giovedì 7 luglio 2016

…E il discorso continua…


Colloquio con Daniela Tuscano e Cristian A. Porcino Ferrara, autori di “Chiedi di lui 2.0 - Ancora un viaggio nell’universo musicale di Renato Zero”

1) Sembra abbiate inventato una formula nuova: il libro si presenta infatti come un romanzo ma ha il rigore d’un saggio. Quanto c'è del vostro percorso parallelamente a Zero?


Daniela e Cristian: «Molto, diremmo. Esistono parecchi libri su Renato Zero ma quello che a noi, interessava raccontare era proprio il percorso individuale di due soggetti cresciuti con la musica di Zero. Siamo rispettivamente una docente di lettere (Daniela) e un filosofo (Cristian) e nel nostro background individuale le canzoni di Renato Zero (e non solo) ci hanno sempre accompagnato. Non sopportiamo chi sostiene di avere la verità in tasca e di conseguenza spaccia le proprie opere come libri-verità sull’artista. Noi ci siamo basati su uno studio certosino e su testimonianze dirette dell’opera e dell’artista, ma a quest’ultimo abbiamo affiancato la nostra sensibilità personale. Crediamo sia questo il segreto per cui il libro è così tanto apprezzato, ed è per questo che ne abbiamo dato alle stampe una nuova edizione».

2) Perché, Cristian, scrivi che è poco condivisibile l’amarezza di sentirsi incompreso, che emerge dall’ultimo brano “Gli anni miei raccontano”?

Cristian: «Se mi guardo intorno non posso affermare, come fece il filosofo Leibniz, che “il nostro è il migliore dei mondi possibili”, ma non posso nemmeno dire il contrario avendo conosciuto solo questo pianeta. Detto questo la musica e l’arrangiamento de “Gli anni miei raccontano” sono interessanti ma il testo della canzone è leggermente sbilanciato. Ad esempio in questo brano il cantautore romano dichiara di voler “rinascere un universo più in là”. Il titolo della canzone rimanda ad un bilancio professionale, ma a onor di logica la sua carriera racconta ben altro, e cioè di esser stato compreso e amato da una moltitudine di persone. Talvolta occorre avere uno spiccato senso della realtà e, a mio parere, in questo brano manca qualcosa; forse la piena consapevolezza di aver costruito una meravigliosa e invidiabile carriera e il desiderio, come disse il filosofo Nicola Abbagnano, di superare “le colonne d’Ercole del nostro io”».

3) Oggi come allora il cantautore professa una profonda fede: la manifesta ancora con spontaneità?

Cristian: «Agostino d’Ippona diceva che “La verità abita nell’interiorità dell’uomo”. Capisco e comprendo il desiderio di Dio che ha accompagnato Renato Zero negli anni, ma la svolta verso una religiosità totalmente in linea con il Vaticano mi lascia perplesso. Non mi riferisco all’attuale pontefice bensì ai suoi predecessori a cui pare Zero sia molto legato, soprattutto a Wojtyla. Ad esempio nel nuovo album “Alt” troviamo “Gesù”, un brano che esprime tutta la sua cattolicità. Questa canzone potrà essere suonata e intonata benissimo dai papaboys alle giornate mondiali della gioventù. Comunque in “Chiedi di lui 2.0” descrivo dettagliatamente questo cambio repentino in materia religiosa e ne illustro i possibili fattori».

Daniela: «Concordo con Cristian. Aggiungo che in Renato è sempre stato presente un certo clericalismo, rafforzatosi negli anni. Vero è pure che oggigiorno, nell’arte occidentale, Dio è il “grande assente”; anzi, il grande tabù. Pochi hanno avuto il coraggio, persino l’impudenza, di parlarne: Pasolini, Guareschi, Testori… e, a livello di musica commerciale, Celentano, Dalla, Giuni Russo, Ron… e, appunto, Renato. Con risultati alterni, talora felici».

4) Zero e il passato. Un personaggio come lui ancora oggi accresce il suo pubblico grazie a un passato decisivo e importante. Si può dire che questo aspetto, per molti un punto di forza, rappresenti invece, per Zero, il suo tallone d’Achille?

Daniela: «È una domanda molto difficile. Innanzi tutto non giurerei che il pubblico di Zero ultimamente sia cresciuto in maniera esponenziale. Certo, ci sono seguaci di nuova generazione, numerosi, chiassosi anche, soprattutto fedelissimi: al punto da riempire regolarmente stadi e palasport. Il personaggio è poi divenuto familiare, una sua ospitata tv attira sempre un folto pubblico. Ma, attenendosi all’aspetto strettamente musicale, non mi sembra – e magari sbaglio – si stia ripetendo il “miracolo” del decennio 1990-2000, quando applaudire Renato Zero non comportava un’identificazione automatica col “sorcino”. Riguardo al resto, non so cosa dirti: probabilmente sono vere entrambe le cose. Renato è consapevole di dovere la sua fortuna – quella duratura, autentica – a quegli anni lontani ma al tempo stesso non vuol esserne imprigionato. Legittimo, sia chiaro, perfino doveroso, ma parliamoci francamente. Nessun ammiratore di media intelligenza lo vuole costretto in un cliché. Il punto è non dar l’impressione di sminuire o negare il precedente percorso. Il quale è invece esistito e, checché se ne dica, non si può ridurre a mera goliardia o provocazione. Se si lanciano messaggi in tal senso inutile poi sorprendersi di trovare, fra gli attuali supporter di Zero, parecchi alfieri della conservazione. Lo s’è visto anche durante l’ultimo Festival di Sanremo e non può essersi trattato d’un semplice fraintendimento. Un tempo il problema non si sarebbe posto neppure».

