giovedì 7 dicembre 2017

“La testa nel secchio. Tenco, Paoli, Lauzi, Ciampi, Dalla” di Gian Franco Reverberi


(“La testa nel secchio. Tenco, Paoli, Lauzi, Ciampi, Dalla” di Gian Franco Reverberi, Iacobelli, pp. 189, € 14,00).

Gian Franco Reverberi, nome storico della musica italiana, scrive un’autobiografia in cui ripercorre la nascita del nostro cantautorato. Nel libro leggiamo dell’amicizia di Reverberi con Gino Paoli, della timidezza di Tenco, l’ironia pungente di Lauzi, l’intelligenza di Faber e la scoperta di un genio assoluto come Lucio Dalla. Su Dalla inizialmente nessuno voleva puntare perché secondo un direttore vendite era “brutto per piacere alle ragazzine” e con una voce da “vecchietto del west”. Come scrive nella prefazione Maurizio Becker: “Reverberi non indulge mai al mero sentimentalismo, al sentimento scivoloso della rievocazione nostalgica né tantomeno alla tentazione dell’autocelebrazione, preferendo iniettare nelle sue pagine salutari dosi di ironia, donando alla narrazione una leggerezza e una gradevolezza molto rare in questo tipo di autobiografie”.
In definitiva un libro da non perdere assolutamente.

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Cristian Porcino

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domenica 3 dicembre 2017

“Il grande libro illustrato delle Fobie” di Gianluca Bavagnoli e Andrea Q


(“Il grande libro illustrato delle Fobie” di Gianluca Bavagnoli e Andrea Q, Baldini & Castoldi, pp. 159, €18,00).

La paura fa parte della nostra vita e spesso non sappiamo dare un nome alle fobie da cui siamo affetti o che riscontriamo semplicemente nei nostri amici. Grazie a questo dizionario illustrato delle fobie umane possiamo dare un volto a determinate ossessioni che accompagnano la nostra esistenza quotidiana. Esiste la paura per i clown (coulrofobia), del vuoto (Kenofobia), della folla (demofobia) e via discorrendo. Un libro davvero affascinante che se regalato per Natale potrà aiutarci a sopportare anche la singenesofobia. Non sapete cos’è? Per scoprirlo non vi resta che addentrarvi nel libro di Gianluca Bavagnoli e Andrea Q.
“Conoscere le nostre paure è il miglior metodo per occuparsi delle paure degli altri” (C. G. Jung).
Assolutamente consigliato.

Cristian Porcino

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sabato 2 dicembre 2017

“I grandi rivoluzionari che hanno cambiato il mondo” di Francesco Marchianò


(“I grandi rivoluzionari che hanno cambiato il mondo” di Francesco Marchianò, Newton Compton, pp. 319, € 10,00).

Un tempo esistevano rivoluzionari in grado di influenzare e cambiare il corso della Storia; mentre oggi avanza e si diffonde soltanto un vuoto populismo equamente suddiviso tra il popolo e il web. Il libro di Marchianò analizza profili storici differenti che hanno contribuito alla nascita di fedi, ideologie e movimenti sociali. Da Spartaco a Gesù passando da San Francesco fino a giungere a Lenin, Gandhi e Che Guevara.
Un volume scritto con l’intento di accostare il grande pubblico alla storia e all’umanità dei singoli personaggi con un tono pop che non guasta affatto. Come sostiene l’autore: “Non sempre i rivoluzionari vincono. Talvolta, la loro è una storia di fallimenti. Ma, nel bene e nel male, lasciano sempre una cicatrice nel tempo, un segno indelebile del loro passaggio”.
In definitiva un volume assolutamente consigliato.

Cristian Porcino

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venerdì 1 dicembre 2017

“Ancora sesso, droga e calci in bocca” di Renzo Stefanel


(“Ancora sesso, droga e calci in bocca” di Renzo Stefanel, Giunti, pp. 207, € 14,90).

Il mondo del rock ha nutrito per anni le fantasie sessuali della gente, e incrementato indirettamente la nascita delle storie e leggende sulla vita privata delle più importanti rockstar di tutto il mondo. Il secondo volume di Renzo Stefanel ritorna sul luogo del delitto e svela altri retroscena legati ai protagonisti del cosiddetto rock maledetto (e non solo). Leggiamo, ad esempio, dei tradimenti di Bob Dylan ai danni di Suze Rotolo o della passione carnale di Mick Jagger per David Bowie e Brian Jones e molto altro. Scopriamo inoltre le motivazioni che portarono Cynthis Albritton a prendere il calco del pene di Jim Hendrix e l’infatuazione di Janis Joplin per un giovane Bruce Springsteen. Stefanel ritrae un periodo storico talmente incredibile da essere percepito ancora oggi come pura mitologia. Da leggere assolutamente.


Cristian Porcino

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mercoledì 29 novembre 2017

"CHIEDI DI LUI", ZERO A 360°


Se dobbiamo dare un voto da 1 a 10... 11!!! Molte sono le parti apprezzabili, in particolare (oltre naturalmente a Renato) lo spaccato dell'Italia dagli anni '70 ai giorni nostri, autorevolmente certificato sia da stralci di esperienze vissute sia da citazioni di illustri personaggi, filosofi, letterati, poeti, registi, direttori d'orchestra, politici. Certamente gli inizi del Nostro non sono stati facili, in quegli anni non era uno scherzo sdoganare la sua diversità, ma alla fine la sua perseveranza l'ha premiato. Positiva l'attenzione ai primi passi nel mondo artistico perché secondo noi i primi due album sono la sua vera carta d'identità. Di solito i biografi trattano con molta superficialità questa primissima fase della carriera di Zero o la presentano con un'ottica "edulcorata" tipica delle celebrazioni, aspetto per fortuna del tutto assente nel libro. La caratteristica principale di "Chiedi di lui" è l'equilibrio, non si cerca di imporre una tesi pur non nascondendo le proprie preferenze. E qui arrivano le dolenti note. Proprio perché siamo di fronte a una narrazione rigorosa i contrasti fra lo Zero delle origini e quello attuale emergono soprattutto nella seconda parte. Dalle pagine emerge sicuramente un Renato ambiguo, ma non sessualmente quanto negli atteggiamenti verso la religione, la politica e alcuni temi da lui all'inizio rivendicati e poi via via sempre più negati. In questo si è dimostrato contraddittorio, forse anche per convenienza. Si deve avere anche il coraggio di criticare o comunque di non nascondere l'evidenza come fanno troppi fans col paraocchi. Insomma il libro di Daniela e Cristian offre una panoramica a 360° dell'artista in cui si può ritrovare anche chi, come me (Marina), ha avuto l'occasione di frequentarlo da vicino per un lungo periodo.

Marina e Roberto

giovedì 23 novembre 2017

Una riflessione sul sessismo e la violenza di genere


Dopo l’esplosione del caso Harvey Weinstein si è scoperchiato il vaso di Pandora e il mondo si è accorto delle molestie e violenze che quotidianamente subiscono milioni di donne nel mondo. Come si evince dalla lettura del libro di Porcino la violenza sulle donne non è un fenomeno contemporaneo ma addirittura affonda le sue radici nel libro sacro di ebrei e cristiani: la Bibbia. Spesso si tenta di ignorare il retaggio culturale che sta dietro al nostro pensiero. Lo stesso linguaggio che usiamo quotidianamente violenta insistentemente la vita e la dignità delle donne. Quest’odio atavico si riscontra, per l’appunto, nelle parole e negli atti di molti maschi. Per quanto mi riguarda ho trovato molto utile la parte sul sessismo linguistico e l’analisi dei modelli di giochi stereotipati che caratterizzano l’attività ludica delle bambine. Chi ha stabilito che i maschietti devono giocare con le macchine e le femminucce con fornelli e bambolotti? Molto interessante il racconto della battaglia per l’emancipazione femminile portata avanti da Olympe de Gouges. Il libro di Cristian A. Porcino Ferrara ha molti pregi e infatti ha ricevuto anche l’autorevole apprezzamento del Presidente della Repubblica e di Monica Cirinnà. Pertanto il mio modesto consiglio è proprio quello di leggere il libro “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” e di meditare intensamente sul progetto educativo ideato dall’autore. L’educazione attiva all’affettività di genere è un passo importante da chiedere e pretendere in ogni istituto scolastico. Diceva R. W. Emerson “L’unica persona che sei destinato a diventare è quella che scegli di essere” ma non esiste consapevolezza senza conoscenza. Tocca quindi a noi uomini, a noi padri riparare i torti del passato e aiutare i nostri figli a rapportarsi in modo sano all’universo femminile, e combattere ogni forma di stereotipo e pregiudizio di stampo omofobo e misogino insito in una cultura arcaica e maschilista. Insieme possiamo farcela. Yes, we can!

Matteo La Rosa

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Il libro è in vendita su Amazon

martedì 21 novembre 2017

“Tutti i perché della scienza” di Jay Ingram


(“Tutti i perché della scienza” di Jay Ingram, Edizioni Dedalo, pp. 209, €17,00).

Il libro di Jay Ingram ci svela con una scrittura accattivante i misteri della scienza. L’autore con l’ausilio di vignette divertenti tenta di spiegare alcuni quesiti che riguardano il nostro corpo, gli animali, l’ambiente etc., il tutto senza annoiare il lettore. Ad esempio vi siete mai chiesti perché le cipolle ci fanno lacrimare gli occhi? Oppure perché le lucertole perdono la coda? Se vi interessa scoprire le risposte non vi resta che leggere il libro di Ingram.
Grazie alla sua professione di divulgatore l’autore ci accompagna lungo i sentieri della verità sfatando fake news e falsi miti legati al mondo scientifico. Per quanto mi riguarda dopo aver letto il libro mi domando ogni giorno se i miei sogni sono in technicolor o in bianco nero. In definitiva un libro adatto ai ragazzi in cerca di risposte, e ai genitori in crisi per le troppe domande dei figli. Assolutamente consigliato.

