga James Ensor datato 1888. Come nella pittura di Ensor la Nothomb dipinge una realtà mistificata da una società sempre più massificata e spersonalizzante. I sentimenti vengono svenduti attraverso la sfrontata esibizione pubblica di ciò che forse dovrebbe riguardare il privato dell’individuo. La storia di Salvator colpisce perché il suo amore per Zoe lo spingerà a superare l’egotismo sfrenato e assassino che lo ha accompagnato in gioventù: “Non c’è amore più grande di quello edificato sulle macerie di un crimine inconfessato…”. Nella seconda novella “Senza nome” la Nothomb analizza con grande attenzione il ruolo della televisione nella vita dell’uomo contemporaneo. Lo aveva già fatto in passato nel romanzo “Acido solforico” argomentando del suo disprezzo per i reality show che possono scatenare l’umana ferocia, e gi istinti più bassi dei protagonisti; e lo continua ancora a ribadire in questo racconto sulla «eudaimonia» (εὐδαιμονία) dell’individuo. Le due novelle inquietanti e dannatamente affascinanti, sembrano essere dei miti filosofici, delle parabole esistenziali che devono trasmettere al lettore il sentore di vuoto e di inutilità che genera in noi la mancanza di autostima nelle nostre potenzialità. La lettura del presente volume è utile per riflettere sul significato più vero e autentico del nostro «essere» qui sulla terra. Una lettura assolutamente consigliata alle nuove generazioni.


Cristian Porcino