domenica 27 dicembre 2009

“Il potere della stupidità” di Giancarlo Livraghi


“Il potere della stupidità” di Giancarlo Livraghi edito da Monti & Ambrosini è un saggio molto interessante, giunto già alla sua terza edizione. Come scrive lo stesso autore nelle pagine del libro esistono diversi studi sull’intelligenza umana ma quasi nessuno sulla stupidità. Eppure il potere che essa esercita nella vita degli uomini è degno di nota; ma la cosa che preoccupa di più è la scarsa considerazione che si professa verso questa subdola influenza negativa. Il pregio di Livraghi consiste proprio nello stimolare il lettore a porsi delle domande concrete sull’entità dell’idiozia umana. Essa ha diverse origini come la paura di vivere, la superstizione, l’ignoranza, il fanatismo, l’idolatria, l’oscurantismo, l’abitudine, la superbia, etc. Nessuno è immune dal suo potere che spesso seduce e si annida nei meandri più oscuri della nostra mente. Attraverso la consapevolezza e il desiderio di aprirci a nuove forme di conoscenza potremo forse combattere la causa prima delle disgrazie umane, ossia la stupidità. In definitiva il lavoro di Giancarlo Livraghi meriterebbe di essere adottato come libro di testo in tutte le scuole e università del paese; poiché il migliore antidoto antistupidità è la conoscenza. “È inutile chiederci se stiamo diventando più stupidi. È una pericolosa illusione credere che stiamo diventando più intelligenti. Quello che sta dilagando in modo sempre più pernicioso è il potere della stupidità […] È diventata pressante la necessità di essere, se non più intelligenti, almeno un po’ meno stupidi. È difficile, ma non impossibile”. Grazie a questo volume ciascun lettore potrà saziare parte dei suoi dubbi o delle sue curiosità. Sarebbe davvero stupido lasciarsi scappare un libro come questo.


Cristian Porcino

giovedì 17 dicembre 2009

“L’ospite maligno –La stanza al Dragon Volant” di Joseph Sheridan Le Fanu


“L’ospite maligno - La stanza al Dragon Volant” di Joseph Sheridan Le Fanu (Gargoyle Books) racchiude due racconti davvero straordinari che impressioneranno positivamente il lettore. Coloro che amano i classici della letteratura non potranno non apprezzare la pubblicazione di “The evil guest” per la prima volta edito in Italia ed incluso, a suo tempo, nella raccolta “Ghost Stories and Tales of Mystery” (1851). L’originalità e la chiarezza descrittiva di Le Fanu ci riportano in un’ epoca in cui scrivere significava ammaliare e stupire il lettore. Nelle due storie Le Fanu affronta temi importanti quali il desiderio lussurioso che spinge gli uomini verso la propria rovina, i sensi di colpa che divorano le coscienze e gli impostori che si fingono amici. Le atmosfere gotiche e fantasmagoriche sono in questo volume esaltate dall’ottima traduzione di Sandro Melani. La narrazione suggestiva e avvincente dell’autore è caratterizzata da diversi richiami colti sulle usanze e sul momento storico in cui sono ambientate le vicende. Evocare in entrambe le storie lo spettro reale e devastante della rivoluzione francese ci comunica che qualsiasi racconto dell’ orrore non è poi così tanto lontano dalla furia omicida e perversa degli uomini, se pensiamo a quanto accadde per le vie parigine nel cosiddetto periodo del “terrore”. Non ho alcun dubbio che “L’ospite maligno” diverrà in breve tempo un vero e proprio racconto di culto per il pubblico italiano. In “La stanza al Dragon Volant” si potrà scoprire forse qualche parallelismo con l’ opera di Edgar Allan Poe “The oblong box” del 1844. A mio avviso Poe e Le Fanu rimangono due dei migliori scrittori del genere letterario fantastico e orrorifico; senza dimenticare gli scenari tetri e cupi creati dal grande Charles Dickens. In definitiva un volume che raccoglie questi due imperdibili racconti da leggere sia nelle lunghe e gelide sere d’inverno che nelle notti insonni d’estate.


Cristian Porcino

martedì 8 dicembre 2009

“Io non so chi sei” di Giancarlo Pastore


“Io non so chi sei” di Giancarlo Pastore edito da Instar Libri racchiude in nove racconti l’essenza dell’amore. Storie che si dipanano lungo diversi binari che hanno in comune soltanto il fatto di descrivere l’amore omosessuale. La lettura di ciascun racconto rende ancor più consapevole il lettore dell’assoluta stupidità nel voler etichettare e diversificare un sentimento che ci rende, per sua stessa natura, alieni e quindi già altro da ciò che noi siamo. L’Italia non attraversa un grande momento culturale, con picchi di omofobia altissimi, che sfociano spessissimo in episodi di inaudita ferocia. Ci si chiede il perché molte persone covino un odio verso i gay quando in verità non è poi così tanto “diverso” il loro modo di vivere da un eterosessuale. Il pregio di Pastore sta proprio nell’aver scritto il testo in questione in un modo davvero intrigante e delicato. Ciascuno ha sperimentato almeno una volta nella vita: l’abbandono, il tradimento, la cattiveria e l’invidia di qualcheduno, poco importa che a farci questo sia stato un uomo o una donna. Ad esempio nel racconto “Finocchi” si affrontano le incertezze e le fasi che precedono il corteggiamento. In “Ghost Whisper” si narra la perdita di un amore strappato alla vita e così discorrendo per tutti gli altri racconti. L’autore con una sensibilità ed una scrittura molto realistica e soprattutto molto rara, avvince il lettore sin dalle prime battute. Nessuno in verità conosce se stesso e questo pregiudica spesso i rapporti con gli altri. Se non riusciamo a capire chi siamo e cosa desideriamo non ameremo mai veramente qualcuno; perché è proprio vero che bisogna amare il prossimo come noi stessi. La cover del libro ritrae un bambino davanti all’immensità del mare, riportandoci proprio a quell’innocenza con cui ci accostiamo ad ogni cosa che non conosciamo. Di fronte al flusso inarrestabile dell’amore siamo tutti dei bambini alle prime armi, ovvero ognuno ugualmente diverso; perché l’amore è forse l’ossimoro più importante della vita di un essere umano. In definitiva consiglio la lettura di questo libro agli studenti di scuola superiore che sperimentano forse, più di ogni altro soggetto, la via dell’amore.


Cristian Porcino

martedì 1 dicembre 2009

“Bene Crudele. Cattivario di Carmelo Bene” di Antonio Attisani e Marco Dotti


“Bene Crudele” di Antonio Attisani e Marco Dotti per le edizioni Stampa Alternativa /Nuovi Equilibri raccoglie il meglio del pensiero di Carmelo Bene.
La drammaturgia di Carmelo Bene rappresenta in sé una fenomenologia filosofica degna di nota. Egli ha fatto di se stesso e della sua opera un cattivarlo letterario che ancora oggi ci risulta attuale. Bene era oltre il tempo, poiché la sua ferocia critica all’uomo contemporaneo era un atto d’amore verso la sua stessa essenza. Nel suo ricordare Vittorio Gassman molti notarono del cinismo, mentre egli era scientemente cosciente di ciò che caratterizzava la scomparsa, per antonomasia, dell’ attore. Bene morirà due anni dopo Gassman e quando affermava che Vittorio era già deceduto vent’anni prima, quando la vecchiaia incalzò la sua vita gettandolo in depressione, Carmelo dichiarava al mondo il suo totale rifiuto per una esistenza che ti punisce rendendoti uno spettro, ed un morto consapevole di morire e quindi un già morto. Fu accusato di essere un “tuttologo di cazzate” e molti colleghi attori dissero che era un retore avvincente. Ma quando egli morì furono tutti supinamente prostrati a lodare il suo genio incompreso. Bene non recitava solamente, o come avrebbe detto lui non citava le cose d’altri ma li rendeva qualcosa d’altro rispetto alla scrittura portata in scena. Lo spettacolo di Pinocchio è una parabola sull’ imbarbarimento della giovane prole; attraverso la trasmissione di contenuti vuoti appartenenti a un non sapere che li renderà schiavi. In effetti i suoi Otello e Amleto erano opere di Bene piuttosto che di Shakespeare, ma questo era il suo punto di forza; una sorta di rito apotropaico che scongiurava la reiterazione del già visto e del già sentito. Egli in quanto non-attore, poteva scrivere in scena il testo. Il suo atto di accusa alla retorica del linguaggio ha caratterizzato la sua produzione attoriale e artistica. Personaggio estremo così come le sue opere, ha segnato la storia di quel novecento tanto odiato. Bene non amava molto il pensiero morto e sepolto in testi che erano già tali nel momento della loro scrittura. Desiderava ardentemente rendere meno zombie il pubblico che invece si recava a teatro non per vederlo, ma per criticarlo non avendolo capito. Allora lui si chiedeva come si poteva recensire qualcosa che non si era capito perché, in verità, non doveva essere compreso ma fruito. Era la trappola in cui cadevano moltissimi critici teatrali. “La gente si aspetta quello che sa, per essere tranquillizzata e alla fine applaude, per pietà, la rimozione dalla propria miseria di essere lì ad apprendere una novità che già conosce, senza abbandono, senza niente”. Infine grazie all’opera certosina di Antonio Attisani e Marco Dotti è stato possibile ricostruire parte del flusso inarrestabile del logos di Carmelo Bene. In definitiva un libro da leggere assolutamente.