Cristian Porcino

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mercoledì 15 novembre 2017

“Napoli mia” di Luciano De Crescenzo


(“Napoli mia” di Luciano De Crescenzo, Mondadori, pp. 221, € 18,00).

A quarant’anni dalla pubblicazione di Così parlò Bellavista Luciano De Crescenzo ritorna al suo primo amore: la fotografia. Una passione nata per caso ma che fu determinante per la sua carriera di osservatore e narratore speciale. De Crescenzo dopo aver ritrovato uno scatolone colmo di fotografie scattate in giro per Napoli decide di dare un volto a quei personaggi che per tanto tempo ha descritto nei suoi libri di filosofia. Per l’occasione ha raccolto in un unico volume stralci dei suoi libri più famosi e fotografie inedite di una Napoli (e un’Italia) che non esiste più. L’autore non è convinto di ciò ed infatti sostiene che Napoli “non è una semplice città, ma uno stato d’animo”. Come sosteneva Roland Barthes: “È vero che la foto è un testimone, ma un testimone di ciò che non è più. Anche se il soggetto è sempre vivo, è un momento del soggetto quello che è stato fotografato, e quel momento non è più”.
Grazie alla proverbiale dote narrativa dello scrittore partenopeo ci immergiamo ancora una volta nell’affascinante universo decrescenziano. In definitiva un fotoracconto di una città che è da sempre nel cuore degli italiani.
“Ogni luogo del mondo avrebbe bisogno di un po’ di Napoli”.
Assolutamente consigliato.


Cristian Porcino

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martedì 7 novembre 2017

“Abracadabra” di Aldo Dalla Vecchia


(“Abracadabra” di Aldo Dalla Vecchia, Pegasus Edition, pp. 119, € 12,00).

Un delizioso volume che indaga il regno del paranormale e dell’inconoscibile attraverso venti interviste a diverse personalità del mondo dello spettacolo. Il giornalista Aldo Dalla Vecchia raccoglie in un unico volume le interviste fatte ad Albano, Mara Maionchi, Luxuria, Malgioglio, Otelma, Corinne Clery e tanti altri. In questi incontri scopriamo aspetti insoliti di alcuni protagonisti della tv. Dai relativi riti scaramantici degli intervistati ai loro rapporti con la fede, la credenza nell’aldilà, l’esistenza di forme di vita extraterrestri e tutto quello che non rientra nell’ordinario.
In definitiva una lettura in grado di stimolare una riflessione sui tanti misteri che si celano dietro le nostre esistenze. Da leggere.

Cristian Porcino

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giovedì 2 novembre 2017

Omaggio a Pier Paolo Pasolini


Quarantadue anni senza Pier Paolo Pasolini. Per ricordarlo stralci dell’intervista a Daniela Tuscano e Cristian A. Porcino Ferrara autori del libro “Chiedi di lui 2.0 Ancora un viaggio nell’universo musicale di Renato Zero”
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4) Avete dedicato molta parte della vostra opera alla relazione tra Renato e Pasolini. Non solo nella prima parte della sua carriera, come sarebbe logico supporre, ma anche nella seconda (mi sembra anzi che quella di Cristian sia più corposa). La vicinanza di Pier Paolo alla musica popolare è notoria ma perché nessuno sembra mai accorgersi delle tracce “pasoliniane” in Zero? Al limite si fa un generico accenno alle periferie romane, ma fermi lì. Mentre con De André, Giovanna Marini, De Gregori il discorso cambia notevolmente…

Cristian: «Con Pasolini ho un rapporto speciale e l’ho raccontato anche nel libro. Da ragazzino fui preso di mira da un insegnante che detestava Pier Paolo e lo considerava l’untore, il male assoluto. Nel mio lavoro precedente (“Tutta colpa del whisky” ndr) ho definito Pier Paolo un “maestro dell’esistere”. Pasolini è stato spesso trattato con snobberia, senza tener conto che la sua linfa poetica era alimentata dal popolo, dalla gente comune. In virtù di questo Pasolini può essere considerato un artista pop. Celebri le sue inchieste on the road. Per quanto riguarda Renato Zero all’inizio non fu preso in considerazione perché nelle sue canzoni raccontava le periferie esistenziali, mentre molti cantautori erano più propensi a narrare realtà sociali intrise di ideologie. Oggi però le cose sono sostanzialmente cambiate e Zero è amato e compreso dalla gente».

Daniela: «Le cose sono cambiate ma anche Zero è profondamente cambiato. E onestamente adesso non lo si può più accostare a Pasolini, nemmeno per analogia (non dimentichiamo che lui stesso ne prese le distanze in un’intervista del 2010). Un tempo, però, senza Pier Paolo sarebbe stato difficile comprendere del tutto l’opera di Renato. La scarsa considerazione nei suoi confronti non mi stupisce. La cultura italiana è spocchiosa e, di conseguenza, provinciale. Menzionare De André o Giovanna Marini è considerato un punto d’onore, citare Renato Zero no. Di qui la scarsa attenzione verso un artista che, al contrario, è stato fino a un certo punto il più vicino di tutti al mondo di Pasolini».

5) De André, Zero, Pasolini… Quali legami, quali differenze?

Cristian: «Sicuramente ci sono dei legami e non solo con il mondo pasoliniano, ma in questa sede è quasi impossibile elencarli tutti. In parte mi sono già occupato della tematica culturale nel mio libro “I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero”. Lascio dunque la parola a Daniela».

Daniela: «Fabrizio aveva un approccio decisamente più intellettuale, di testa; o meglio, aveva il cuore in testa. Renato esattamente l’opposto. Ma cito solo un esempio. Il 28 novembre scorso, coi miei studenti di Ragioneria, organizzai un incontro [fra i partecipanti lo scrittore Mattia Morretta, ndr] dedicato al poeta nel 40° della morte. Aggregammo ai brani del poeta alcune canzoni, fra cui “Casal de’ pazzi” che venne eseguita dal vivo. Un mio collega, dopo averla ascoltata, ha esclamato: “Però! Più l’ascolto e più mi piace, ha un bel testo ed è musicalmente molto elaborata”. Ma prima di quel giorno non la conosceva nessuno».

6) Posto esista, qual è il disco o il brano più pasoliniano di Renato?

Cristian: «Ma un brano o un album in particolare non saprei indicarlo. Chiaramente il Renato Zero degli esordi è più vicino al mondo pasoliniano di quanto, invece, lo sia adesso. Per carità non so se Zero abbia mai letto Pasolini, ma ne condivideva, certamente molti aspetti, anche in modo inconsapevole. “Quando non sei più di nessuno” uscito nel 1993 in un certo qual modo conteneva tracce di quell’universo lì. Infatti al suo interno si trovava “Casal de’ pazzi”. Anche “Per non essere così” è un brano che mi riporta alla mente il mondo di “Accattone”; oppure “ Pionieri” o “Marciapiedi”».

Daniela: «Nemmeno per me esiste un disco “pasoliniano” al cento per cento nella produzione di Renato. Neppure “Zerofobia”, che nella sua metropolitanità esasperata è invece il suo album meno europeo, autenticamente e visceralmente rock. Quindi ben oltre la periferia di Pier Paolo, al limite più confinante con alcuni paesaggi di Testori, che non a caso era e viveva a Milano. Purtroppo oggi l’aggettivo “pasoliniano” è abusato e finisce per significare tutto e niente: qualsiasi situazione scollacciata, qualsiasi canzone con allusioni forti (o circa) viene sbrigativamente definita “pasoliniana”, quando spesso non lo è affatto. Comunque, sono d’accordo con Cristian; forse è proprio in “Artide Antartide” che troviamo affreschi, sia pure un po’ manieristici, capaci di rievocare alcune pellicole di PPP».

Intervista pubblicata su “Eretico & Corsaro” – Marzo 2016. Il libro è in vendita su Amazon

mercoledì 1 novembre 2017

“I miei viaggi che raccontano tutta un'altra storia” di Syusy Blady


(“I miei viaggi che raccontano tutta un'altra storia” di Syusy Blady, Verdechiaro Edizioni, pp. 248, € 18,00).

L’affascinante libro di Syusy Blady mi ha riportato alla mente una canzone di Franco Battiato che fa: “Parlami dell'esistenza di mondi lontanissimi/ di civiltà sepolte di continenti alla deriva / parlami dell'amore che si fa in mezzo agli uomini / di viaggiatori anomali in territori mistici di più / seguimmo per istinto le scie delle comete come avanguardie di un altro sistema solare”. Blady in questo nuovo libro racconta i suoi viaggi intorno al mondo, e attraverso di essi ricostruisce una storia che non corrisponde propriamente a quella ufficiale. Sollecitata dalle domande di Patrizio Roversi l’autrice ripercorre in lungo e in il largo le origini del mito e i suoi significati più reconditi. In un percorso attraverso antiche civiltà e scoperte archeologiche ci troviamo coinvolti in un flusso ininterrotto di nozioni in grado di stimolare la nostra curiosità. Come ci ha insegnato Cartesio “Se vuoi diventare un vero cercatore della verità, almeno una volta nella tua vita devi dubitare, il più profondamente possibile, di tutte le cose”. In definitiva un libro assolutamente consigliato.

Cristian Porcino

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giovedì 12 ottobre 2017

"Vivere la magia delle fiabe" di Edouard Brasey e Jean-Pascal Debailleul


("Vivere la magia delle fiabe" di Edouard Brasey e Jean-Pascal Debailleul, Edizioni Il Punto d'Incontro, pp. 317, € 15,00).

Le fiabe ci mettono in contatto con il nostro io interiore e ci aiutano a decifrare i percorsi della nostra vita. All'interno di molte fiabe si possono trovare delle chiavi di lettura per intraprendere un viaggio introspettivo alla ricerca di un cambiamento esistenziale. Edouard Brasey e Jean-Pascal Debailleul analizzano diverse fiabe di fama mondiale per aiutare il lettore a comprendere il "meraviglioso" che si nasconde in noi. Scrivono gli autori: "Esiste in noi una principessa incantata che possiamo vedere solo come brutta e ripugnante: sono le nostre qualità represse e frustrate che viviamo sotto forma di vergogna, gelosia, collera, scoraggiamento, e così via. Ma se apprendiamo a vederle nello specchio delle verità delle fiabe, potremo contemplare le autentiche bellezze che risiedono dentro noi, e che piangono e si lamentano in attesa della loro liberazione".
In definitiva un volume interessante e originale per riscoprire la funzione segreta delle fiabe.
Assolutamente consigliato.