5) La rinascita di Zero nel ’91: più un cambiamento voluto o evoluzione naturale dell'artista?

Cristian: «Ogni essere vivente si evolve, e di conseguenza anche una persona che di professione fa l’artista deve necessariamente fare i conti con il proprio vissuto. In una canzone di qualche anno fa Franco Battiato asseriva: “Ma l’uomo non è pietra di tungsteno. E cambia spesso proprietà”. Renato Zero nel 1991 si presentò al pubblico con una grande maturità; un arricchimento interiore che traspariva sia dalla postura ma soprattutto dalla voce. Il re dei sorcini rifletteva sulla vecchiaia e sul significato del declino corporeo di una persona che giunge ad una fase della vita considerata, da molti, come un handicap. Lui era appena quarantenne ma già pronto per un discorso più ampio sulla vita. Direi quindi che la sua è stata proprio un’evoluzione naturale inevitabile. Inoltre non bisogna dimenticare che l’album contenente la canzone presentata nel 1991 a Sanremo s’intitolava “Prometeo”, proprio come uno dei protagonisti della mitologia greca. L’etimologia del nome Prometeo significa proprio “colui che riflette su ciò che ha visto”, e di conseguenza possiamo supporre che Renato Zero si sia riappropriato del suo passato per superarlo e andare avanti. Paradossalmente ha applicato alla sua vita la triade dialettica hegeliana giungendo così ad una sintesi».

Daniela: «Renato visse il suo periodo d’“oscuramento” con molta, forse eccessiva, drammaticità. Probabilmente non riesco a immaginare in tutta la sua portata lo shock provocato dalla perdita di popolarità. Solo che nel suo caso si trattò d’una flessione, non sparì mai dal nostro immaginario. Ignoro naturalmente i retroscena e le tribolazioni di quegli anni. Ma non importa più di tanto. Conta la sua reazione, così emotiva, personalizzata. Cercò di reagire in vari modi: smettere d’essere Zero, un certo Zero, dev’essergli costato parecchio. Occorreva un intervento esterno per calibrare quell’emotività, per parlare di lui meglio di lui. Doveva essere una voce femminile e amica. Renato la trovò in Mariella Nava che per lui compose l’indimenticabile “Spalle al muro”. Il Nostro riuscì così a rappacificarsi, almeno in parte, con quella nuova realtà, guadagnandoci in autorevolezza; ben oltre la cerchia dei fans, come accennavo prima. Ha funzionato per diversi anni».

6) Il cantautore romano è stato spesso eletto, suo malgrado, bandiera della diversità (sessuale ma non solo). Quanto e come questo tema è stato rappresentato nei suoi brani, e quanto Renato Zero è stato in grado di mandare un messaggio chiaro in tal senso?

Cristian
: «Come prima cosa essere eletti a bandiera di qualcosa o qualcuno non è poi così positivo. L’individuo che accetta di essere ridotto ad una semplice etichetta è ridicolo e mortifica la propria individualità. Ciascuno di noi ancor prima di essere eterosessuale o omosessuale è prima di tutto Persona. L’orientamento sentimentale non può identificarci totalmente oscurando la nostra vita e la nostra professionalità. Zero sin dall’inizio ha descritto e rappresentato questa tematica ma poi con il tempo si è allontanato da essa e da tutto ciò che era affine al mondo lgbt. Nei primi lavori e per diversi anni il suo messaggio era quasi intelligibile poi tutto è cambiato, probabilmente, per via di una religiosità che mal si sposava con una società bigotta e ignorante. Tutto sta nella consapevolezza di sé. A tal proposito mi piace ricordare lo scrittore David Foster Wallace che nel 2005 al Kenyon College raccontò una storia di un pesce più vecchio che salutava due pesci ancor giovani chiedendogli com’era l’acqua in cui nuotavano. Ebbene i due pesciolini risposero “Che diavolo è l’acqua?”. I pesci giovani non avevano consapevolezza dell’habitat in cui esistevano. Parafrasando Wallace il valore della nostra vita non sta nella conoscenza ma nella consapevolezza di ciò che è ovvio, e su cui non riflettiamo quasi mai. Questa è, a mio avviso, una chiave di lettura per capire i mutamenti nel tempo di una persona e di conseguenza di un artista. Comunque la questione è molto complessa pertanto consiglio di leggere il nostro libro, e l’apposito capitolo in cui cerco di far luce su tale argomento».

Daniela: «Lasciando garrire le bandiere altrove, oggi il termine “diversità” per connotare certe condizioni può sembrare, e spesso fortunatamente è, anacronistico. Tuttavia, se serve a complicare la singola realtà, se innesca un processo di drammatizzazione, l’accetto. Di conseguenza sì, in questo senso Renato è stato un “diverso”. Poi, il tempo delle allusioni è finito. Adesso la solidarietà va dimostrata esplicitamente e nelle sedi opportune; e il testimone è passato ad altri».

7) A settembre rivedremo Renato in tv…


Daniela e Cristian
: «Certo, con le registrazioni degli spettacoli veronesi. Poi partirà il tour invernale. Il discorso, in un modo o nell’altro, continua…».

Articolo di Federico Diatz (ZEROlandia, 7/7/2016)
Foto: (Gabriele De Rosa)
Il libro è in vendita su: www.amazon.it e www.lulu.com