Cristian Porcino

lunedì 23 novembre 2009

“Un inverno italiano” di Andrea Camilleri e Saverio Lodato


L’inverno scorso è stato caratterizzato da notizie che hanno raggelato il sangue degli italiani. Un inverno che considerati i sexy scandali di questa estate, sembra non essere mai trascorso; mi riferisco ai casi delle escort a palazzo Grazioli, e alla testimonianza di Patrizia D’Addario e molto altro ancora. Saverio Lodato e Andrea Camilleri analizzano i fatti più assurdi che hanno disgustato gli italiani dal novembre 2008 al maggio 2009 e racchiusi nel libro “Un inverno italiano” (Chiarelettere Edizioni). In una postazione d’eccezione, un ristorante virtuale nonché particolare, il papà di Montalbano cerca di “servire sul piatto” pietanze che a causa della loro natura indigesta non riescono proprio ad essere trangugiate. Grazie agli ingredienti meticolosi scelti da Camilleri e Lodato certe anacronistiche vicende saranno cucinate appuntino e annaffiate da un vino raziocinante che sembra ormai essersi dileguato in questa Italia di inizio millennio. Dal caso Englaro all’omofobia vaticana, dalla crisi finanziaria all’elezione di Obama, dal terremoto dell’Abruzzo all’indignazione di Veronica Lario per il caso “papi”. In questo libro si ripercorre la storia di un paese ormai in via di disfacimento. La rabbia e lo sdegno dei due autori trova ragion d’essere se si analizzano i fatti di cronaca e di politica che questo paese sembra ormai aver assorbito in maniera passiva. Grazie all’ironia sottile di Camilleri e alla vena, giustamente, polemica di Lodato questo libro rende giustizia al torpore morale che affligge da anni il popolo italiano. Come scrive Andrea Camilleri: “Gli americani hanno avuto molto coraggio a eleggere Obama e il loro coraggio comincia a essere ampiamente ripagato. Noi invece abbiamo supinamente rieletto Berlusconi e stiamo ricevendo, per ciò, quello che merita la nostra ignavia”. Il menù servito dai nostri gastronomi intellettuali si potrebbe concludere con la nuova canzone del maestro Franco Battiato “Inneres Auge” pubblicata proprio in questi giorni.
In definitiva “Un inverno italiano” è un libro da leggere assolutamente.


Cristian Porcino

lunedì 16 novembre 2009

“Il caso Imprimatur” di Simone Berni


Premetto che non ho mai avuto il piacere di leggere “Imprimatur” scritto da Rita Monaldi e Francesco Sorti pubblicato nel 2002 dalla Mondadori. Quello che so di questa misteriosa scomparsa dal mercato editoriale italiano lo devo all’opera di Simone Berni “Il caso Imprimatur” edito da Biblohaus. Grazie proprio a quest’ultimo e al suo saggio scorrevole veniamo a conoscenza di una curiosa anomalia che vede l’ascesa del duo Monaldi & Sorti in tutta Europa, mentre in Italia vengono praticamente ignorati e boicottati. Da alcuni stralci riportati da Berni si evince lo spessore culturale del romanzo storico e si intuisce che i contenuti trattati possono aver dato fastidio a qualcuno. Eppure a Dan Brown nessuno ha mai bloccato la messa in stampa dei suoi “Angeli e Demoni” e “Il Codice da Vinci”. Non mi pare che dalle descrizioni e allusioni browniane la chiesa Cattolica ne uscisse benissimo; eppure qualcosa di forte come la messa in discussione di papa Innocenzo XI, divenuto santo soltanto nel 1956 ha forse scatenato un effetto domino che ha imposto all’opera di Monaldi & Sorti l’oblio in patria. Il saggio in questione diventa anch’esso un libro inchiesta avvincente e non privo di colpi di scena. In effetti Simone Berni è un esperto di libri censurati o avulsi dalla realtà. Ciò che veramente dispiace dopo la lettura di questo saggio è che “Imprimatur” continui ad avere un successo internazionale come bestseller, mentre in Italia è impossibile trovarne una copia persino nei mercatini delle pulci. In attesa di poter un giorno leggere questo romanzo “luciferino” mi sento di esprimere piena solidarietà ai due autori della titanica impresa. Infine consiglio la lettura di “Il caso Imprimatur” perché vi introdurrà all’interno di una realtà che non ha nulla da invidiare alla fiction dei romanzi.


Cristian Porcino

mercoledì 11 novembre 2009

“Imagine this. Io e mio fratello John Lennon” di Julia Baird


È difficile scrivere la biografia di un mito soprattutto quando questo è ormai entrato di diritto nella storia della musica; ma se a farlo è la sorella allora la cosa diventa ben più importante. “Imagine This. Io e mio fratello John Lennon” di Julia Baird per Giulio Perrone Editore descrive nei minimi particolari la vita di un uomo comune come Lennon destinato a cambiare le sorti della musica mondiale. Il libro della Baird è davvero affascinante perché è scritto con una semplicità d’animo che stupisce il lettore. Nonostante le vicende narrate, la Baird avrebbe avuto forse vari motivi per essere arrabbiata con il destino che da sin da piccola le aveva strappato gli affetti più cari. Invece l’autrice guarda agli eventi trascorsi con lucida razionalità anche se i sentimenti verso la madre riaffiorano spesso nel testo. Una esperienza dolorosa che colpì anche John Lennon così come scrive l’autrice: “Non l’ho mai visto come un’icona mondiale. Per me John era semplicemente mio fratello e faceva parte del nostro mondo, mio e di Jackie, un mondo intriso di una profonda nostalgia per nostra madre. Era un genio traumatizzato. Traumatizzato esattamente per la stessa ragione per cui lo eravamo noi, le sue sorelle: la perdita di nostra madre”. La loro madre aveva incoraggiato John a suonare diversi strumenti, indirizzandolo a coltivare il dono della musica. Lennon dovette subire spesso la sindrome dell’abbandono sia a cinque anni quando fu strappato dalle cure amorevoli della madre, e la seconda volta a diciassette anni quando lei morì a causa di un incidente. Attraverso le pagine di questo libro Julia Baird ripercorre gli anni in cui Lennon fonda a Penny Lane il suo primo gruppo musicale nel 1956 i Quarry Men. Di lì a poco John conoscerà Paul Mccartney, George Harrison e Ringo Starr e i Beatles domineranno le scene discografiche mondiali, diventando il gruppo storico più famoso, ancora oggi, nel mondo. Dal testo si evince quello che da tempo si era ipotizzato ovvero che Yoko Ono cambiò radicalmente John allontanandolo non soltanto dai Beatles ma dai propri affetti familiari. Vi sono raccontati alcuni soprusi che la Ono riservò alle sorelle di John dopo la sua morte che francamente lasceranno il lettore letteralmente di stucco. Dopo l’assassinio di Lennon avvenuto l’8 dicembre del 1980 a New York, il mondo lo ha consacrato nell’olimpo della cultura. Egli è diventato una delle icone del novecento. Attraverso le sue canzoni milioni di giovani hanno lottato in nome di un ideale che troviamo racchiuso nel testo di una sua splendida canzone come “Imagine”. Ogni qual volta mi reco a New York passo sempre dal Central Park dove a Strawberry fields gli è stato dedicato un monumento commemorativo; e dove centinaia di fan si riuniscono per cantare le sue canzoni. In definitiva coloro i quali hanno amato la musica dei Beatles e di Lennon non potranno lasciarsi scappare il libro di Julia Baird perché sarebbe un vero e proprio sacrilegio. Da leggere assolutamente.