Cristian Porcino


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domenica 1 ottobre 2017

"Prendiamola con filosofia" di Ermanno Bencivenga


("Prendiamola con filosofia" di Ermanno Bencivenga, Giunti, pp. 134, € 16,00).

Il libro di Bencivenga ha l'arduo compito di suscitare nel lettore una riflessione attiva sul ruolo delle parole e delle nostre azioni quotidiane. Dopo l'attentato terroristico alla sede di Charlie Hebdo i mass media si sono interrogati sui diversi aspetti legati ai concetti di tolleranza e di libertà d’espressione. Grazie alla filosofia possiamo intavolare una discussione feconda sui diritti e doveri di ognuno di noi. Scrive Ermanno Bencivenga: "Lo sforzo che ho fatto qui va inteso come preparatorio a tali compiti, perché prima di capire, di giudicare e di correre ai ripari bisogna avere un'idea di quali siano i fattori pertinenti, se non vogliamo che la nostra comprensione sia miope, il nostro giudizio sia un pregiudizio e il nostro correre ai ripari un agitarsi vano e inconcludente".
In definitiva un saggio che ci indica alcune vie da percorrere per ritrovare il senso della nostra umanità. Assolutamente consigliato.


Cristian Porcino


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lunedì 25 settembre 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Anche i programmi televisivi possono contribuire ad accrescere il senso civico degli individui. Le rivoluzioni sociali talvolta transitano prima dai salotti catodici, e subito dopo si concretizzano in manifestazioni e cortei per ottenere il pieno riconoscimento dei propri diritti. Il talk show di Maria De Filippi Uomini e donne ha contribuito non poco a sdoganare il tema dell'omosessualità in una fascia oraria seguitissima dai giovani, ma soprattutto dai meno giovani. L'inserimento del trono gay all'interno del programma ha fatto comprendere al pubblico l'assoluta normalità dell'amore tra persone dello stesso sesso. In amore le dinamiche affettive non conoscono differenze legate all'orientamento sentimentale e sessuale delle persone coinvolte. Etero e gay amano allo stesso modo. Nel 1977 Roland Barthes, filosofo francese, ha affermato che: "ll sentimento amoroso è un sentimento unisex, come i jeans e i capelli, adesso. Ai miei occhi è molto importante (...) Penso che si ritroverà esattamente la stessa tonalità nell’uomo che ama una donna, nella donna che ama un uomo, nell’uomo che ama un uomo e nella donna che ama una donna". Maria De Filippi ha ben compreso questo principio, e difatti ha deciso di combattere il pregiudizio omofobico in TV scardinando i soliti luoghi comuni. L'omofobia si combatte anche in televisione azzerando i soliti cliché legati al mondo lgbt. Come ha dichiarato la stessa conduttrice: "Io non ho fatto il trono gay per una comunità gay risolta nella vita che non ha bisogno della De Filippi che la rappresenti, ma per tanti ragazzini che chiedevano aiuto a 'C’è posta' per dichiararsi in casa o perché discriminati a scuola. Dalla televisione conosci e impari. Io vivo in una realtà ovattata, in una città come Roma, ho tanti strumenti e fortune. In altri paesini sperduti d’Italia è più difficile spiegare e capire le cose". Ovviamente la televisione non è l'unico luogo per parlare di omofobia ma sono ben accette tutte le modalità pensate per educare un pubblico numeroso e di stampo tradizionalista. Se sai di condurre uno spettacolo seguito da milioni di persone puoi assumerti anche la responsabilità di cambiare la prospettiva di certa gente e combattere i loro stupidi pregiudizi. Una responsabilità che Maria De Filippi, a differenza di altri colleghi e colleghe, si è assunta già da diversi anni e in altri suoi programmi (pensiamo ad alcune puntate di C'è posta per te e le coreografie di Amici). Pertanto anche se non appartengo al pubblico che segue Uomini e donne mi sento di elogiare la sensibilità umana di Maria De Filippi.

Cristian Porcino

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lunedì 18 settembre 2017

La Messa Arcaica di Franco Battiato al Teatro Greco Romano di Catania


Qualche anno fa, mentre passeggiavo per le strade di New York, vidi esposto in un negozio di dischi la Messa Arcaica di Battiato. Il cd del compositore etneo era proprio accanto all'ultimo lavoro di Jordi Savall. Acquistai immediatamente la messa Arcaica per ascoltarla in un contesto urbano che apparentemente strideva con l'opera di Franco. Per immergermi ancor più nel mood dell'opera mi recai in un luogo altrettanto speciale. Indossai le cuffie e misi il cd nel riproduttore portatile e visitai la cattedrale di Saint John the Divine. Fu un'esperienza meravigliosa. Ieri sera al concerto di Franco Battiato ho provato quasi la stessa emozione. Per l'occasione il cantautore siciliano si è esibito accompagnato dal Coro e dall'orchestra del Teatro Massimo Vincenzo Bellini. Chi si trovava in quel luogo ha avvertito un flusso di energia sacra dipanarsi fra le mura del Teatro Greco Romano di Catania.

La messa Arcaica diffondeva nell'aria le sacre sinfonie del tempo. Uno scenario storico per un appuntamento memorabile. Prima dell'inizio della seconda parte è intervenuto Juri Camisasca che ha cantato, fra l'altro, Il Carmelo di Echt dedicato alla filosofa e santa cattolica Edith Stein morta nel campo di concentramento di Auschwitz. Nella seconda parte Battiato ha proposto alcune canzoni del suo repertorio mistico come L'ombra della luce, Lode all'inviolato, E ti vengo a cercare etc., per poi concludere la serata con l'attesissima La cura.

Uno spettacolo che ha rigenerato tanto lo spirito quanto il corpo dei presenti. L'evento chiude l'ottima stagione estiva allestita dal Teatro Massimo Bellini al Teatro Greco Romano. Infine Battiato si è congedato dal pubblico con un caloroso bacio inviato dal palco ai suoi numerosi ammiratori. "Pregare non è facile... e, come diceva il grande mistico, Abd Al Ǭadir, 'Di una preghiera arriva solo quello che si comprende' " (F.B).


Cristian Porcino

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mercoledì 13 settembre 2017

Franco Battiato in concerto - Messa Arcaica - domenica 17 settembre ore 21, Teatro Greco Romano di Catania

Comunicato stampa

FRANCO BATTIATO E LA SUA MESSA ARCAICA
UN GRANDE EVENTO PER CONCLUDERE LA RICCA STAGIONE ESTIVA
ALLESTITA DAL TEATRO MASSIMO BELLINI DI CATANIA AL TEATRO GRECOROMANO


Il 17 settembre, alle ore 21, al Teatro Greco Romano il compositore e cantautore etneo
eseguirà la rara "Messa Arcaica" e le sue più belle canzoni con il Coro e l’Orchestra del Teatro Massimo Bellini




CATANIA - Franco Battiato torna, per una serata eccezionale che si terrà al Teatro Greco Romano di Catania il 17 settembre alle ore 21, su una delle sue creazioni musicali più intense, la “Messa Arcaica”, alla quale abbinerà, nella seconda parte del concerto, le più belle canzoni del suo repertorio.
Battiato si esibirà insieme all'Orchestra e al Coro del Teatro Massimo Bellini. Si tratta di un atteso, autentico evento che chiude la lunga e ricca stagione estiva programmata al Teatro Greco Romano di Catania proprio dal Teatro Massimo Bellini: un cartellone aperto in giugno con le tre entusiasmanti serate di Carmen Consoli e proseguito con i concerti sinfonici e l'applaudito allestimento della "Tosca" di Puccini. Per finire con la performance del compositore e cantautore etno, che da decenni domina la scena internazionale.
Composizione per soli, coro e orchestra, “Messa Arcaica” è stata pubblicata originariamente su album nel 1994 dopo essere stata rappresentata l’anno precedente in due occasioni, un’anteprima nella Chiesa di S. Bernardino a L’Aquila e una prima ufficiale ad Assisi nella Basilica di San Francesco, in occasione della giornata mondiale della pace. Nonostante negli anni siano seguite altre rappresentazioni, “Messa Arcaica” rimane un momento molto particolare della produzione dell’artista catanese. Divisa nelle partizioni canoniche (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei), è probabilmente l’opera più tradizionale composta da Battiato, specialmente nelle parti corali e sinfoniche. Un lavoro che segnava l’approdo definitivo a una forma classica, riuscendo allo stesso tempo a conferire nella spazialità e nella cadenza il respiro di un portamento musicale aperto, rodato fin dai tempi dei dischi di ricerca degli anni ’70.
Nelle parole di Battiato “un’esperienza estremamente significativa nel mio percorso artistico”, fatta di “una ricerca costante della bellezza, dell’armonia, della fluidità delle soluzioni che si muovono all’interno di una Messa”, perché “per comunicare certi sentimenti, certe emozioni, certe opzioni del cuore, è necessario seguire strade ben definite”.

Battiato, alla voce, sarà affiancato dal mezzo soprano Carly Paoli, dal Coro e dall’Orchestra del Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania, con Gaetano Costa a guidare il Coro e il Maestro Guido Corti a dirigere l’Orchestra, ed i fidati Carlo Guaitoli e Angelo Privitera rispettivamente a pianoforte e tastiere/programmazione.
Quando è stata rappresentata per la prima volta e poi pubblicata “Messa Arcaica” arrivava a coronamento di un periodo in cui la ricerca spirituale di Battiato aveva già generato una serie di canzoni capolavoro, di grandissima intensità, ed in questo senso è consequenziale la seconda parte del concerto del 17 settembre che, introdotta dall’adattamento di Roger Quilter di Come Away, Death sulle parole di William Shakespeare, sarà dedicata ad alcune di queste canzoni, le più importanti, da "E ti vengo a cercare" e "L’oceano di silenzio" tratte da “Fisiognomica” del 1988, a "Le sacre sinfonie del Tempo" e "L’ombra della Luce" che spiccavano in “Come un cammello in una grondaia” del 1991, passando per "Sui giardini della preesistenza" e "Lode all’Inviolato" da “Caffè de la paix” del 1993, insieme a "Stati di gioia" dal più recente “Il vuoto” del 2007 e, a suggellare l’esibizione, altri classici come "Il re del mondo", "L’animale", "La cura".

