giovedì 3 marzo 2011

"La pena di morte che non deve farci pena"


Recensione a “Sulla pena di morte. Da Beccaria ad oggi” ed. Boopen, 2010 di Cristian Porcino

Ci piace tanto come scrive Cristian Porcino. Acuto come pochi, sa scandagliare fino ai dettagli l’universo mediatico come nel suo bel “Tributo a Michael Jackson“ (Croce editore 2009). Sa cogliere i nessi sottili che collegano i cantautori alla filosofia e ci fa capire che Tenco e De Andrè non sono meno poeti di Leopardi e di Pascoli. Perché la musica popolare, quella che noi Italiani chiamiamo canzone, è nobile come la poesia lirica. La canzone del resto è poesia in musica e deriva dal melodramma.
Porcino oggi ha cambiato il terreno della propria esplorazione, rischiando molto, come ogni volta che si cambia partner. Del resto la voglia di cambiamento è segno di curiosità intellettuale. Abituati ai suoi titoli mediatici come “I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero”, ci stupisce un po’ un titolo austero come l’ultimo suo edito “Sulla pena di morte. Da Beccaria ad oggi” (Boopen, 2010). Il tema del libro sembra più adatto a un uomo di legge o a un politico. Porcino, invece, lo legge con piglio filosofico – giornalistico che ha tutta la freschezza di un dialogo con le massime autorità del pensiero, senza mai cadere nell’aggressività del talk – show. Porcino sa essere acutamente popolare, senza mai cadere nel populismo. Sa riflettere su un tema piuttosto trito come quello della pena di morte, accendendo il fanale dell’etica, senza scivolare nel vizio diffuso che è quello della sua volgare spettacolarizzazione. L’ultima frontiera dell’inquisizione che un tempo metteva sulla pubblica piazza i colpevoli e oggi vende a un pubblico di guardoni l’orrore del parente omicida o del pedofilo incallito.
Questo libro ha il merito di essere critico, senza essere di parte. Facile sarebbe cadere nella demagogia sia di destra che di sinistra. Ma Porcino evita questa trappola, facendoci riflettere, senza mai farci arrabbiare. E’ il dono dei buoni libri, un invito a fare a meno degli stereotipi televisivi che servono solo ad accrescere il carisma di un leader.

Riccardo Di Salvo - Claudio Marchese


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