Cristian Porcino

domenica 8 novembre 2009

Incontro con Andrea Balestri, il Pinocchio di Comencini


Andrea Balestri è stato il protagonista della celebre fiction Rai “Pinocchio” di Luigi Comencini. Da allora sono trascorsi molti anni vissuti pienamente fra gli alti e i bassi di una esistenza che di favoloso ha avuto ben poco. Nel 2008 si decide a scrivere un libro dal titolo “Io, il Pinocchio di Comencini” edito da Sassoscritto dove racconta alcuni retroscena del film omonimo. Il caso vuole che la Rai abbia prodotto e mandato in onda proprio una nuova versione di Pinocchio con attori italiani e inglesi che ha riscosso un grandissimo successo. Ad esempio nei panni del burattino di legno troviamo l’inglese Robbie Kay, Alessandro Gassman nel ruolo di Carlo Collodi, in quelli del gatto e della volpe Toni Bertorelli e Francesco Pannofino, etc. Dopotutto è lo stesso regista Alberto Sironi (Il commissario Montalbano) ad ammettere che questa miniserie non è paragonabile al lavoro del 1972. A questo punto è doveroso chiedere ad Andrea le sue impressioni su un personaggio che continua ad accompagnarlo nella sua vita:


1) Andrea quale ricordo ti è rimasto più vivo della tua esperienza trascorsa sul set del “Pinocchio” di Comencini?

«Essendo all’epoca io un bambino mi ricordo che mi divertivo moltissimo a giocare tra una ripresa e l’altra sul set, inoltre il ricordo più bello che ho è sicuramente aver conosciuto Luigi Comencini, per me è stato come un secondo padre: con la sua dolcezza è riuscito a farmi superare dei momenti sul set difficili da affrontare per un bambino di 7 anni e mezzo.»


2) Come è nata l’idea di scrivere un libro per ripercorrere gli anni da burattino?

«L’idea del libro è nata quasi per caso.
insieme a Stefano Garavelli, webmaster di
www.leavventuredipinocchio.com ho notato che attraverso il sito mi scrivevano molti appassionati del film e molti di loro mi facevano le stesse domande. Inizialmente abbiamo pensato di creare una sezione del sito contenente le risposte alle domande più frequenti, poi poiché le domande aumentavano e i ricordi in me riaffioravano a poco a poco è nata dapprima l’idea di creare un fascicolo di 10 pagine e successivamente è diventato il libro che ho pubblicato. »

3) Il ruolo di Pinocchio, da te interpretato, ti ha portato più gioie o dolori?

«Mi ha lasciato dei bellissimi ricordi che hanno segnato la mia vita sicuramente in positivo: aver lavorato con dei grandi del cinema e persone straordinarie come Nino Manfredi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e aver conosciuto Luigi Comencini. »


4) Cosa ne pensi della fiction rai dedicata alla creatura collodiana e andata in onda proprio in questi giorni?

«L’ho guardata e, pur essendo molto diversa dalla versione di Comencini mi son piaciute alcune soluzioni che hanno reso moderna questa favola eterna, come ad esempio la presenza di Collodi che quasi si mescola con la favola. »


5) Nel protagonista, il piccolo attore Robbie Kay, rivedi un po’ di te bambino?

«Sicuramente aver rivisto un altro nei panni di Pinocchio vestiti da me nel 1972 mi ha fatto rivivere i ricordi e l’emozione che quella esperienza mi ha lasciato. Devo dire che lui è più “attore” di me, sicuramente avrà fatto prima di Pinocchio già altre esperienze sul set, io invece ero stato scelto per il mio carattere spontaneo e naturale e non avevo avuto alcuna esperienza, proprio quello che cercava Comencini per il “suo” Pinocchio.»


6) Cosa ne pensi di una fatina che non è poi tanta turchina interpretata da Violante Placido o Luciana Littizzetto nei panni del grillo parlante e Bob Hoskins in quelli di Geppetto?

«Non chiedermi di fare troppi confronti, è naturale che io sia ovviamente affezionato al film che ho interpretato da protagonista: posso dire che sono bravissimi attori e che forse ho trovato La Littizzetto la più adatta per il ruolo che le hanno affidato, senza nulla togliere agli altri. »


7) Quali sorprese ci riservi per il tuo futuro?

«Nelle prossime settimane uscirà un podcast scaricabile gratuitamente su ITunes, e sul mio sito ufficiale
www.andreabalestri.it,
Inoltre sto ultimando un documentario/tributo al film del 1972 dove ripercorro tutte le location del film rimaste magicamente intatte con testimonianze di quanti hanno lavorato dietro le quinte dello sceneggiato, un doveroso omaggio a Comencini: dopo 40 anni sento di doverglielo.
Per il prossimo anno invece ho in mente uno spettacolo teatrale di cui saprete presto sul mio sito ufficiale. »



Cristian Porcino

domenica 1 novembre 2009

“C’era una volta un bambino” di Rossella Martina


“C’era una volta un bambino” di Rossella Martina per Mauro Pagliai Editore raccoglie i ricordi d' infanzia di personaggi famosi come: Luciano Pavarotti, Giulio Andreotti, Pupi Avati, Pippo Baudo, Margherita Hack, Paolo Bonolis, Dacia Maraini, Giuliano Bugialli, Manlio Cancogni, Marcello Lippi, Iginio Straffi, Esilio Tonini e Sergio Zavoli. Le interviste qui presenti apparvero per la prima volta sulle pagine del Quotidiano Nazionale. Attraverso alcuni frammenti di una infanzia trascorsa riusciamo a comprendere meglio la vita di persone famose che hanno segnato la storia della cultura e dello spettacolo italiano. Da Pippo Baudo che rievoca gli anni di studio a Catania per diventare avvocato alla solitudine e alla balbuzia di Paolo Bonolis. Oppure pensiamo ad una irrequieta Margherita Hack che rappresentava il terrore degli asili per via del suo innato anticonformismo; fino a giungere ai teneri ricordi del cardinale Tonini. Insomma un libro che con semplicità fa riflettere il lettore sul valore e sul senso della nostra vita. I ricordi sono spesso bistrattati perché ci riportano in una dimensione in cui eravamo altro da ciò che siamo oggi. Dacia Maraini richiama alla memoria gli anni in cui fu rinchiusa in un campo di concentramento in Giappone con la sua famiglia, costretta a cibarsi di cose impensabili come i serpenti. Ciò però non le ha impedito di diventare una donna pienamente realizzata ed una scrittrice di fama internazionale. Diceva Cesare Pavese: “Non è bello esser bambini: è bello da anziani pensare a quando eravamo bambini” riferendosi forse, all’inconsapevolezza che si ha quando si è più piccoli. In fondo recuperare la memoria dovrebbe interessare tutti, poiché aver vissuto significa poter trasmettere ai nostri figli e ai nostri nipoti alcuni particolari che potranno un giorno essergli di aiuto. In definitiva consiglio vivamente il saggio di Rossella Martina perché riesce a far viaggiare il lettore lungo gli anni della propria infanzia e adolescenza.
Dopotutto: “ L’infanzia guarda davanti a sé, la vecchia indietro” (Michel de Montaigne)


Cristian Porcino

domenica 25 ottobre 2009

"Tributo a Michael Jackson" di Cristian Porcino, un omaggio sentito al "re del pop"


(Articolo di Carola Torresi)