La “Messa Arcaica” e il suo seguito di canzoni della serata del 17 settembre al Teatro Greco Romano di Catania sono la perfetta prosecuzione per Battiato di una serie di esibizioni che si allontanano sempre di più dalla formula del concerto canonico, veri e propri eventi come il tour con Alice dell’anno scorso o quello con la Royal Philharmonic Orchestra dell’estate che volge al termine, momenti speciali di condivisione con il pubblico da parte di un artista che ha nella ricchezza di contaminazioni ed esplorazioni le più eclettiche e multiformi la cifra caratteristica di un’attitudine umana ancora prima che artistica. Nello specifico sarà l’occasione per entrare a contatto delle zone più alte della ricerca musicale di Battiato, frutto di anni di ricerca ed elevazione spirituale.


Prevendite: www.ticketone.it / www.ctbox.it


I biglietti per la data del 17 settembre al Teatro Greco-Romano saranno presto in vendita con i seguenti prezzi:
- CAVEA SUMMA NUMERATA: € 30,00 + diritto di prevendita
- CAVEA MEDIA NUMERATA: € 50,00 + diritto di prevendita
- CAVEA IMA NUMERATA: € 60,00 + diritto di prevendita.






1^ Parte
FRANCO BATTIATO
LA MESSA ARCAICA
*per soli, coro e orchestra
Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei

Solisti

FRANCO BATTIATO
Voce

CARLY PAOLI
mezzo soprano

CORO E ORCHESTRA DEL TEATRO MASSIMO VINCENZO BELLINI

DIRETTORE DEL CORO
Gaetano Costa

DIRETTORE D’ORCHESTRA
M° Guido Corti

PIANOFORTE
Carlo Guaitoli

TASTIERE E PROGRAMMAZIONE
Angelo Privitera

2^ parte


FRANCO BATTIATO
CANZONI

FRANCO BATTIATO
Voce

DIRETTORE D’ORCHESTRA E PIANOFORTE
M° Carlo Guaitoli

TASTIERE E PROGRAMMAZIONE
Angelo Privitera

ORCHESTRA DEL TEATRO MASSIMO VINCENZO BELLINI

domenica 3 settembre 2017

"Sono tutte stronzate!" di Fabrice Midal


("Sono tutte stronzate!" di Fabrice Midal, Newton Compton, pp. 219, € 10,00).

Fabrice Midal sfata i soliti stereotipi legati alla meditazione, e ci consegna un libro che consola e fortifica. Un saggio potente che scuote il lettore e lo invita a cambiare la propria Weltanschauung. La nostra esistenza è messa a dura prova dalle convenzioni sociali che ci siamo autoimposti. Dietro atti ripetitivi abbiamo offuscato la nostra essenza.
"Meditare, in fondo, è semplicemente essere. Il fatto di fermarsi, di concedersi una pausa, di smettere di correre per rimanere presenti a se stessi, per ancorarsi al proprio corpo. Si tratta di una scuola di vita. Essere non comporta alcuna conoscenza particolare".
Midal accompagna il lettore verso un percorso di riconciliazione con se stesso. Leggere questo libro è un'esperienza entusiasmante e rigenerante. In definitiva un testo assolutamente consigliato.

Cristian Porcino

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sabato 2 settembre 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Bisogna sempre discernere l'opera dal suo creatore, e non lasciarsi mai trarre in inganno dalla creatura. Mi è capitato di entusiasmarmi per un testo che trasudava da ogni pagina sensibilità e impegno civile, ma conoscendo meglio l'autore mi sono accorto che non possedeva affatto tali doti umane. Era solo civetteria divertita, un tonitruante artificio messo in atto per emozionare il lettore. Come dicevo prima ho conosciuto l'autore e l'ho trovato volgarmente tronfio, vanitoso e superficiale. Il suo libro mi aveva trasmesso un messaggio che non corrispondeva in alcun modo alla persona che lo aveva scritto! Come si può essere al contempo Dr. Jekyll e Mr. Hyde? Io sono ciò che scrivo, e chi mi conosce sa che non sono poi così diverso dal contenuto racchiuso nei miei libri, e più in generale nei miei scritti. Mah! Si vede che appartengo ad una razza in estinzione. Esistono, purtroppo, carogne travestite da attivisti pro umanità che si danno da fare per lisciarsi il pelo davanti allo specchio. Vanesi anche durante l'atto creativo. Dunque non cadiamo nelle trappole sapientemente costruite per abbindolarci con racconti di facciata. Dopotutto, aveva ragione Amleto quando si chiedeva: "Essere o non essere, questo è il problema". Essere, infatti, è il vero problema dell'umanità! Alla prossima cari.

Cristian Porcino

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venerdì 1 settembre 2017

"Totò. Avventure di una marionetta" di Roberto Escobar


("Totò. Avventure di una marionetta" di Roberto Escobar, Il Mulino, pp. 145, € 14,00).

Su Totò si è scritto molto, e vari sono i volumi usciti anche in occasione del 50° anniversario della sua scomparsa. Fino ad oggi quasi nessuno si era cimentato in una lettura filosofica della maschera di Totò. Roberto Escobar, docente di filosofia politica, costruisce un ritratto originale del personaggio creato dal principe Antonio De Curtis. La fenomenologia di Totò, per quanto complessa e variegata, è affrontata con perizia certosina. Da sempre Luciano De Crescenzo annovera Totò tra i filosofi. Dello stesso parere è Roberto Escobar che definisce Totò come il più grande pensatore del Novecento, una sorta di "filosofo in bombetta". Escobar scrive: "Ecco qual è l'oggetto della nostra indagine: non i film ma il cinema di Totò, inteso come continuum di immagini ed emozioni. In esso, nella memoria che lo costituisce e di cui è costituito, Totò non è protagonista di storie non insegue trame narrative, non è personaggio. Se ci proviamo a definirlo, ci viene spontaneo parlarne come di un'entità in metamorfosi: un uomo-orchestra, appunto, qualcuno o meglio qualcosa che muta continuamente, e che però resta sempre la stessa cosa". In definitiva una nuova edizione di un libro che rende il giusto merito alla figura tragicomica di Totò. Da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


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venerdì 25 agosto 2017

"Il magico potere del fallimento" di Charles Pépin


("Il magico potere del fallimento" di Charles Pépin, Garzanti, pp. 180, € 15,00).

La nostra società è orientata all'esaltazione delle vittorie e degli obiettivi raggiunti, mentre scoraggia con forza la celebrazione del fallimento. Eppure solo sbagliando possiamo capire e migliorare i nostri progetti e stili di vita. Charles Pépin, filosofo francese, immerge il lettore nel potere del fallimento e dedica il volume proprio alla "sconfitta". Nel testo in oggetto l'autore esamina il percorso di vita di celebrità, artisti e statisti come Nadar, Proust, Rowling, de Gaulle, Jobs, Bowie, Prince e molti altri. Pépin scrive: "Bisognerebbe ricordare a questi ragazzi quante volte i geni, gli scienziati, ma anche gli artisti hanno commesso errori. Far loro scoprire tutto ciò che hanno compreso analizzandoli, tutto ciò che non avrebbero mai compreso se non avessero sbagliato". Il suo invito è rivolto a tutti, ma soprattutto agli studenti e al corpo docenti. La scuola ha il compito  di non punire l'errore del discente ma di elogiare il modo di sbagliare dell'allievo. Ciascuno di noi deve comprendere che non dobbiamo in alcun modo identificarci con i nostri fallimenti poiché noi non siamo quel fallimento. In definitiva un libro importante che si occupa proprio di una tematica fondamentale per il nostro esistere. Da leggere assolutamente. 

Cristian Porcino

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martedì 1 agosto 2017

L'elzevirino del filosofo impertinente


L'Anima Mundi regna incontrastata e sovrana nelle remote segrete del nostro essere. Vive dispersa in cunicoli reconditi il cui accesso è vietato anche ad un attento speleologo. L'Anima mundi è sempre là; un po' troppo spostata in avanti e un po' troppo spostata indietro. L'Anima Mundi regna nei luoghi del non essere, oltre i vincoli del tempo e dello spazio. Forse basterebbe tacere qualche istante per ritornare ad ascoltare la saggezza infinita del cosmo, e in quell'istante di transizione percepire la voce vitale dell'Anima del mondo.

