Nella giornata di ieri, durante una lezione di Storia, ho parlato alle mie allieve del Concilio Vaticano II. Mentre ne illustravo il significato storico, mi hanno rivolto domande che mi hanno profondamente colpito:«Come può un evento religioso riguardare tutti?»«In che modo il cattolicesimo influenza ancora oggi la vita dei laici?»Domande sincere, disarmanti, che mi hanno spinto a guardarmi dentro.Ricordo che, da ragazzo, leggevo con fervore ogni documento ufficiale del Papa. Non so bene perché lo facessi; forse, in quelle parole solenni, cercavo una legittimazione alla mia esistenza. Chi ha letto il mio libro Sulle tracce dell’altrove conosce quella mia antica inquietudine: un bisogno di approvazione che non trovava mai risposta.Crescere, per me, ha significato liberarmi da un senso di colpa che la religione aveva inciso in profondità. Non è stato facile, ma alla fine ci sono riuscito.Come il prigioniero del mito di Platone, ho visto la luce e ho spezzato le catene.In quel chiarore, ho intravisto uno spiraglio nelle parole di Papa Francesco – un’eco di universalità simile a quella della Pacem in terris di Giovanni XXIII. In quei rari momenti, la voce della Chiesa sembrava rivolgersi a ogni essere umano, non solo ai credenti. Ho sempre desiderato che un pontefice spezzasse le catene della propria “caverna” fatta di dogmi e divieti, dirigendosi con coraggio verso la luce. Ma so che è, e probabilmente resterà, un’utopia.La Chiesa dice di voler parlare all’umanità di oggi, ma resta ferma nelle sue posizioni, spesso sconfessate dalla razionalità e dallo spirito scientifico. I suoi portavoce promettono di aggiornarsi, di rompere con la tradizione millenaria che la contraddistingue; in realtà, però, compiono solo piccoli e timidi passi.La Chiesa non accetta il cambiamento e preferisce restare ai margini della società, senza incidere veramente.E così la società cambia, evolve, e costringe il Vaticano ad adeguarsi a un contesto che ormai lo rigetta perché percepito come fuori tempo.Da filosofo e da non credente, continuo a percepire l’invadenza della religione nella vita quotidiana. Ogni volta che la fede tenta di imporsi come regola comune, sento il dovere di alzare le barricate — non per ribellione sterile, ma per difendere la libertà di ciascuno. Nessuno dovrebbe vivere schiacciato da un credo che pretende di definire la misura dell’esistenza.Il Concilio II si proponeva di parlare a tutti, ma oggi la Chiesa, a differenza del protestantesimo, sembra rivolgersi esclusivamente ai fedeli, ignorando l’emorragia di cattolici in tutto il mondo.Forse, come sosteneva Nietzsche, «le persone non accettano la verità perché non vogliono che la loro illusione venga distrutta».©️ Cristian A. Porcino Ferrara