E’ facile, adesso, scrivere un elogio/tributo al Re del Pop, Michael Jackson. Chiunque, adesso, ricorda – com’è giusto che sia -- quasi esclusivamente il suo immenso talento che ha permesso a Michael di essere il personaggio di spettacolo più famoso al mondo. Adesso, anche coloro i quali negli ultimi dieci anni della sua vita l’avevano abbandonato o voltato le spalle si sono dichiarati devastati dalla sua scomparsa. I media, adesso, ne lanciano un elogio così aperto da risultare quasi altrettanto “falso” di quando cercavano di distruggere la sua immagine, inventandosi le più orribili accuse nei suoi confronti.E’ quindi, proprio adesso, che è forse molto più difficile scrivere un libro per ricordare il grande Michael Jackson che riesca a “superare” la barriera della diffidenza e dell’ostilità che i fan di Michael hanno giustamente eretto nei confronti di chiunque si “avvicini” a lui.Cristian Porcino, a mio parere, ci è riuscito; scrive in modo spontaneo, semplice e intelligente. Ci è riuscito perché Cristian stesso è un fan di Michael … “la mia passione per Michael Jackson risale alla mia infanzia, non credo potessero esistere delle persone immuni al fascino ammaliatore e carismatico della potenza musicale di Michael Jackson”, dichiara infatti l’autore nelle pagine del suo libro. Il libro ripercorre le tappe fondamentali della carriera artistica e privata di Michael in forma concisa ma sicuramente originale, offrendoci infatti anche un personale commento dell’autore attraverso l’analisi di alcuni dei più significativi testi delle canzoni eseguite dal Re del Pop, riportando anche la traduzione in italiano delle canzoni. Ad esempio, l’autore giustamente ricorda l’azione umanitaria e antirazziale che ha accompagnato Michael per tutta la sua vita e che è contenuta nelle canzoni “Black or White” o ancor più nella celeberrima “We are the World”; oppure, la tragedia della morte di Michael per arresto cardiaco, il 25 giugno 2009, a seguito di un cocktail di antidolorifici che il suo medico gli ha iniettato, tra cui il Demerol, di cui Michael aveva scritto nel testo della canzone “Morphine”.Cristian riesce dunque a trasmetterci l’essenza dell’artista e dell’uomo con obiettività, coerenza e senza sensazionalismi.Un altro elemento fondamentale che porta sicuramente ad apprezzare il libro è il “reportage” di una fan storica di Michael, Monia Capparelli, che racconta in forma divertente ed estremamente emozionante la sua “avventura” a Praga per assistere a un concerto di Michael.Monia, con grande determinazione, riesce – in maniera rocambolesca e perché no, anche astuta -- a trasformare il suo meraviglioso viaggio in un indimenticabile incontro con Michael (che invidia!!!!) nell’hotel dove alloggiava il Re del Pop e dove era riuscita, lei stessa, a ottenere una stanza.Mi considero sicuramente selettiva nel mio approccio alle pubblicazioni che in passato e ancor più in tempi recenti vengono scritte sul Re del Pop, ma posso tranquillamente affermare che il libro di Cristian Porcino è uno dei migliori che ho letto finora; penso sia rivolto sia a chi desidera iniziare a conoscere, il “vero” Michael Jackson e non il personaggio di cui molti giornali scandalistici, in passato, hanno voluto far credere che fosse sia ai milioni di fans italiani di Michael che giustamente già sanno che un “…mito è destinato a non morire mai”, come afferma l’autore stesso nelle pagine del suo libro.
Una fan torinese di Michael Jackson (Carola Torresi)

venerdì 23 ottobre 2009

"RomAmoreMorte" di Aristos, Cristina Del Ferraro, Marco Marsullo, Mauro Petrelli


In libreria un interessante volume dal titolo: "RomAmoreMorte" pubblicato da Enzo Delfino Editore


"Un libro, quattro scrittori, quattro racconti in cui i personaggi vivono e uccidono, camminano, strisciano, parlano, e i pensieri muoiono. Racconti che sporcano di quotidiano il mondo astratto delle parole. A metà tra noir e neorealismo, tra l'hard boiled più sfrenato e la cronaca nuda di una Roma sommersa, RomAmoreMorte raccoglie storie di emarginazione, di violenza, di sesso, di amore impossibile da comunicare e destinato a finire in maniera dolorosamente tragica. Sono storie che si svolgono a Roma, una Roma di panni stesi, autobus sporchi, rumori di sottofondo, la Roma delle periferie vecchie e nuove che non è certamente (come non lo è mai stata) la città che si offre in pasto ai turisti, immobile, più che eterna. L’atmosfera va dal pulp de noantri al racconto romantico, dalle fantasie Eighties al realismo feroce fino a risalire alla genesi di un racconto, scivolando in un'agevole lettura ma sempre con una caratteristica fondamentale: nascere da un punto di vista uni(vo)co che ingrandendo e deformando un particolare aspetto della realtà, ce ne rivela il meccanismo complessivo.
Ciascuno con un suo stile, eclettico e aderente alla situazione. Tutti con una dote: farsi leggere volentieri, che in fondo è quello che si chiede a uno scrittore.
racconti di: Aristos, Cristina Del Ferraro, Marco Marsullo, Mauro Petrelli [lequasicento EDE] 2009 pp. 98, € 10.00ISBN 978 88 95758 00 8 Distribuzione R.D.E."

lunedì 19 ottobre 2009

“Io credo nei Vampiri” di Emilio de’ Rossignoli

Imbattersi in libri di rara bellezza al giorno d’oggi è davvero difficile ma il saggio di Emilio de’Rossignoli “Io credo nei vampiri” rientra a pieno titolo in questa categoria. Largo merito va alla casa editrice Gargoyle Books che ha voluto a tutti i costi ripubblicare questo libro stampato per la prima volta nel 1961 da Luciano Ferriani editore e da quel momento scomparso nel mare dei ricordi. In questo periodo grazie alla saga filmografia e letteraria di “Twilight” si fa un gran parlare di vampiri e come sottolinea sul finale Loredana Lipperini si snatura la stessa essenza vampiresca. “Twilight” in realtà è un polpettone americano scritto per attirare le masse senza soffermarsi o analizzare la fenomenologia del vampiro. A tal proposito Stephen King ha dichiarato alla stampa americana che l’autrice di “Twilight”, Stephenie Meyer è una scrittrice mediocre e la sua scrittura non vale niente. Ed ha proseguito dicendo: “Sia la Rowling (mamma di Harry Potter ndr) che la Meyer parlano direttamente ai giovani. La vera differenza è che la Rowling è bravissima, mentre la Meyer non è tanto brava. E’ chiaro che lei sta scrivendo per una nuova generazione di ragazze e si trova in una botte di ferro trattando argomenti come sesso e amore in quei libri. E’ una cosa eccitante ed avvincente, ma non particolarmente minacciosa, perché non è apertamente sessuale. Tanto del lato fisico viene descritto attraverso piccoli gesti come vampiri che toccano il braccio dell’amata o le sfiorano la mano velocemente sulla pelle e la ragazza passa rapidamente dal desiderio alla realtà. E per quanto riguarda le ragazzine, penso che questo sia un modo rapido per descrivere tutti i sentimenti che loro non hanno ancora vissuto, ma che desiderano”. Alla luce di quanto affermato da King si può intuire ancor di più l’utilità di un libro come “Io credo nei vampiri”.
Emilio de’ Rossignoli in questo libro delizia il lettore con attente ricerche nella tradizione popolare di ogni tempo per scoprire e sondare il territorio in cui sono attecchite queste leggende così vive fino ad oggi. Chi vuol comprendere veramente qualcosa sulla storia dei vampiri non può non leggere un capolavoro come questo. Non mi meraviglia che Danilo Arona rimase fortemente impressionato quando lo lesse durante la sua adolescenza. Il libro di de’ Rossignoli è scritto come un romanzo appassionante e chiunque lo legga non può che rimanerne rapito fra le sue pagine così misteriose. Ma de’Rossignoli non prende in esame soltanto i vampiri ma ogni forma similare di metamorfosi mostruose come ad esempio il lupo mannaro, la mummia, etc. L’autore scrisse questo libro sull’ondata del successo cinematografico mondiale del film “Dracula” di Terence Fisher con Christopher Lee e Peter Cushing, attori straordinari e carismatici. Francamente rimpiango quei film prodotti dalla Hammer; fiabe dark che i registi di oggi dovrebbero visionare un po’ di più. In definitiva il libro “Io credo nei vampiri” di Emilio de’ Rossignoli ci accompagna dentro il mistero antropologico che si cela dietro il vampiro con la pazienza e l’esperienza di un grande giornalista d’altri tempi scomparso prematuramente. Dopo la lettura di questo testo nessuno di noi potrà non “credere” che esistano i vampiri.
Libro Imperdibile