Cristian Porcino

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mercoledì 26 luglio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Sono trascorsi 20 anni dalla morte di Lady D. Un lasso di tempo che ha permesso alla principessa del Galles di diventare un mito, e di cristallizzare la sua figura nell'immaginario collettivo. Diana Spencer era una donna libera che rifiutava ogni forma di pregiudizio. Era, in un certo senso, una vera outsider che ha tentato di cambiare il volto della monarchia inglese. Devo ammettere che il Regno Unito ha sempre esercitato un fascino potente sulla mia vita. Chi non ha vissuto gli anni'80 e '90 non può immaginare il carisma di Diana, e dunque non può comprenderla fino in fondo. Quando si muore nel fiore degli anni si rischia di divenire presto un santino da venerare. Diana era destinata a diventare regina d'Inghilterra in quanto consorte del primogenito di Elisabetta II, Carlo, ma il suo dramma personale non lo rese possibile. Il suo matrimonio tormentato con l'erede al trono iniziato nel 1981 si concluse ufficialmente nel 1996, e di conseguenza questo inevitabile passaggio sancì la fine del suo rapporto con la casa reale. La sua tragica morte nel Pont de l'Alma di Parigi spense per sempre il sorriso sul suo volto. Nel 1998 andai per la prima volta in Inghilterra. Per me che adoravo quel paese era un sogno che si concretizzava. Avevo girato il mondo in lungo e in largo ma il Regno Unito non lo avevo ancora visitato. Dopo aver reso omaggio a Canterbury e a Geoffrey Chaucer arrivai a Londra. Londra era il centro dei miei studi e delle mie attenzioni. Sono uno shakespeariano convinto e non potevo non visitare il Globe Theatre. Da questa città sono passati anche i miei miti musicali: I Beatles, Elton John, David Bowie, George Michael e Freddie Mercury. Lady Diana era morta soltanto un anno prima e nei nostri occhi era ancora presente la commozione suscitata dal suo funerale. Mi recai anche nel Northamptonshire per visitare il suo luogo di sepoltura, Althorp House, dimora della famiglia Spencer. Diana non aveva paura d'amare, e di esternare il suo amore incondizionato per i suoi due figli. Non nascondeva le sue fragilità e i suoi malesseri esistenziali. Era la principessa del popolo e non voleva ingannarlo. Aveva compreso che attorno alla sua figura ruotava l'attenzione dei media, e proprio per questo decise di adoperarsi per delle importanti cause umanitarie. Andò in Angola per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle mine antiuomo disseminate nei campi. Sposò la lotta all'AIDS e fu anche Madrina delle arti e patrocinò diverse cause ed eventi per raccogliere importanti donazioni in favore dei soggetti più deboli. Da poco aveva ritrovato una stabilità affettiva con Dody Al-Fayed, morto anche lui nello stesso incidente del 31 agosto del 1997 in un tunnel di Parigi. Visitai il grande magazzino Harrods e rimasi sorpreso nel vedere che il padre di Dodi, Mohammed Al-Fayed, all'epoca proprietario del negozio aveva allestito al suo interno un altare commemorativo con la foto di Diana e il figlio. Nel '98, prima di rientrare in Italia, visitai nuovamente la mia amata Parigi, ma questa volta volevo recarmi al Pont de l'Alma. Devo dire che osservando attentamente il luogo della sua morte mi sfiorarono diverse perplessità sulle dinamiche dell'incidente. Non sono un complottista ma non credo alla versione ufficiale. Ricordo la quantità immane di messaggi dedicati a Diana lasciati ai piedi della torcia che sovrasta il tunnel. La sua giovane vita si era spenta come una candela al vento, proprio come la canzone che Sir Elton John aveva cantato al suo funerale. Non voleva diventare un'icona, ma la sua morte l'ha consegnata per sempre alla leggenda. Diana era una donna sensibile in cerca di pace e spiritualità, ma era anche una madre affettuosa che seppe trasmettere ai suoi figli, William e Harry, il valore della normalità. Il loro essere principi non doveva in alcun modo distoglierli dalla consapevolezza di essere vicini al popolo e alle loro problematiche. Lei diceva: "Voglio che i miei ragazzi imparino a comprendere le emozioni delle persone, le loro insicurezze e preoccupazioni, le loro speranze e i loro sogni". A vent'anni dalla sua scomparsa mi piace ricordarla con il suo bellissimo sorriso, con i suoi limiti e i suoi pregi perché Diana era una persona reale, e non un personaggio inventato. Ha speso ogni energia per rendere la monarchia un'istituzione al passo coi tempi. In qualche modo riuscì a rendere più umana la famiglia Windsor. Se la casa reale appare molto meno ingessata lo si deve proprio alla timida maestra diventata in breve tempo la beniamina del popolo. Ma Diana capì anche che la solidarietà è un valore aggiunto da sperimentare quotidianamente nelle nostre vite.
"Fai un atto di bontà, casuale, senza aspettativa di ricompensa, e stai sicuro che un giorno qualcun altro potrebbe fare lo stesso per te" (Lady D).

Cristian Porcino

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venerdì 14 luglio 2017

Il Presidente della Repubblica ringrazia Porcino, autore del libro “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne”

Desidero ringraziare l'Illustrissimo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il dott. Simone Guerrini (Cons. Direttore dell'Ufficio di Segreteria del Presidente) per la lettera ricevuta. Nella suddetta lettera il Presidente Mattarella mi ringrazia per avergli inviato in dono il mio libro Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne.

mercoledì 12 luglio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Il 27 giugno scorso è scomparso Paolo Limiti. I teenager non lo conoscono, non seguivano certamente i suoi programmi TV, ma scommetto che canticchiano senza saperlo una delle tante canzoni scritte da Paolo. Ovviamente mi riferisco a La voce del silenzio interpretata da recente anche da Andrea Bocelli, Laura Pausini e Francesco Renga. Come dimenticare quell'incipit formidabile che fa: "Volevo stare un po’ da solo per pensare tu lo sai, e ho sentito nel silenzio una voce dentro me e tornan vive troppe cose che credevo morte ormai ….vorrei una voce".
Ho conosciuto di persona Paolo Limiti il 29 novembre del 2003 durante lo show targato Rai Torno sabato...e tre. Ricordo la sua giovialità prima della diretta. Lo chiamavano da ogni parte e lui replicava con gentilezza a tutti. Sembrava timido e riservato ma non appena si accendevano le telecamere era in grado di entrare immediatamente in sintonia con il pubblico. Era proprio nato per fare televisione. Limiti si sedette nella fila davanti alla mia per una buona mezz'ora e poi lasciò il suo posto per andarsene via o aspettare la fine dello show altrove. Paolo si intrattenne a scherzare con noi della stampa con grande cordialità e curiosità. Ho iniziato a seguire Limiti grazie a mia madre che non si perdeva i suoi programmi televisivi in cui si ripercorreva la storia della musica e del cinema. Rimanevo affascinato da quest'uomo che conosceva ogni aneddoto e curiosità sulla lavorazione di un film o i retroscena di una canzone. Quando iniziava un racconto ti teneva inchiodato alla sedia, e il suo entusiasmo finiva per contagiare anche te. Non era pedante e ti rendeva partecipe dell'evento narrato. All'università mi chiamavano Paolo Limiti perché come lui ero appassionato di cinema e di musica. Mi piaceva documentarmi e raccontare agli amici le storie che si nascondevano dietro alcuni successi. Il vero sapere si condivide e non si rinchiude in una piccola cassaforte. In fondo questo faceva Limiti con i suoi spettacoli; condivideva con il suo pubblico ciò che lo entusiasmava di più. Certo, i colleghi universitari mi chiamavano 'Paolo Limiti' con un tono ironico. Il Paolo nazionale rappresentava per loro il passato, e di conseguenza io ero percepito come un intellettuale d'altra epoca interessato a cose un po' démodé. In altre parole mi vedevano come un marziano sbarcato sulla terra. La cosa però non mi offendeva, anzi. Molte erano le affinità che mi legavano a Limiti. Come Paolo anch'io rimasi da bambino affascinato dal cinema americano, soprattutto quello di un tempo. Con i miei coetanei non potevo certo parlare di Joan Crawford, Bette Davis, Montgomery Clift, Clark Gable e altri miti del cinema. Nei suoi programmi, invece, lui dava spazio alle star di Hollywood che avevano reso grande la settima arte. Come spiegare ai più la sensazione che si prova quando ti trovi in un teatro di Broadway, e le luci si spengono e parte la musica? Oppure con quali parole definire la gioia di ascoltare la voce straordinaria di Barbra Streisand? Paolo lo sapeva e si nutriva di queste emozioni. Quante puntate dedicate alla magia di Broadway e ai musical più longevi di tutti i tempi. Ma Paolo Limiti non era solo storia e quindi ricordi, bensì si interessava alla contemporaneità tenendo ben presente che nulla può essere compreso se non si conosce il nostro passato. Più volte è stato offeso ed etichettato come un nostalgico, uno che viveva cristallizzato nel passato ma non era affatto così. Aveva mille interessi e mille talenti. Paroliere, conduttore, inventore di format televisivi e anche animalista convinto. Paolo Limiti era un vero amico degli animali e non perdeva occasione per discuterne. Nei suoi programmi inseriva rubriche quotidiane in cui affrontare le problematiche dei maltrattamenti agli animali. Paolo si prodigava attivamente per aiutare i nostri amici a quattro zampe a trovare una nuova famiglia. Aveva classe anche quando s'indignava. Ricordo che quando si arrabbiava con i criminali che maltrattavano i cani lui diceva: "Vi auguro ogni bene"! Era chiaro che il senso della frase augurata era l'opposto, ma detta in tal modo risultava ancora più efficace. Con la morte di Paolo Limiti finisce una televisione elegante, garbata, istruttiva e genuina. Desidero, infine, ricordare una massima che Paolo ripeteva spesso nei suoi show e che ho sempre apprezzato: "Ricordati di essere gentile quando sali le scale perché prima o poi dovrai scenderle anche tu".
Un caro saluto a Paolo Limiti "Uno dei pochi che conosceva quello di cui parlava" (Gene Gnocchi).

