venerdì 4 settembre 2015

“A con Zeta” di Hakan Günday


(“A con Zeta” di Hakan Günday, Marcos Y Marcos, pp. 447, € 18,00).

Due storie parallele e complementari in grado di ammaliare sin dalle prime pagine. “A con Zeta” è un’opera cruda e senza pietà. Günday non risparmia critiche alla cultura araba ed europea. Per lo scrittore turco, tanto in Medio Oriente quanto in Occidente, l’essere umano è impregnato della stessa dose d’ipocrisia e indifferenza nei confronti del prossimo. La storia ruota attorno alle vicissitudini di Derdâ e Derda, una bambina e un bambino separati da un semplice accento.
Appare drammatica e convincente la descrizione dell’infanzia negata dei due protagonisti; un’infanzia caratterizzata solamente da miseria, violenza e morte. L’autore utilizza, senza troppe metafore, descrizioni macabre ma avvincenti. “A con zeta” sfida la morale e il perbenismo di facciata. Senza ombra di dubbio il romanzo di Hakan Günday è uno dei libri più affascinanti e intensi degli ultimi anni. Da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


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giovedì 3 settembre 2015

“Breve vita di Pasolini” di Nico Naldini


(“Breve vita di Pasolini” di Nico Naldini, Guanda Editore, pp. 150, € 13,00).

Pier Paolo Pasolini, protagonista assoluto della cultura italiana del Novecento, rivive fra le pagine del libro di Nico Naldini. Una biografia bella, scorrevole e poetica che si divora come un romanzo. Pasolini non è stato solo uno scrittore ma un intellettuale a tutto tondo; un vero maestro dell’esistere per utilizzare una definizione contenuta nel mio ultimo libro “Tutta colpa del whisky”.
La sua opera letteraria e cinematografica resiste all’oblio del tempo e le sue riflessioni sono sempre attuali: «L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, conformismo». Della sua figura, però, si sente realmente la mancanza. Con la sua arte e con la determinazione che lo contraddistingueva è riuscito a scardinare l’ipocrisia italiana. La biografia di Naldini, peraltro cugino di Pier Paolo, restituisce un ritratto fedele e non edulcorato dello scrittore friulano.
Da leggere assolutamente.

Cristian Porcino


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mercoledì 2 settembre 2015

“Paese senza cappello” di Dany Laferrière


(“Paese senza cappello” di Dany Laferrière, Nottetempo, pp. 265, € 16,20).

Dany Laferrière, in un mix di ricordi personali e fantasiose metafore, racconta il suo ritorno ad Haiti dopo esser fuggito all’età di ventitré anni. ‘Vecchio osso’ osserva con attenzione critica l'intrecciarsi dei riti vudù al cattolicesimo. Si imbatte in persone ritenute zombie e accetta di buon grado di viaggiare nel paese senza cappello (l'aldilà per gli haitiani). La superstizione popolare lo spinge ad addentrarsi in un fitto sottobosco di teorie che lo faranno ricongiungere alle tradizioni della propria terra di origine. L'amore della madre e della zia, l'affetto degli amici, vecchie infatuazioni amorose, la riscoperta degli odori e sapori agevoleranno il suo ritorno. Forse i veri morti sono coloro che non sanno vivere il proprio presente e non ricordano il loro passato. Chi non accetta di cambiare e non si ribella ai soprusi. Chi accetta di lavorare come un automa senza pensarsi ed avvertirsi come un essere umano; oppure chi rifiuta le tradizioni che ha respirato sin da piccolo. Non dimentichiamo che a causa della dittatura dei Duvalier l'autore fu costretto a fuggire da Port-au- Prince per stabilirsi a Montréal. Il romanzo di Laferriére affascina perché con il suo stile fresco e accattivante riesce a descrivere il ritorno di un novello Ulisse nella propria Itaca. «Non sono stato laggiù per imparare qualcosa. Sono stato laggiù per stare in un posto diverso da questo. E ora, sono venuto via da laggiù per stare in un posto diverso da quello…».
Assolutamente consigliato.

Cristian Porcino


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martedì 1 settembre 2015

Rassegna stampa libro “Tutta colpa del whisky” di Cristian A. Porcino Ferrara


- “Quel sapore forte che ci apre la mente”: «Forse è tutta colpa del whisky, la bevanda ricavata dalla distillazione di vari cereali fermentati, con cui ci lasciamo andare nei pensieri aperti della nostra mente per sparare a zero sulla quotidianità di tutti i giorni. La mala politica italiana, i personaggi televisivi, strapagati, che invadono i palinsesti per divertire le nostre serate dalla noia assicurata, e per sottolineare il rispetto che abbiamo, l’uno dell’altro, a scandire un semplice saluto che ha tanto da dire. “Il lei è una forma di cortesia in disuso dal significato non solo formale ma davvero sostanziale”. Ne sa qualcosa Cristian A. Porcino Ferrara, l’autore dell’ultima pubblicazione dal titolo: “Tutta colpa del whisky”, edizione Lulu, maggio 2015. Ferrara lo fa con molta naturalezza nel linguaggio, senza fronzoli che possano distogliere il lettore da una lettura arrabbiata e del tutto autentica, quasi a sottolineare la superficialità di certi individui che ostacolano il nostro percorso di vita. L’autore cerca di enfatizzare, in modo irreligioso, il piffero di Rocco Siffredi, il porno divo tanto osannato dalle donne di tutto il mondo, sventolato sull’Isola dei Famosi come gioiello inconsueto per il genere maschile. Come esprimersi con certi termini considerati offensivi o provocatori. Ci sono altri episodi che possono offendere l’opinione pubblica, atteggiamenti ingiuriosi tali da diventare reati. Il libro inizia con una riflessione interiore a tratti poetica, ricordo di un ragazzino sereno immerso nella libertà dell’amore e della pace, innanzitutto nella salvezza del proprio io. Le piccole imperfezioni del creato “Preziosi scampoli di una umanità in divenire”. Cristian A. Porcino Ferrara, cita anche la grande scrittrice Oriana Fallaci, per tutti l’Oriana. Una donna intelligente, forte, indipendente, ruvida, cinica e antipatica allo stesso tempo. Di lei amava il suo coraggio e la libertà con cui affrontava il suo domani. Lo stesso coraggio che difficilmente troveremo nella donna di tutti i giorni». Antonio Agosta (giornalista), recensione pubblicata su: “Alganews” il 04/07/2015

