domenica 9 aprile 2017

Chiedi di lui... e di me! Quando un libro è "terapeutico"

Riceviamo e pubblichiamo volentieri una mail di F.T.

“Cari Daniela e Cristian.
Scrivo questa missiva per ringraziarvi del meraviglioso libro che arriva in un momento decisamente importante e doloroso della mia vita.
Mi firmo Francesco, anche se non è il mio vero nome, ho 30 anni e sono iscritto al gruppo Zerolandia.
Leggendo il vostro testo ho trovato molti spunti di riflessione che trovo in linea con il mio percorso attuale e passato.
Il collegamento fra me e voi scaturisce ovviamente da un amore comune, quello per Renato Zero, protagonista del vostro "romanzo verità" socio-culturale (non so se si dica così ma mi piace). Trovo molto affascinante l'intreccio tra l'arte zerica e il contesto di eventi e fatti storici della nostra Italia.
Zero per me, come per molti altri/e, è stato rifugio, libertà, orgoglio, e anche bandiera di quella voglia forte di essere se stessi. Quando, leggendovi, trovo richiami a canzoni come "Un altro pianeta", "L'altra sponda" e "Quello che non ho detto", per non parlare degli aneddoti, dichiarazioni e informazioni contenuti nella prima parte del volume, è inevitabile sentirsi direttamente coinvolti.
In questi primi trent'anni di vita, infatti, avevo tenuto celata una parte di me: oggi comincio a uscire alla luce del sole cosciente di essere finalmente io, omosessuale.
E Renato ha cantato noi, i nostri dolori nell'affrontare l'accettazione del mondo e di noi stessi. Lo ha fatto con la voce, con le parole e anche con la sua estetica.
Quel ragazzino che circa 18 anni fa lo vide per la prima volta in concerto, vide la speranza di poter essere un giorno libero come lui. Oggi ci sono, sto ri-nascendo, finalmente io, aperto al volo di fronte al mondo.
Ultimamente però Renato su questo tema ha fatto confusione, creato dissapori e non chiarezza. E' vero che l'artista non deve essere bandiera né tantomeno obbligatoriamente uscire allo scoperto, e per molto tempo ho sorvolato sulle recenti contraddizioni anche quando erano molto esplicite e somigliavano a rinnegamenti. Però lo scorso anno lo vidi a Sanremo, quel Sanremo così colorato per i nostri diritti, in un momento in cui soffrivo molto perché avevo iniziato un percorso di verità, e da Renato aspettavo parole forti e decise visto il suo personaggio. Sentirlo farfugliare di carrelli della spesa, capannelle di Betlemme, famiglie alla Mulino Bianco (difatti lo hanno applaudito molte pagine omofobe che in teoria dovrebbero essergli lontane anni luce) ha lasciato offeso e deluso me come tanti altri che attendevano Renato dalla parte dell'amore. Un artista del suo calibro veicola pensieri e messaggi ad un grande pubblico. Usando la parola "alieni", Zero ha per l'ennesima volta schiaffeggiato tutti i gay che per anni si sono rifugiati in lui, che è stato libertà ma oggi, a 66 anni suonati, non riesce nemmeno ad usare serenamente la parola "omosessuale" nemmeno se non parla di sé (e in questo caso prende le distanze spesso in modo sdegnato, come se l'omosessualità fosse una vergogna da cui difendersi...).
Ho letto che non aveva bisogno di esprimere solidarietà perché bastava la sua storia, le sue canzoni ecc. Sarebbe così in teoria, ma ormai da anni Zero fa di tutto per cancellare, ridimensionare, dare una svolta a quella storia, facendo capire o anche dicendo chiaramente che qualsiasi associazione tra i suoi brani e certe tematiche è da escludere in partenza. Se a questo si aggiungono i fans attuali, non raramente omofobi e bigotti, il quadro è completo.
Mi chiederete: dopo oltre un anno, ancora con questa storia? E avete ragione. Ma, tutto sommato, lo devo a voi. Perché, come dicevo all'inizio, la lettura del vostro libro ha accompagnato il mio percorso di autoconsapevolezza e se da un lato mi ha fatto rivivere le antiche emozioni, coinvolgendomi anche in quei magici anni che, per motivi anagrafici, non ho potuto assaporare, dall'altro mi ha, necessariamente, spinto a riflettere con maggior lucidità sullo Zero attuale. E quelle sensazioni prima rifiutate o nascoste dietro un indefinito malessere mi sono oggi molto più chiare. E ho deciso: così, non mi sta bene. Non è questione di dichiararsi o no, è questione di rispetto per tanti estimatori che da un po' di tempo si sono distaccati. Io stesso, non mi sono perso uno spettacolo da quando ho cominciato a seguirlo ma ai prossimi concerti non ci sarò. Malgrado i roboanti annunci riguardo a Zerovskij (ma non bastava un quarantennale di Zerofobia?), non vedo spunti veramente originali ma un artista tutto compreso da se stesso, un signore imborghesito e annoiato che a volte parla di realtà forse nemmeno conosciute così bene. Insomma Zero diametralmente opposto a Renato. Ogni tanto, forse, uno scrollone non farebbe male...
Probabilmente questa mia mail non verrà mai pubblicata. So di avere divagato a lungo e me ne scuso. Ma una cosa ancora la voglio dire. Nel libro ovviamente non si parla di Zerovskij ma non è molto importante, sia per quello che ho detto sia perché avete saputo scavare a tal punto nel profondo dell'artista che non serve inserire l'ultimissima news, se ininfluente per capirlo meglio.
Nonostante tutto quindi, attraverso voi, ringrazio l'arte e la musica di Renato per avermi incoraggiato ad essere finalmente me stesso. Sempre attraverso voi sono stato catapultato nella "favola mia" che è stata anche la vostra e di tanti altri... Ma di favola si tratta e
là fuori...
"è molto dura"

F. T.