Cristian Porcino

giovedì 15 ottobre 2009

“Pier Paolo Pasolini” di Neil Novello


L’Italia è forse una delle poche nazioni ad essere pervicacemente ancorata alla tradizione accademica e criptica dei trattati letterari scritti per gli addetti ai lavori. In questo paese si disdegnano le opere divulgative e si è pronti a crocifiggere e stigmatizzare coloro i quali ne fanno, invece, un largo uso. Che senso ha spiegare l’opera omnia di un letterato, di un filosofo, etc., in modo tale che questo risulti ancor più ostico alla massa, al volgo. Non bisognerebbe puntare molto sulla considerazione di dare alle stampe un libro che venga osannato da quei vecchi barbuti professori universitari; che hanno smesso da un pezzo di interpretare e di farsi portavoce delle istanze culturali tanto care ai giovani. In America si leggono moltissimi saggi, in Italia no!; questo capita perché a scriverli sono, quasi sempre, gli adepti di una casta; ovvero i tutori del caos ideologico e letterario. Quando alcuni libri di saggistica svettano in classifica oltre alla propaganda pubblicitaria si scopre essere scritti da soggetti che si rivolgono alla gente comune con un linguaggio popolare. Non è vero che chi utilizza una terminologia linguistica carica di paroloni dimostra di saperne di più di chi per comodità del lettore li riduce al minimo e indispensabile. Solo e soltanto se si riuscirà a far capire un saggio di critica letteraria o filosofica, ai nostri studenti, senza che questi maledicano il giorno di aver varcato la soglia della loro università, soltanto allora avrà vinto il Sapere. Dopo questa lunga premessa vorrei dire che il libro di Neil Novello “Pier Paolo Pasolini” edito da Liguori Editore, si colloca nei saggi scritti esclusivamente per gli addetti ai lavori. Ovvero un testo sapientemente scritto, documentato e colto che però allontanano lo studentello delle superiori che vorrebbe accostarsi alla figura di Pier Paolo Pasolini. Pasolini nella sua vita da letterato rifuggì le accademie, gli ambienti austeri e i circoli d’élite perché amava frequentare la gente. Attraverso queste contaminazioni la sua arte poetica e cinematografica riportava il linguaggio della periferia di Roma, quella alle prese con la vita durissima di mignotte e papponi, vedesi “Accattone”. Denunciò aspramente tutte le forme di potere nel suo ultimo ed incompreso film “Salò o le 120 giornate di Sodoma”. I romanzi “Una vita violenta” e “Ragazzi di vita” sono rare testimonianze di una Italia non più presente. Oggi anche la borgata più malandata ha al suo interno giovinetti con tutte le diavolerie tecnologiche e con dei vestiti all’ultima moda. Pasolini non si è limitato a mettere per iscritto le sue innate evocazioni poetiche ma le ha rese immagini oggettive. I suoi film sono straordinarie visioni oniriche della fantasia umana; “Uccellacci e uccellini” su tutti. Lo spirito religioso che egli vedeva nell’uomo è stato palesato nel capolavoro del “Vangelo secondo Matteo”. Pasolini era anche un artista assettato di scoprire cose nuove così come ci ricorda Dacia Maraini in un breve racconto del 2008 e dal titolo “Il poeta-regista e la meravigliosa soprano”; in cui attraverso la narrazione, la scrittrice ci rende partecipi dell’esperienza trascorsa in Africa insieme a Pier Paolo, Moravia e la Callas. Dopo trentaquattro anni dal suo tragico assassinio (2 novembre 1975), la figura di Pier Paolo rimane una delle più amate e stimate dai più giovani. In definitiva il lavoro di Novello ha un pregio importantissimo; ossia la sua partecipazione e coinvolgimento nel cercare di descrivere al meglio un autore che lui deve in qualche modo avere amato. Se si fosse lasciato trasportare un po’ più dalle sue emozioni il libro sarebbe risultato più immediato e di facile lettura. Anche perché Novello è un esperto dell’opera di P. P. Pasolini. Comunque consiglio la lettura del presente libro perché ci fornisce un aspetto completo del Pasolini letterato e regista.


Cristian Porcino

martedì 13 ottobre 2009

“Lodi del corpo maschile” di Riccardo Di Salvo e Fabrizio Cavallaro


“Lodi del corpo maschile” di Riccardo Di Salvo e Fabrizio Cavallaro per Edizioni Libreria Croce omaggia la bellezza maschile attraverso l’ausilio di illustri poeti del passato e del presente, e grazie alle foto artistiche e intimiste di Cavallaro. Il volume spazia da letterati come Costantino Kavafis, Archiloco, Michelangelo, Shakespeare a Rimbaud, Pasolini, Dario Bellezza, Sandro Penna e gli stessi autori del libro in questione. Verlaine e Rimbaud, i più dissacranti poeti francesi, scrissero ad esempio il “Sonnet du trou du cul” per sbeffeggiare un volume di Albert Mèrat dal titolo “L’Idolo”, ed inclusa in “Femmes e Hombres”. Essi vedevano il corpo non solamente per come si presentava dinanzi ai loro occhi ma per come sarebbe diventato una volta amato e posseduto; quasi come si osserva una cavalla ancora prima di essere addomestica e quindi pronta per essere cavalcata. “Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi”. L’intento dei due autori catanesi, così come confermato durante la presentazione del libro, è quello di celebrare il corpo dell’uomo attraverso la conoscenza dell’anima del soggetto - oggetto dei nostri desideri. Durante la loro ricerca per la stesura di questo libro si sono accorti che il corpo maschile era stato raccontato solamente da poeti uomini; perché le donne non ne avevano mai sentito l’esigenza, vuoi perché non interessate oppure perché votate ad amori saffici. Pertanto si è giunti alla considerazione che soltanto i poeti omosessuali avevano ardentemente e minuziosamente descritto il corpo maschile; ecco svelato il perché il libro contenga solamente una poesia scritta da una donna, ossia di Sibilla Aleramo. I corpi fotografati da Cavallaro e raccontati da Di Salvo mettono in luce la tensione erotica che sprigiona il corpo dell’amante, ovvero colui che è amato, diventando un sillabario esistenziale per entrare in contatto con la sua essenza primigenia. Pensiamo, ad esempio, a “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes: “Malgrado le difficoltà della mia vicenda, malgrado i disagi, i dubbi, le angosce, malgrado il desiderio di uscirne fuori, dentro di me non smetto di affermare l'amore come un valore”.
I corpi raccontati nelle pagine di questo libro trasudano erotismo senza sfociare nella volgarità o nel patetico. L’erotismo diventa amore e voglia di affermare un sentimento che va oltre le gabbie sociali o le memorie storiche di un fascismo onnipresente in una Italia clericalmente omofoba che reprime e colpisce ciò che in verità neppure conosce. In conclusione come scriveva Walt Whitman in Foglie d’erba: “ l’amore del corpo di un uomo o di una donna è al di là di ogni descrizione, il corpo stesso ne è al di là, quello del maschio è perfetto, perfetto quello della femmina”.


Cristian Porcino

lunedì 12 ottobre 2009

“La privacy è morta, viva la privacy” di Mauro Paissan


“La privacy è morta, viva la privacy” di Mauro Paissan per Ponte Alle Grazie è una valida guida per combattere le quotidiane insidie tecnologiche in cui tutti siamo spiati, schedati e controllati a nostra insaputa. Se ci trovassimo nel mondo di Harry Potter questo sarebbe un manuale di difesa dalle arti oscure. Il titolo è già di per sé molto evocativo; nel senso che la privacy di cui tanto si parla non esiste quasi più se si pensa ai moduli di consenso che firmiamo in diverse occasioni; per non parlare poi dei social network come facebook o twitter in cui siamo totalmente vulnerabili alle intrusioni altrui. Paissan, il massimo esperto italiano di tutela dei diritti dei dati personali, affronta in maniera degna di nota tutte le possibilità che portano l’utente ad essere seriamente messo in pericolo per quanto riguarda il suo privato. Nella stragrande maggioranza dei casi, molti di noi, siamo iscritti a facebook perché lo troviamo la maniera più utile e carina per dialogare con i nostri amici sparsi nel mondo senza troppi intoppi; eppure anche in questa forma di interscambio amichevole si nascondono delle imboscate. Stessa cosa capita navigando su internet oppure operando delle ricerche. I nostri dati vengono rilevati per essere messi a disposizione di strutture giudiziarie, etc. Ma la cosa alquanto sconcertante è che i nostri passaggi internettiani lasciano sempre una traccia. Questo viola i nostri diritti individuali anche se non abbiamo nulla da nascondere in proposito. Siamo continuamente schedati per abitudini, interessi e forse anche per opinioni. Pensiamo alle fidelity card che ci richiedono ai supermercati oppure ai telepass per non fare quelle odiose file. Ecco il libro di Paissan informa il lettore e lo mette in guardia dai possibili agguati mediatici responsabilizzando l’utente. In effetti il miglior antivirus siamo noi stessi, con le nostre scelte oculate e soprattutto con la conoscenza dei diritti individuali che non andrebbero mai e poi mai calpestati perchè ignorati. Difatti come scrive l’autore del libro:“ Il primo passo per approntare le difese è quello della conoscenza. Conoscere per tutelarsi”. In definitiva un saggio appassionante come un romanzo d’avventura.
Come diceva Karl Kraus “Il superamento della dignità umana è il presupposto del progresso. È una cosa che non serve a nulla”.