Cristian Porcino

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giovedì 6 luglio 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


In vista di un imminente trasloco ho riportato alla luce frammenti di un passato distante anni luce dalla mia memoria e personalità. Rovistando fra scatole e scatoloni ho fatto un viaggio nei ricordi. Sicuramente alcuni vissuti con coscienza e altri un po' meno. Che strana sensazione rivedere i quaderni delle elementari, i primi sussidiari, i ritagli di giornale, le riviste, i giocattoli dell'infanzia etc. Più cestinavo e più mi accorgevo che in quei contenitori non c'era più il mio presente e nemmeno il mio futuro. Io come essere umano sono cristallizzato in una dimensione temporale che possiamo chiamare adesso, ma in verità abito un nonluogo! Io sono un progetto in fieri. Una idea partorita da qualche mente sognante che non ha fatto ancora pace con la realtà. Sono stato una determinata persona, e il tempo mi ha portato inevitabilmente altrove. Rivedere quegli appunti e andare immediatamente con la memoria a quell'istante in cui scrissi tutto mi ha riportato a vedere le cose con un certo distacco. In quelle scatole ho rivisto le mille prospettive che potevo attuare. Ho provato un certo sollievo nel buttare diverse porzioni della mia vita. Ho percepito le aspettative e i sogni infranti appuntati con uno spillo sul bavero dell'anima. Crescere significa anche fare i conti con una verità tangibile. Ora comprendo la sensazione di liberarsi di quella zavorra che ti tiene ancorato al passato, e ti fa pensare a tutto ciò che poteva essere e non è mai stato. Ho vissuto forse mille vite senza essermene accorto. Chi era quel bambino che annotava le sue impressioni in quel diario? E quel ragazzo che scriveva con convinzione i propri pensieri? Chi lo sa! Di certo non io, o almeno non più.
«Scrivevo silenzi, notti, notavo l’inesprimibile, fissavo vertigini» (Arthur Rimbaud).
In un vecchio giornale ho trovato una riflessione della scrittrice Susanna Tamaro che fa al caso nostro: «Il grande dono che ci è stato dato è il libero arbitrio, cioè il poter scegliere. Scegliere vuol dire semplicemente avere due strade davanti e decidere di imboccarne una anziché l'altra. Scegliere non vuol dire anche rinunciare. Non so cosa c'era nell'altra strada, né mai lo saprò perché l'ho lasciate alle spalle e non posso più tornare indietro». È vero, non possiamo più tornare indietro, ma non possiamo nemmeno affermare che avevamo ampia facoltà di scegliere. La scelta è una iattura non un dono. Non esistono mai scelte giuste o sbagliate. Quando le hai compiute rifletti a posteriori sui benefici ricevuti o meno. Siamo liberi di scegliere tra due alternative ma nessuna di queste è realmente scevra da inganni. Ci illudiamo di scegliere, ma se a tavola hai pasta o pesce dovrai inevitabilmente optare per una delle due senza troppi ma e senza se. Io devo essere in grado di fare una vera scelta e non essere obbligato ad un bivio bloccato. Io non ho mai avuto facoltà di scegliere perché mi sono ritrovato a barcamenarmi fra l'apparire e scalfire la mia essenza, oppure autoingannarmi pensando di essere davvero libero. Come sosteneva John Stuart Mill: «La libertà di ogni individuo deve avere questo preciso limite: egli non deve essere di disturbo agli altri». Io, infatti, non ho mai disturbato gli altri ma tale principio non è stato certamente ricambiato, anzi. Ho sperimentato sulla mia pelle quanto diceva Sartre: «L’enfer, c’est les autres». All'esistenza dell'inferno post mortem non credo, ma alla gente che ti rende infernale la vita purtroppo sì! Chissà perché queste nullità che abbiamo avuto il dispiacere di conoscere emanano ancora un lezzo nauseabondo, proprio come le fogne di Calcutta, ed è proprio per questo che dobbiamo allontanarle. Questi umanotteri depensanti impestano l'aria con la loro malvagità morale e la loro puzza contagiosa, ma non dobbiamo farci contaminare da questa decomposizione interiore. Pertanto ritorno alle mie scatole, e nel frattempo solletico la mia riflessione con una canzone di Brunori Sas.
«La verità è che ti fa paura/ L'idea di scomparire/ L'idea che tutto quello a cui ti aggrappi
Prima o poi dovrà finire/ La verità è che non vuoi cambiare/ Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose a cui non credi neanche più
».

Cristian Porcino

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sabato 1 luglio 2017

L'infinito treno del capitano Zerovskij


Questa sera approda alla Stazione Terra l'infinito treno guidato dal capitano Zerovskij. Quando si viaggia in treno occorre munirsi di regolare titolo di viaggio, ma soprattutto di buone letture. Noi vi consigliamo di acquistare il libro Chiedi di lui 2.0 Ancora un viaggio nell'universo musicale di Renato Zero, e di portarlo con voi. La musica di Renato in sottofondo, e la lettura del libro vi accompagneranno dolcemente verso uno dei tour più spettacolari di sempre. Il volume è in vendita su Amazon

giovedì 29 giugno 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Giugno è il mese in cui si ricordano i moti di Stonewall e si susseguono nel mondo civilizzato le manifestazioni in sostegno del movimento Lgbt. Purtroppo in questo mese si verificano puntualmente anche episodi più o meno velati di razzismo. Personalmente mi sono occupato di tale piaga sociale nel mio ultimo libro Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne, e nonostante le numerose e importanti battaglie civili le cose sembrano, ahimè, non essere mutate. Ogni anno durante il periodo degli esami di maturità si riscontrano diversi episodi di omofobia in diverse parti d'Italia. Negli ultimi anni alcuni maturandi si sono imbattuti in commissari alquanto reticenti ad accettare e discutere tesine sulla storia dell'omosessualità e non solo. Alcuni di questi commissari si sono rifiutati perfino di ammettere opere letterarie o testi di canzoni che tratta(va)no l'argomento. Non parlo certamente di opere erotiche o di propaganda, ma di vera letteratura. Eppure le opere letterarie non hanno una sessualità e non possono essere discriminate. Tali docenti umanamente impreparati non riescono ancora oggi a comprendere l'essenza del loro lavoro e dell'intero sistema scolastico. L'omofobia interiorizzata non è meno grave di quella visibile.
La scuola è la sede adatta per affrontare questi argomenti, e gli insegnanti non possono rinunciare alla loro funzione di educatori. L'omosessualità, così come l'eterosessualità, non ha nulla di segreto o di scandaloso, e dunque non capisco tale ritrosia nel trattarla senza pregiudizi e fobie. Troppi anni di preconcetti, stereotipi e modelli catodici fuorvianti hanno forse accresciuto in questi docenti un senso di inadeguatezza e timore nell'affrontarla con la dovuta serietà. Ma nulla può giustificare tali paure prive di qualsiasi fondamento. Gli studenti devono sentirsi liberi di affrontare gli argomenti che toccano da vicino le loro giovani esistenze. Se la scuola non si adeguerà a tali istanze formative dovrà fare i conti con le informazioni distorte acquisite dai discenti attraverso chat e siti internet non qualificati. Diceva Don Milani “Quando avete buttato nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in cielo un passerotto senza ali”. Per esperienza personale posso aggiungere che all'università sperimentai anch'io una certa resistenza a trattare l'argomento omosessualità con professori allineati alle posizioni del Vaticano II (non mi riferisco certamente al concilio ecumenico ma alla visione "papacentrica" di Giovanni Paolo II). Rammento l'approfondimento del corso di filosofia morale dal titolo "Uomo e donna in famiglia" con un excursus storico tra le varie encicliche dei papi! Oppure ricordo un feroce confronto con la docente di letteratura italiana che non voleva riconoscere la straordinaria importanza dell'opera letteraria di Aldo Busi.
Per comprendere meglio il senso di certe preclusioni mentali ho intervistato alcune persone in merito al significato del termine pregiudizio. Eccovi, dunque, alcune opinioni raccolte. Simona, studentessa di psicologia, mi ha risposto: "Il pregiudizio è un meccanismo di difesa che attiviamo nel momento in cui la diversità dell'altro ci spaventa". Alina, invece, definisce il pregiudizio come "un'opinione certa ma errata su qualcuno. Per tirare avanti spesso avvertiamo il bisogno di sicurezza e consideriamo le nostre opinioni, la nostra morale come le migliori in assoluto. Così tutto quello che si discosta dal nostro punto di vista lo rigettiamo per non farci condizionare". Il signor Giovanni, benzinaio da quindici anni, afferma: "Il pregiudizio è un modo negativo per avvicinarmi al mio prossimo". Flaminia gestisce una panetteria in una zona periferica di Catania e mi dice: "Io credo che le persone gay sono esattamente come me. Non bisogna giudicare nessuno in base ai propri gusti sessuali, nazionalità o etnia. Quello che conta sono le azioni che facciamo e di certo non dipendono dalle persone che amiamo o con cui facciamo sesso".
La signora Mara è appena uscita dalla messa del mattino e alla mia domanda risponde con fare scortese facendosi un segno della croce. Evidentemente l'esempio inclusivo di Papa Francesco non ha minimamente toccato la sua fede e il suo cuore.
Le opinioni da me raccolte evidenziano che a parole manifestiamo di essere emancipati e civili, ma nei fatti persiste ancora uno zoccolo duro d'ignoranza che non ci permette di compiere un salto di qualità notevole.
Forse aveva ragione Albert Einstein quando diceva: "È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio". Pertanto mi auguro l'avvento di una società culturalmente evoluta in grado di oltrepassare gli steccati ideologici e annientare i pregiudizi e i soliti stereotipi. Dopotutto "Non bisogna farsi mai ricattare dalla stupidità altrui" (Umberto Eco).

