domenica 16 maggio 2010

“Un uomo solo” di Christopher Isherwood


“A single man” di Christopher Isherwood (Adelphi ) rappresenta un piccolo capolavoro della letteratura mondiale. La costruzione dei dialoghi, il linguaggio forbito, rendono questo libro un romanzo imperdibile. Pubblicato per la prima volta nel 1964 e per anni riposto ingiustamente nel dimenticatoio, è ritornato alla ribalta grazie all’omonimo film di Tom Ford interpretato da Colin Firth e Julianne Moore. “Un uomo solo” racconta la storia di George, un professore universitario alle prese con un conformismo e una ipocrisia di facciata dell’ americano medio. Il cinismo che George sembra riservare ad ogni creatura umana, in verità non è altro che una lezione sulla natura delle cose e sulla volubilità dell' uomo. Consideriamo, ad esempio, la descrizione dei pensieri che attraversano il protagonista quando visita in ospedale Doris. In tutto il racconto il tema dell’omosessualità è trattato con assoluta intelligenza. La sessualità di un individuo, così come quella di un personaggio di fantasia, non dovrebbe essere il perno su cui costruire una storia. Infatti Isherwood non si piega a certi espedienti di bassa lega. La storia di Jim e George è narrata come qualsiasi altra relazione amorosa. Niente particolari osceni per deliziare le menti più bigotte ed esigenti. Dietro i sorrisi e le smorfie di questo professore inglese si cela il senso di impotenza, dinanzi all’assoluta certezza che l’esperienza accumulata negli anni, attraverso la vita reale e la lettura dei libri, non lo ha reso certamente più saggio ma semmai sempre più “stupido” difronte ai misteri inconcepibili della morte. La morte di ogni individuo azzera il proprio percorso su questa terra; dopo la scomparsa di Jim nulla è più lo stesso per George. Guardare indietro nel tentativo di modificare il corso delle cose è una prova inutile e dolorosa. Infatti proprio come dice il nostro protagonista all’amica Charley “il passato è finito. Cercano tutti di convincersi che non è vero, ti portano a vedere i musei. Ma questo non è il passato. E tu il passato non lo ritroverai, né in Inghilterra né altrove”. Da segnalare l’ottima traduzione di Dario Villa.

Cristian Porcino