Cristian Porcino

sabato 10 ottobre 2009

Leggende metropolitane Verità e mistero sulla morte del re del pop


“Tributo a Michael Jackson” di Cristian Porcino. Libreria Croce Editore


Articolo di Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese


Leggenda era, un tempo, il racconto di una vita straordinaria. Nella mitologia classica, la storia di eroi e di semidei innamorati di sé, della propria potenza virile o femminile, fino all’eccesso oltreumano. Nella cultura cristiana, la storia di santi e di cavalieri innamorati di Dio e della sua onnipotenza, disposti all’estremo sacrificio, fino all’umiliazione di sé. Diversa la loro sorte, identico il percorso. Dalla norma all’ anormale, complici l’eros o la guerra, Dio o la patria. Li attendeva comunque, la gloria terrena o ultraterrena.
Leggenda, oggi, è il racconto di una vita ordinaria. Proiettata, comunque, fuori dai confini del quotidiano. Due borghesi come noi possono accedere al rango riservato, un tempo, agli eroi e ai semidei. L’olimpo, ai nostri giorni, è il set televisivo o cinematografico. Fellini l’aveva capito già ai tempi della sua “Dolce vita”. Era il 1959.
In questi ultimi anni tronisti e veline tentano la via della gloria, con i facili appoggi degli agenti mass-mediatici. Stelle effimere che si spengono prima ancora di essersi accese.
Il discorso cambia, quando si tratta di stelle intramontabili, come Michael Jackson, che hanno incarnato sogni e deliri di intere generazioni. Jackson, come lo chiamavano i suoi ammiratori, fa parte di queste leggende, nate trent’anni fa. Nella sua biografia di bambino prodigio c’è un segno premonitore. Sarebbe stato per sempre destinato alla gloria ma eterno bambino. Peter Pan, colui che non vuole crescere mai. Figlio di due culture, quella americana e quella africana, Michael seppe fondere nella musica generi diversi, come il jazz, il pop e il rock, con una tensione multimediale che ne fece un cantante, performer e ballerino.
Un giornalista curioso a questi eventi come Cristian Porcino è entrato nella galassia mediatica costruita attorno alla figura del re del pop. Ne è uscito con un libro fitto di verità e mistero, denso come un reportage giornalistico e devoto come un alleluja all’anima della star scomparsa. Un gran bel lavoro, scorrevole nella scrittura, sapientemente corredato da interviste alle star che hanno conosciuto o frequentato Michael Jackson. Da Madonna a Sophia Loren, da Liza Minnelli a Martin Scorsese, da Celine Dion o Jovanotti. Una sorpresa all’interno, il racconto di una fan italiana che ha seguito il proprio idolo in giro per il mondo, l’ha personalmente incontrato e l’ha adorato. Potrebbe essere banale, una scivolata nel reality show. Ma il bello del libro di Porcino edito dalla Libreria Croce, è l’entusiasmo, la voglia di dichiararsi a favore dell’uomo Michael Jackson, prima ancora di valutare l’artista. Può essere stata una grande star o può essere un’abile esecutore delle astuzie mass-mediatiche. Comunque Jackson appare, nel libro, un uomo con tutti gli eccessi di quelli che escono dalla norma e tentano di diventare, una volta o due nella vita, eroi o superuomini.
Pubblicato su:
- GdO Cronache italiane
- Kalon

domenica 4 ottobre 2009

“Francesco D’Assisi. Figlio del Dio dalle braccia larghe” di Matteo Pugliares


“Francesco D’Assisi. Figlio del Dio dalle braccia larghe” di Matteo Pugliares per Edizioni Creativa è un ritratto personale ed ispirato sul santo patrono d’Italia.
Pugliares frate francescano riporta al centro del suo scritto l’opera di Francesco che si ispirò direttamente al vangelo e ne mise in atto i suoi insegnamenti. L’esperienza umana e religiosa di Francesco travalica e raggiunge la sensibilità non solo dei cristiani ma anche e soprattutto delle altre confessioni religiose. I buddisti hanno sempre dichiarato la loro stima nei confronti del fraticello anche attraverso l’autorevole parola del Dalai Lama, i musulmani lo hanno sempre rispettato e così via. La nota introduttiva del libro è scritta dal grande cantautore Franco Battiato che ci ricorda la simbiosi trascendentale tra Francesco e il mistico Rumi. Ciò che da sempre affascina noi uomini di Francesco d’Assisi è il suo totale candore nel capire il genere umano; amando il diverso, l’emarginato perché questo fece il suo Signore Gesù. Immagino che Pugliares essendo un uomo di grande sensibilità religiosa ha capito che in Francesco non vi è traccia del magistero della chiesa cattolica o dei documenti conciliari voluti dai papi; ma vi è la vera testimonianza cristiana. Innocenzo III aveva avuto in sogno la profetica visione di un umile frate che sorreggeva le mura della chiesa del Laterano. Questo messaggio divino, senza scomodare il Giuseppe biblico che sapeva interpretare i sogni, ci palesa che Francesco era il vero cristiano; colui che con il suo comportamento ha fatto si che il vangelo non rimanesse parola sospesa nella sterile ritualità di una liturgia, ma parola vivente. Francesco fu il vero e primo pontefice della chiesa Cattolica. Cosa alquanto curiosa è che mentre il 4 ottobre si festeggia il fraticello di Assisi il 2 dello stesso mese ma del 1873 nasceva il Mahatma Gandhi; altro importantissimo operatore di pace. I due pur movendosi in ambiti culturali e geografici e contesti storici diversi seppero parlare al mondo con grande umiltà e coraggio. Inoltre il ricavato di questo libro sosterrà l’associazione Meter che combatte la pedofilia e lo sfruttamento sessuale dei bambini.
“L’infinitamente piccolo” è il protagonista del libro di Pugliares; il quale ci racconta della gioia di appartenere ad un ordine religioso che guarda al prossimo suo con sguardo amorevole e compassionevole.