Cristian Porcino

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giovedì 22 giugno 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Recentemente mi sono imbattuto in alcune pubblicità alquanto inquietanti. In certi noti settimanali si sponsorizza la vendita di una bambola che riproduce realisticamente le fattezze di un neonato. Per ovvi motivi non posso citare l’azienda né riprodurre l'immagine dell’oggetto in questione, ma sono lontani parenti di Cicciobello e probabilmente più eleganti. Forse questi macabri bambolotti alti circa 50 cm riusciranno a placare il desiderio di maternità e paternità insito negli umani? Cullando fra le mie braccia un pupazzo senz'anima mi potrò definire padre? Qual è allora il senso di questa stramba operazione di marketing? A quanto pare l'artista che ha realizzato tale 'creatura' intende donare ai genitori mancati la gioia di tenere fra le braccia un piccolo corpicino con lo sguardo imbambolato. Ovviamente la pubblicità ci tiene a sottolineare che il prodotto non è un giocattolo, bensì un oggetto da collezione unico, quasi raro. Non è un prodotto per bambini, ma per adulti desiderosi di figliolanza. Per carità, il bambolotto è un prodotto raffinato e ben fatto ma rimane pur sempre un oggetto inanimato. Esistono anche bambole "speciali" che ti stringono il dito. Queste sensazioni però mi inquietano. L'essere umano solletica la propria immaginazione con prodotti di qualità che riproducono qualcosa o qualcuno che esiste già in realtà. In altre parole si concedono istanti di felicità con surrogati di realtà. Diceva David Hull: "L'ipocrisia è il lubrificante della società". Questi pupazzi bambini, questi feticci del desiderio umano non potranno mai supplire quel vuoto che si crea in noi. Ben scriveva Pier Paolo Pasolini nel libro Lettere Luterane: "Il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in bruti e stupidi automi adoratori di feticci". Noi umani temiamo i sentimenti ma siamo preda del sentimentalismo. Non siamo buoni, ma buonisti. Adoriamo gli oggetti che riproducono qualcosa, vedi alcune pratiche cattoliche dove si venerano statue raffiguranti santi e madonne. I feticci sono utili per comunità umane non evolute, quasi primitive ma non certamente per persone dotate di raziocinio. Se la vita non vi ha resi genitori non lo diventerete di certo acquistando dei bambolotti!
In Jane Eyre Charlotte Brontë scrive: "Mi portavo sempre nel letto la bambola; gli esseri umani hanno bisogno di amare qualcosa e, in mancanza di un oggetto più degno di tenerezza, mi studiavo di provare piacere amando e vezzeggiando un piccolo idolo sbiadito, malridotto come uno spaventapasseri". Dunque smettiamola di confondere l'apparenza con la realtà, e dedichiamo il nostro tempo ad emozioni e sentimenti reali. Nel mondo esistono tanti bambini in carne e ossa che aspettano un nostro abbraccio vero e sincero. Per una volta smettiamo di vivere sentimenti posticci, e ripiombiamo nella monotona ma concreta quotidianità.


Cristian Porcino

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giovedì 15 giugno 2017

"Plant Revolution" di Stefano Mancuso


("Plant Revolution" di Stefano Mancuso, Giunti, pp. 264, € 20.00).

Dopo aver letto questo libro vi accorgerete della vostra quasi totale ignoranza riguardo il mondo vegetale. Stefano Mancuso, scienziato di fama mondiale, accompagna il lettore dentro il mondo affascinante delle piante. Sapevate che La Mimosa pudica ha la capacità di ricordare un'esperienza passata per un determinato periodo? Oppure conoscevate la capacità mimetica della Boquilla trifoliata? È scientificamente provato che esistono piante in grado di produrre dipendenza anche nell'uomo. Ovviamente non parlo di caffeinomani o nicotinomani, ma del masochismo benigno dei capsicofagi!
Come recita il sottotitolo del libro 'le piante hanno già inventato il nostro futuro', e dunque basta studiarle attentamente per carpirne segreti e riprodurli anche tramite l'ausilio della tecnologia (plantoidi). Come afferma Mancuso le piante: "Sono un modello di modernità; e il fine di questo libro è proprio renderlo evidente. Dai materiali all'autonomia energetica, dalle capacità di resistenza alle strategia di adattabilità, le piante hanno trovato da tempo immemorabile le migliori soluzioni alla maggior parte dei problemi che affliggono l'umanità. Basta sapere come e dove guardare". Una lettura talmente entusiasmante che sembra aprirci un varco nell'universo sconosciuto delle piante.
Assolutamente consigliato.

Cristian Porcino

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mercoledì 14 giugno 2017

"Qualcuno ce l'ha con me" di Leonardo Tondo


("Qualcuno ce l'ha con me" di Leonardo Tondo, Baldini & Castoldi, pp. 431, € 20.00).

Viviamo in una società fin troppo paranoica in cui regna la costante paura di essere osservati e controllati. Nella vita reale tali risvolti sfociano di frequente nel campo della psicopatologia. Il libro di Leonardo Tondo (psichiatra) affronta il problema della paranoia con competenza, ma soprattutto utilizzando un linguaggio accessibile a tutti. Grazie ai nuovi sistemi d'informazione, e di conseguenza al proliferare dei social, si sono insinuati nella nostra vita i germi del sospetto e della paranoia. Dal sospetto nascono spesso i pregiudizi che poi, ahimè, si concretizzano in fenomeni violenti come il femminicidio, l'omofobia, la xenofobia etc. In qualche modo ci sentiamo spiati, braccati, quasi come i protagonisti dei romanzi del grande scrittore fantascientifico Philip K. Dick. Come scrive Tondo nel libro: "Il più classico e più frequente delirio paranoico è quello di persecuzione. Ci si sente spiati, seguiti, derisi, insultati; si interpretano comportamenti perlopiù innocenti come minacciosi". Molti i casi celebri analizzati nel saggio: Anders Brevick, Stalin, Charles Manson ed altri ritratti tanto affascinanti quanto inquietanti.
Un libro da leggere e consultare quando siamo preda delle nostre fobie. In fondo un po' tutti siamo paranoici e dunque l'argomento trattato ci riguarda da vicino.
Assolutamente consigliato.

Cristian Porcino


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lunedì 12 giugno 2017

Intervista a Cristian A. Porcino Ferrara autore del libro "Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne"


Il 12 giugno 2016 un killer uccise ad Orlando 49 persone che si trovavano nel locale gay Pulse.
Alle vittime di Orlando e a Eddie Justice è dedicato il libro di Cristian A. Porcino Ferrara Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne. Inoltre Porcino dedica il proprio volume anche a Sara Di Pietrantonio barbaramente assassinata dal fidanzato. Nell'intervista con l'autore si è discusso di omofobia, femminicidio, i moti di Stonewall e molto altro.


1) Qual è il tuo bilancio a un anno dall'uscita del libro "Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne"?


«Molto buono. Quest'anno ho ricevuto recensioni positive, tanti pareri autorevoli come quello della senatrice Monica Cirinnà, ringraziamenti da parte di associazioni Lgbt e molte altre soddisfazioni personali. Penso alle tante opinioni dei lettori che mi hanno contattato in privato per congratularsi del lavoro fatto. Alcuni di loro mi hanno raccontato le loro vite, i problemi che li hanno segnati e la rinascita dopo la consapevolezza di sé»

2) Una bella soddisfazione

«Certo, perché l'unico a credere nel progetto sono stato io. Ho contattato tanti editori ma quasi tutti, pur se interessati, non hanno voluto investire economicamente su un progetto da loro ritenuto di nicchia. In Italia domina l'editoria a pagamento e se non accetti di sborsare quattrini devi impegnarti a fare tutto da solo e diventare quindi indipendente»


3) Se osserviamo i risultati raggiunti non hai avuto torto. Ma mi dicevi di Christopher Park (che appare proprio nella copertina del libro) e la comunità Lgbt. Raccontaci qualcosa.

«Dici bene. Ricordo la soddisfazione di aver portato la mia opera a Christopher Park, New York, dove nacque il movimento Lgbt. Proprio in questi giorni ricorre l'anniversario dei moti di Stonewall. Accanto a Christopher Park si trova lo storico locale Stonewall Inn (foto 1) dove il 27 giugno 1969 si lottò per affermare il proprio diritto di esistere in quanto esseri umani. L'orgoglio di essere se stessi e di reclamare e combattere per ciò in cui si crede davvero. In quelle manifestazioni si sancì la fine della violenza psicologica e fisica affrontando le autorità che volevano schiacciare i diritti civili delle persone gay confinandole in un ghetto. Infatti, per le strade di New York nel mese di giugno ogni anno il gay pride riempie la Grande Mela non solo di colore, ma dimostra concretamente che il proprio orientamento sentimentale e sessuale non deve essere più tenuto nascosto ma vissuto alla luce del sole. La libertà di amare non è una concessione ma, per l'appunto, un diritto»



4) In fondo New York è un po' la tua seconda casa, e quindi è stato un piacere ricevere attenzioni dai newyorkesi, o mi sbaglio?

«Esatto. Non dimentico la gente seduta a Christopher Park (foto 2) che mi continuava a chiedere se il libro era scritto in inglese e se potevano acquistarlo nelle loro librerie. Non posso scordare il loro entusiasmo e la loro positività. Da italiano confesso che tanta dimostrazione di stima e affetto mi ha fatto un certo effetto. In Italia non siamo abituati a manifestare il nostro interesse per qualcuno che non conosciamo. Forse se lo vediamo in TV sì ma per uno scrittore indie è del tutto impensabile. Siamo molto invidiosi dei successi degli altri e raramente ci facciamo coinvolgere dai progetti culturali degli sconosciuti»

5) All'interno del libro tu includi un interessante progetto educativo sulle varie forme di affettività da realizzare nelle scuole. Hai trovato il modo di presentarlo negli istituti?

«Da ben tre anni e senza grandi risultati. Ho inviato tempestivamente il progetto all'assessorato alla pubblica istruzione di Catania. L'assessorato ci ha fatto sapere che il progetto era valido però mancavano i soldi per poterlo realizzare. All'epoca ho fatto un tour de force insieme ad una mia amica psicologa nelle scuole statali, ma oltre a congratularsi per il progetto la litania che ascoltavamo era sempre la stessa: non ci sono soldi. Altre volte, invece, i dirigenti scolastici non ci ricevevano e ci dirottavano presso segreterie didattiche o vicepresidi. Di conseguenza il progetto è stato depositato e protocollato ovunque, ma non mi è mai stato permesso di attuarlo. Il progetto si rivolge proprio ai ragazzi e ragazze delle scuole medie inferiori e superiori, e l'intento era proprio quello di sensibilizzare i più giovani su tematiche che li riguardano da vicino. Ho notato un ostruzionismo sistemico inaccettabile, e un'indifferenza preoccupante che è la maggiore causa dei problemi che affliggono questo paese. Ed è questo che mi dispiace tanto»

6) Dicevamo prima che il tuo libro ha ricevuto anche l'apprezzamento della senatrice Monica Cirinnà ed è stato ben accolto da pubblico e critica. Mi chiedevo se da parte cattolica hai ricevuto apprezzamenti o rifiuti?