- «Cristian A. Porcino Ferrara, un filosofo senza peli sulla lingua. Si potrà essere d'accordo o non pensarla come lui che poco importa, l'autore di Tutta colpa del Whisky non scende a compromessi con la società e le sue contraddizioni, ipocrisie e falle culturali. Lui vuole essere se stesso, libero e non in vendita. Questo credo sia il messaggio del libro costituito da poesie e prosa. Dare del tu a chiunque diventa per lui una metafora del vivere odierno.
“Il tu è la moneta dei creduloni che vogliono comperarti per due soldi. Hanno infierito sulla mia persona col solo intento di trafugarmi la sacralità del Sapere.“
Porcino Ferrara non accetta l'ipocrisia e trova in Oriana Fallaci la sua musa e a proposito della celebre scrittrice dice:
“Quasi sempre non ero d'accordo con lei, ma leggerla era un vero piacere. Di lei si poteva dire tutto tranne che non era coraggiosa”. Cosa c'entra il whisky? Lo scoprirete leggendo
». Maria Giovanna Farina (filosofa e scrittrice), recensione pubblicata su “L’accento di Socrate” giugno 2015

- “UN "PENSIERO RIFLESSO"... IN UN BICCHIERE DI WHISKY”:
« Filosofia come compagna di vita, come narrazione di se' e non solo del Se', come autobiografia, occasione per raccontarsi, romanzarsi, "poetarsi": questo il filo portante del lavoro di Cristian Porcino, intitolato "Pensiero riflesso". Cioè in vista, confessione scagliata e vibrante, carnale, esplicitata quasi con impudicizia. Urlo di rabbia, anche. Idea non nuova, anzi inserita nel solco della grande tradizione filosofica. Siamo noi contemporanei ad aver confinato la filosofia fra le materie astratte, o forse aride, e in una forma espressiva - quella saggistica - che richiama a un periodare pedante, scolastico e impersonale. Occorre ricordare che per gli antichi era tutto l'opposto? Che Socrate aveva appreso l'arte fra le braccia di Diotima e che i suoi trattati portavano il nome dei suoi allievi? Erano innanzi tutto dialoghi, fra un triclinio e un sospiro di passione. Perché la filosofia è spirito; quindi materia. Rinnova la materia. Non v'è separazione fra i due, ma nobilitazione della seconda grazie alla prima. E per questo Porcino riesce a intessere un inno alla vita malgrado gli schiaffi ricevuti, la considerazione che, in un mondo come l'attuale, il pensiero autentico, composito, "riflesso" (sincero) non solo non è apprezzato ma osteggiato. Si prediligono i tuttologi, che in realtà non dicono nulla, i raccomandati, i salumieri dell'affabulazione. Porcino esordisce con una silloge poetica assai pregevole (a mio parere, la parte migliore del libro) con echi vagamente ungarettiani (da "Sentimento del tempo") dal punto di vista stilistico e tributario, nei contenuti, di Bukowski e Busi. In verità, non ne possiede il disincanto e il cinismo, semmai la dolente passione. Tra le composizioni più riuscite primeggiano "Chi salverà il mondo" e "I maestri dell'esistere" (e tra questi ultimi figurano anche maestre donne, finalmente!), "O-Dio" e la catulliana "Amo e Odio" dove lo scrittore reclama una fede che non ha trovato, ma che gli spetta, in certo senso, di diritto: la fede nell'umano, la speranza. Il discorso prosegue nel suo secondo volume, "Tutta colpa del whisky": in esso Porcino rivendica un sapere "aristocratico" (nel senso etimologico di migliore) che non può essere per la massa, ma per chi riesce a indagarne e apprezzarne la profonda poliedricità (di qui un ironico, ma non troppo, "Elogio del lei" da contrapporre a un tu non più sinonimo di eguaglianza e comunione, ma d'omologazione dozzinale). Un folle, ma non per le folle, come sottolinea in un altro passo. Non è facile uscire dalla spersonalizzazione della società post-consumistica, che dona solo l'illusione di potersi esprimere liberamente, e che invece - lo ha sottolineato di recente Umberto Eco - permette a qualsiasi imbecille di sentirsi un "maître-a-penser". Chi invece orienta la cosiddetta opinione pubblica, e i gusti artistico-letterari, sono sempre roccaforti (fili spinati?) di baroni ben decisi a difendere la loro inespugnabilità. Cristian prova a fendere alcune sane "picconate" col "whisky" del suo sapere, genuino ed entusiasta, col nerbo d'un giovane che malgrado le ferite non è disposto a lasciarsi domare, e spazia dal card. Martini a De Crescenzo ai grandi filosofi orientali - anche in tal senso, la consapevolezza che la Sofia vive pure nell'altra sponda del Mediterraneo, non solo tra le nebbie del Nord o in un malinteso neoclassicismo -. Del resto, Cristian è siciliano: e nessuno sfugge alle proprie radici.» Daniela Tuscano (insegnante e scrittrice), recensione pubblicata su “Il Giornale dell’Etna” agosto 2015


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