Cristian Porcino

venerdì 2 ottobre 2009

“Assassini di Stato” di Aldo Forbice


“Assassini di Stato” di Aldo Forbice edito da Garzanti è un saggio che racconta nei minimi particolari la storia della pena di morte nel mondo dopo la moratoria universale approvata dall’ONU nel 2007. La lettura del presente libro mi ha fatto ritornare indietro di qualche anno; quando mi laureai presentando una tesi proprio sulla pena di morte. Il mio lavoro analizzava il fenomeno della vendetta di Stato attraverso un punto di vista filosofico. Il primo dibattito a livello internazionale partì proprio da un filosofo italiano illuminato ossia Cesare Beccaria che scrisse “Dei delitti e delle pene”. Il volume riscosse un successo internazionale oltrepassò l’oceano Atlantico e fu letto persino da personalità come Jefferson, etc. Aldo Forbice è stato molto coraggioso nello scrivere un saggio di tale tipologia, poiché in Italia non si desidera investire, editorialmente parlando, sul tema della pena di morte. Io attendo invano da anni, che venga pubblicato il mio saggio che prende spunto proprio dalla mia tesi di laurea. Ma mi si dice che l’assassinio di Stato attiri scarsamente il pubblico di lettori, ragionando come spesso accade in termini di vendita piuttosto che culturali e quindi fino adesso non si è fatto più nulla.
Ritornando al volume di Forbice egli prende in esame ogni nazione del globo che attua come deterrente per i propri crimini questo barbaro sistema di ritorsione nei confronti del reo. Si parte con gli Usa, si prosegue con l’impero sovietico, Cina, Giappone, Corea, fino a giungere a paesi come Iran, Iraq, etc. Il seguente volume ha diversi pregi uno fra tutti che l’autore non ci risparmia i truci particolari delle esecuzioni, la violenza inaudita che accompagna un atto stabilito e sancito da uno Stato che nella stragrande maggioranza è di stampo democratico. Prima di dire se si è a favore della pena di morte bisognerebbe assistere a questo omicidio autorizzato o in alternativa leggere i resoconti dettagliati che vengono forniti. Molto spesso cresce l’indignazione per la totale inettitudine delle Nazioni Unite alle ripetute denunce che arrivano quotidianamente al palazzo di vetro, e che vengono puntualmente schivate in attesa di prove più “concrete”. Come dice Aldo Forbice in questo volume: “Ecco perché quasi sempre sulle denunce di brutalità che colpiscono ogni anno migliaia di cittadini ( con gli arresti facili, le torture, le fustigazioni, le amputazioni, le decapitazioni, le fucilazioni e le lapidazioni) si stende una coltre di silenzio. Le denunce fanno il loro corso, l’ONU ne prende atto, talvolta le trasforma in «raccomandazioni» e critiche e tutto rimane come prima”. Pertanto consiglio vivamente di leggere questo libro affinché si possa comprendere l’illegalità e l’ immoralità dell’ assassinio di Stato.


Cristian Porcino

giovedì 1 ottobre 2009

“Da Zero a Zero” di Tommaso Labranca


“Da Zero a Zero” di Tommaso Labranca per Arcana Edizioni ripercorre la storia musicale del Re dei sorcini. A dire il vero scrivere di Renato non è semplice, e ve lo dice uno che ha analizzato la sua opera in un libro pubblicato proprio l’anno scorso ed incentrato sul legame tra il cantautorato italiano e la filosofia. L’artista poliedrico, istrionico, ambiguo, trasgressivo rischia, per l‘appunto, di essere ingabbiato in etichette che Zero ha cercato in ogni modo di rifuggire lungo la sua carriera. Labranca decide in questo caso di affidarsi ai suoi ricordi, ossia di quando rimaneva ammaliato ed incuriosito da questo strano soggetto che si vestiva con abiti appariscenti e surreali. Dopotutto “Da Zero a Zero” è il resoconto di un ex sorcino che nobilita il percorso iniziale intrapreso dal cantautore romano e subito dopo se ne distacca, non senza qualche rammarico, perché, a parer suo, Zero negli anni ’80 non rappresentava più i sogni e le speranze dell’autore. Certamente è molto triste immaginare un artista sempre fermo all’immagine iniziale; senza evolversi artisticamente solamente per compiacere la proiezione narcisistica dei fan. Il libro è scritto con grande chiarezza, lasciando trapelare una vena polemica. Troverete infatti fra le pagine del libro, disseminati un po’ ovunque diversi affondi a gruppi, persone e personaggi che non vi verranno mai svelati dall’autore. Inoltre non sempre la vendita e il successo di un disco è sinonimo di lavoro riuscito. Mi risulta impensabile sostenere o soltanto immaginare che il doppio album Zero e Voyeur siano dei dischi minori. Unica pecca del libro, oltre a diverse imprecisioni, è che l’autore ci tiene davvero a far sapere al lettore che in un passato non troppo lontano, egli fu un sorcino ma poi smise di esserlo. Il coinvolgimento emotivo di Labranca lo si nota comunque; a prescindere dal suo non essere più un fan dichiarato di Renato. In definitiva “Da Zero a Zero” è un libro da leggere perché è ricco di analisi significative e riflessioni sull’uomo e sull’artista. Inoltre Labranca riesce a portare a termine un ritratto personalissimo del cantautore; senza incedere in una sterile celebrazione fine a se stessa. Dopotutto sono convinto che dietro l’apparente distacco professionale di Tommaso Labranca si nasconda ancora un figlio del sogno; proprio come i personaggi che Zero ha sempre decantato nelle sue canzoni ad alta voce.


Cristian Porcino

sabato 26 settembre 2009

Intervista a Cristian Porcino autore di “Tributo a Michael Jackson” suo quarto libro


(articolo di Viviana Cosentino)


Ripercorriamo le tappe che hanno spinto Cristian Porcino a scrivere un libro sul Re del Pop, Michael Jackson…

Il 25 Giugno 2009, ore 14.00 circa, scompare uno dei più grandi artisti dei nostri tempi e nasce un mito. I suoi 800 milioni di dischi venduti, anche se è difficile certificarne effettivamente il numero, da soli potrebbero essere sufficienti a incoronare “Jacko” come l’artista solista con il maggior successo di sempre. È stato davvero un fenomeno della musica, prima, quando a cinque anni incantava con il suo talento cantando assieme ai fratelli, i “Jackson 5”, poi quando, sotto la guida di Quincy Jones, ha inciso “Off the wall”, “Thriller”, “Bad”, i tre album che hanno segnato la storia della Pop Music degli ultimi vent’anni. Alla leggenda di Michael Jackson, Cristian Porcino dedica un libro dal titolo “Tributo a Michael Jackson”, per le Edizioni Libreria Croce, un volume che contiene, al suo interno, testimonianze di chi gli era vicino, foto inedite e racconta la gioia e il dolore, i trionfi e le lacrime che hanno contraddistinto la vita del re del Pop. Un giusto tributo al cantante, cantautore, ballerino, compositore, musicista, arrangiatore, produttore e discografico e alla sua straordinaria e drammatica storia, una vicenda umana e artistica che non ha eguali, favolosa e allo stesso tempo tormentata, insomma, un giusto tributo per omaggiare un’artista a 360 gradi che in molti abbiamo amato e che continueremo a farlo.

Bambino prodigio e adulto ossessionato dalla privacy, divo adorato in tutto il mondo ma fatto a pezzi dalla stampa… cosa l’ha spinta a scrivere proprio un libro su Michael Jackson?


«Beh, Michael Jackson non rappresenta solamente un grande artista ma una vera e propria icona del novecento e sono sicuro lo sarà per i prossimi anni. Rendere omaggio ad una delle più geniali pop star che siano mai transitate su questo pianeta era doveroso. La stampa non ha mai compreso la personalità di Michael ma ha sempre voluto raccontare la sua vita ricostruendola attraverso stupidi pettegolezzi messi in circolazione ad arte, affinché Michael risultasse ciò che invece non era affatto. Certa stampa voleva la capitolazione del re del pop. L’invidia presente nell’ambiente dello show business era palpabile. Personalmente e lo dico senza retorica non riesco ad immaginarmi un mondo musicale senza lo stile ineguagliabile di Jackson».

La sua morte inaspettata ha dimostrato che “Jacko”, indubbiamente, non è stata una persona qualunque, il suo libro spiega perché?

«Michael era un artista immenso, ma non ha mai voluto essere considerato un non umano; anche se negli Usa e più precisamente a Brooklyn vi è una cappella aperta al suo culto. Credo che Jackson con la sua arte voleva trasmettere un messaggio importante al mondo, ovvero cerca di incanalare le tue energie per costruire qualcosa che resti e unisca l’umanità piuttosto che dividerla. Nel mio libro analizzo diversi aspetti di Michael Jackson proprio incominciando dalla sua musica che era la massima espressione della sua intimità. La sua prematura scomparsa ha significato che lui era davvero il re del pop, e che il suo pubblico lo amava incondizionatamente anche quando le nubi si addensarono all’orizzonte. Inoltre nel mio testo racconto della malattia alla pelle, le false accuse, ma soprattutto della sua arte».

Sappiamo che è stato un’artista fuori dal comune, capace di cambiare il modo di concepire la musica, re incontrastato delle vendite, innovatore del modo di intendere il videoclip musicale, di introdurre nei suoi spettacoli soluzioni sceniche impensate, ma per lei chi era veramente Michael Jackson ?