«Colgo l'occasione per ringraziare ancora una volta la senatrice Cirinnà per le parole di apprezzamento alla mia opera. Devo dire che è una persona davvero sensibile, e soprattutto dotata di grande empatia. Per quanto riguarda l'ambito cattolico io vedo spesso dei muri nonostante i vari appelli al dialogo pronunciati da Papa Francesco. Ci tengo a precisare che non appartengono a nessuna chiesa, e di conseguenza non frequentando alcuna comunità sono escluso in automatico dai vari dibattiti su omofobia e femminicidio. Già in passato per via di alcuni miei libri sono stato estromesso da lavori che erano offerti da strutture religiose, ed ho patito varie forme discriminatorie a causa della mia non appartenenza a nessuna fede preposta al culto. Ho tentato anni fa di parlare con l'arcivescovo della mia città ma non mi ha accordato alcun appuntamento. Chiaramente sono disponibile ad un confronto con le strutture cattoliche ma dubito che ciò accadrà»

7) Quali sono secondo te i metodi per combattere i numerosi casi di femminicidio e di aggressione omofoba nel nostro paese? E a cosa è dovuta tanta intolleranza e furia omicida?

«È evidente che il nostro paese porta avanti un sistema discriminatorio frutto di una cultura prettamente machista. Una subcultura abbastanza diffusa che deve essere estirpata alla radice. Goleman parla di alfabetizzazione emotiva da iniziare fin da ragazzi ed è proprio quello che nella nostra società manca. Non possiamo restare con le mani in mano e non colmare questo vuoto culturale. Da questo dipende il futuro delle nuove generazioni. Nessuno può possedere nessuno, tantomeno la vita della persona che dichiariamo d'amare. L'amore vero libera dalle catene e non distrugge la vita della persona amata. Stesso discorso per l'omofobia. Si combatte con la violenza ciò che non si comprende con la ragione e la cultura. L'ignoranza genera paranoie e nemici inesistenti. Purtroppo in Italia non esiste ancora una legge per combattere il femminicidio e l'omofobia. Senza una cultura dell'accoglienza e del rispetto reciproco la discriminazione e l'ineguaglianza troverà piena cittadinanza. A tal proposito ho apprezzato il toccante messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella diffuso in occasione della giornata mondiale contro l'omofobia. Per ringraziarlo gli ho inviato in dono una copia del mio libro»

8) Nel libro analizzi alcune canzoni straniere e italiane, mi chiedevo se poi qualche artista italiano si è fatto vivo con te, magari per ringraziarti o per altro?

«Purtroppo no. Ho contattato molti artisti italiani da me citati ma non ho ricevuto alcun segnale. Ho scritto diverse mail ed ho tentato anche tramite i social ma nulla. In fondo ci sono abituato. Ho notato molti messaggi visualizzati a cui però non è mai seguito alcun riscontro. In Italia i 'famosi' ti scrivono solo se vai in Tv e diventi anche tu un fenomeno televisivo. Ma va bene così. Non ho scritto il libro per essere ringraziato da loro, ma per incentivare una lotta attiva al femminicidio e l'omofobia. Ed è questa la mia priorità»

Giuseppe Scano

(Compagni di strada il 12/06/2017)

Il libro Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne è in vendita su Amazon

venerdì 9 giugno 2017

Carmen Consoli in concerto al Teatro Greco Romano di Catania

Il Teatro Greco Romano di Catania ha ospitato ieri sera il primo dei tre concerti (8-9-10 giugno) della nuova tournée estiva di Carmen Consoli Eco di sirene. La cantantessa sale sul palco vestita di bianco e inizia a cantare A finestra, un brano in dialetto catanese contenuto in Elettra (2009) chiaro omaggio a Rosa Balistreri. Dal medesimo album esegue i brani: Mio zio e Mandaci una cartolina dedicata alla scomparsa del padre. Durante il live Carmen Consoli alterna momenti con solo chitarra e voce, ad altri con i solisti del Teatro Massimo Bellini. Un momento di rara intensità è stato proprio l'omaggio a Joni Mitchell, una delle artiste più importanti nel panorama musicale internazionale. Sono trascorsi vent'anni dall'album d'esordio di Carmen, e da quel giorno il suo pubblico ha imparato a conoscere e a rispettare oltre la sua musica anche la sua riservatezza. Carmen Consoli è una delle poche cantautrici ad aver svecchiato il sound italiano con un modo di cantare personalissimo. Il suo debutto rock si è trasformato con gli anni in una ricerca raffinata di suoni e arrangiamenti di qualità. Non dimentichiamo l'album Eva contro Eva del 2006 in cui la cantautrice inglobava sonorità etniche (Madre terra). Consoli è una musicista impegnata nel sociale, e infatti con le sue canzoni ha denunciato diverse piaghe sociali: femminicidio, omofobia, stupri etc.
Chi ha l'abitudine di tornare ai concerti di Carmen avrà sicuramente notato la palpabile emozione della cantantessa. Tale emozione mi ha riportato alla memoria i primi concerti di Consoli e la visibile felicità di cantare per la sua "raggiante Catania" (In Bianco e nero). Ricordo il primo concerto di Carmen a cui ho assistito, e si teneva al porto di Catania insieme ai Negrita, Niccolò Fabi, Casino Royale per la manifestazione Estate catanese ideata da Franco Battiato. Era il 23 luglio del 1997 e a quei tempi non esistevano ancora smartphone e iPad per immortalare tali momenti. Questi ricordi vivono semplicemente custoditi nella memoria.
Ieri sera Carmen Consoli ha ricordato ironicamente il momento dell'esclusione sanremese con il pezzo Confusa e felice diventato poi un vero brano cult. Dalla raccolta Per niente stanca ha eseguito AAA cercasi , canzone che denuncia un degrado morale sempre più dilagante. Infine, non potevano mancare i classici come Venere, Parole di burro, L'ultimo bacio fino a L'abitudine di tornare del suo ottavo e per adesso ultimo album in studio (2015).

Dopo il concerto mi sono recato dietro le quinte e ho incontrato Carmen Consoli per donarle una copia del mio libro I cantautori e la filosofia in cui cito una sua canzone. Con la sua proverbiale gentilezza e umiltà ha dimostrato ancora una volta di essere una vera artista senza smanie da diva.
In definitiva un concerto emozionante che inaugura la stagione di spettacoli del Teatro Greco Romano in concomitanza con gli eventi curati dal Teatro Massimo Bellini. Un'occasione per godere della magia di un luogo storico di rara bellezza restituito al pubblico.

Cristian Porcino


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giovedì 8 giugno 2017

L'elzeviro del filosofo impertinente


Anni fa mi occupai della sessualità dei supereroi. Il libro che conteneva tale saggio non uscì mai in Italia ma fu pubblicato da un editore americano. In alcune librerie newyorkesi circola ancora qualche copia usata del suddetto volume. In quel breve saggio ragionavo in merito alla sessualità di Superman, Batman, Spiderman etc., evidenziandone le numerose contraddizioni. Proprio in questi giorni debutta al cinema il film dedicato alla prima supereroina degna di nota: Wonder Woman. Chi è nato negli anni'80 non può non ricordare il telefilm trasmesso da italia uno con una splendida Lynda Carter nei panni di Wonder Woman. Il film uscito il 1 giugno è già record di incassi al botteghino. La pellicola è diretta da una brava regista, Patty Jenkins (Monster) e la protagonista è interpretata dall'attrice israeliana Gal Gadot (ex soldatessa). Per quanto mi riguarda non andrò a vederlo ma tale interesse generale merita una piccola riflessione. È bene ricordare che Wonder Woman è una creazione di William Moulton Marston, psicologo e fumettista. Egli aveva conosciuto le vere eroine del femminismo come Emmeline Pankhurst e Margaret Sanger e decise di ispirarsi a loro per dare vita ad un personaggio in grado di rappresentare il girl power. Fu così che nel 1941 ideò Diana, una guerriera amazzone nata nell'isola di Themyscira. Tale eroina DC Comics per un determinato periodo di tempo ricoprì un ruolo non secondario, ma negli ultimi anni quasi nessuno si rammentava più di questa interessante figura mitologica. Eppure proprio l'anno scorso l'Onu aveva scelto Wonder Woman per rappresentare i diritti delle donne. Questa scelta di nominarla ambasciatrice provocò disordini e proteste e si raccolsero più di 40 mila firme per bocciare tale idea. Una delle tante motivazioni fu proprio quella legata alla rappresentazione stereotipata della figura femminile. Non possiamo negare che le intenzioni dell'autore erano ben diverse, ma è evidente che Marston ha attribuito alla sua eroina caratteri ben precisi. La Nostra protagonista fu ritratta in abiti succinti, in linea con lo stile delle pin up degli anni' 40. A questo vorrei però obiettare che nei supereroi il fattore sessuale è da sempre presente. Guardate la tuta di Batman degli ultimi film e noterete la meticolosa attenzione con cui si mettono in mostra sia i pettorali dell'eroe sia i gioielli di famiglia di Bruce Wayne. E Superman e Captain America? Identico discorso. Per non parlare degli attori, dei veri sex symbol, chiamati ad interpretare tali personaggi. Dunque il sessismo non riguarda solo Wonder Woman alias Diana Prince, ma anche i suoi colleghi maschi. Le loro figure sono tipicamente caratterizzate e su questo non si discute. Il sesso dei supereroi affascina e mobilita l'attenzione del grande pubblico. L'industria del porno ha attinto a piene mani dai supereroi per realizzare parodie hard con attori in costume. In verità il modo di fare l'amore dei supereroi affascina e allo stesso tempo disorienta il pubblico. Esistono anche soggetti che prediligono fare sesso con il/la proprio/a partner mascherati da supereroi. Nonostante questo rimane ancora un mistero la ginnica sessuale di Clark Kent-Superman ma poco importa. I supereroi si prendono cosi come sono stati creati. Senza ma e senza se. Dopotutto chi vorrebbe mai avere una relazione con un supereroe o una supereroina? Sai che gioia dividerli con il mondo intero! Meglio una noiosissima e stabile relazione fra esseri ordinari ma reali. Non trovate? Se non mi credete ascoltate la bellissima canzone dei Coldplay e The Chainsmokers Something just like this e capirete il senso di ciò che dico.

Cristian Porcino

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