«Spiegarlo così in poche parole non è possibile. Michael Jackson è stato sicuramente una star di rara sensibilità. Durante le sue esibizioni sul palco o nei video Jackson dava il meglio di sé comunicando una tale carica esplosiva di energia e di pathos che difficilmente ho mai visto in un cantante pop. Era un perfezionista, curava nei minimi particolari gli arrangiamenti delle sue canzoni nonché le coreografie, etc. Non esistono aggettivi per qualificarlo. Michael Jackson era ed è Michael Jackson. Ciò basta a spiegare la portata storica della sua produzione musicale. Senza scandalizzarsi troppo bisognerà rapportarci alla musica che verrà utilizzando una classificazione in “ dopo Jackson” e “prima di Jackson”. Non è un accostamento blasfemo ma un modo per comprendere la sua importanza nella storia della musica. Oggi si parla di una società prima dell’avvento dei Beatles e dei Rolling Stones quindi perché dovrebbe sembrar strano parlare di Michael come un importante spartiacque musicale. Non dimentichiamoci che “Thriller” è l’album più venduto della storia».


Perché ha deciso di pubblicare il Testamento, ancora oggi molto discusso? Cosa vuole che arrivi ai suoi lettori?

«Il testamento è inevitabile per cercare di capire come Michael Jackson amasse i suoi tre figli e quanto tenesse al loro futuro. Il testamento è ancora oggi oggetto di discussioni ma fa parte della cronaca della morte di Michael. In attesa che si accertino con più chiarezza gli sviluppi della sua scomparsa e del suo alquanto probabile omicidio da parte del suo medico personale Conrad Murray; lascio ai lettori la possibilità di crearsi l’idea che vogliono. Un testamento è semplicemente un documento legale che raccoglie le ultime volontà di una persona vivente che mette per iscritto ciò che dovrà accadere dopo la sua morte. In questo caso Michael Jackson aveva dei seri motivi per affidare i bambini alla nonna. Difatti nel mio libro avanzo delle ipotesi a tal riguardo».


Il libro si conclude con il racconto di una fan italiana che ha seguito “Jacko” per il mondo e l’ha personalmente incontrato, come l’ha conosciuta?



«Ho conosciuto Monia Capparelli grazie ad internet e mi sono messo subito in contatto con lei che ha diretto uno storico ed importante fan club italiano su Michael Jackson. Non la ringrazierò mai abbastanza per la sua gentilezza e disponibilità nell’accettare immediatamente di collaborare al mio libro. Il suo racconto è semplicemente fantastico perché descrive, con dovizia di particolari, le peripezie a cui si è sottoposta per vedere il “re del pop”. Questa disponibilità non è caratteristica molto frequente poiché altri fans italiani hanno declinato l’offerta viziati da stupidi pregiudizi. Credevano che avrei scritto qualcosa di negativo sul loro idolo; ma mi chiedo come potevano saperlo non conoscendo né l’autore e né il contenuto dell’opera?! Questo mi fa pensare che certi individui che si definiscono ammiratori di Jackson hanno compreso ben poco del suo messaggio di pace e fraternità. Ma per ritornare a Monia ripeto lei è stata davvero unica nell'intuire il mio messaggio e la mia intenzione di omaggiare Michael Jackson»».


Rimane un po’ l’amarezza di non averlo incontrato personalmente?


«No amarezza non direi. Nel mio libro racconto delle occasioni che mi portarono ad incontrarlo all’estero. Anche se non parlai mai con Michael Jackson ho avuto il piacere di poterlo vedere dal vivo al di fuori dei suoi concerti. Certo sarebbe stato magnifico poter scambiare qualche minuto con Michael. Ma come diceva Benedetto Croce : “la storia non si fa né con i ma né con i sé” ».



Concluderei questa nostra intervista con le parole che una grande artista del panorama musicale italiano ha dedicato a Michael Jackson, poco dopo avere appreso della morte del «Moonwalker», l’uomo che sulla luna c’è andato con la sua musica:
“Se né andato un bambino che, probabilmente non è mai stato veramente felice. Un bambino di cinquant’anni, che non trovava pace nella continua ricerca di modificarsi per unificarsi a un modello che, forse, nemmeno lui aveva ben chiaro… Se n’è andato un bambino e con lui se n’è andato il talento” (Mina)




intervista a cura di: Viviana Cosentino

domenica 20 settembre 2009

“In viaggio con Alberto” di Anna Longhi


“In viaggio con Alberto” di Anna Longhi per Aliberti Editore ricostruisce il rapporto lavorativo e di amicizia con il grande e indimenticabile Albero Sordi. Anna lo conobbe quando faceva la camerinista al Palatino e pian piano Sordi ebbe modo di conoscere e apprezzare la genuinità e la spontaneità della Longhi. Così l’Albertone nazionale, decise che era pronta per recitare e le assegnò nel 1978 nel film “Dove vai in vacanza?” il ruolo della moglie. Considerata la buona prova della Longhi l’attore romano la volle anche per altri suoi film come “Il tassinaro”, “Il malato immaginario”, etc. Questo libro è scritto con una semplicità disarmante poiché l’attrice che di certo non appartiene ad alcun circolo elitario e letterario si affida ai propri ricordi e alle proprie emozioni per descrivere il grande affetto nei confronti del “Signor Sordi” come lo chiamava l’autrice. La Longhi sfata il mito della tirchieria di Alberto e tante altre curiosità che Anna ha imparato e scoperto lungo gli anni di attività lavorativa vissuta accanto a lui. In alcuni passi ritroviamo situazioni scritte proprio con l’ausilio del dialetto romano tanto caro a Sordi. Ma nel libro in questione non vi sono soltanto dei ricordi su Alberto ma anche su molti attori, attrici, cantanti, registi internazionali che la Longhi ha conosciuto lungo la sua professione di guardiana di camerini allo stabilimento Rizzoli. Anna Longhi meglio conosciuta come la “buzzicona” dei film di Sordi ci consegna un ritratto intimo, diretto e commovente di Alberto Sordi che per l’attrice comica fu “un fratello, un amico, un maestro”.


Cristian Porcino

domenica 13 settembre 2009

“Elisabetta II” di Richard Newbury


“Elisabetta II” di Richard Newbury per Boroli Editore è la biografia della regina Elisabetta II d’Inghilterra. Newbury con uno stile narrativo compenetrante e affascinante accompagna il lettore dentro la vita della sovrana più nota e più importante dell’intero pianeta. Ad aprire questo libro troviamo la prefazione del giornalista Antonio Caprarica che scrive: “Questo libro di Richard Newbury è prezioso anche per questo: con la cura dell’entomologo e la passione dello storico, Newbury aiuta a decifrare i pochi indizi che Elisabetta lascia cadere. E ce li descrive con il puntiglio del cronista, al quale certo non difetta la caratteristica nazionale: il sense of humor”.
Naturalmente il libro ricostruisce gli anni dell’infanzia di Elizabeth, l’ascesa al trono nel febbraio del 1952, fino a giungere ai giorni nostri. L’autore non tralascia di raccontare anche gli scandali che hanno attraversato la seconda era elisabettiana; la prima infatti la si deve a Elisabetta I Tudor figlia del re Enrico VIII che regnò dal 1558 al 1603. Il giornalista inglese ci racconta di Edoardo di Windsor che fu costretto ad abdicare in favore del fratello per la sua storia d’amore con Wallie Simpson, del matrimonio di Carlo con Diana e dell’amore del principe per Camilla, etc. Il libro a mio avviso è molto interessante, perché analizza la figura della sovrana sia da una prospettiva storica che personale. Unica pecca del testo in questione è la totale arbitrarietà dell’autore nel descrivere in toni decisamente negativi la defunta Lady Diana. In certi punti Newbury tralascia il suo ruolo di cronista per emettere giudizi estremamente personali e discutibili sull’ ex moglie di Carlo. Quest’ultimo futuro erede al trono viene descritto come un uomo colto, raffinato ed insicuro, e a cui negli anni, è mancato l’affetto della propria madre. In un passo Newbury scrive: “ Se Elisabetta II vivrà quanto sua madre il principe Carlo potrebbe morire prima di lei”. Per il resto la lettura scorre velocemente e si rimane colpiti per la quantità non indifferente di particolari sconosciuti al pubblico, che Newbury ha saputo costruire con grande serietà e professionalità. Da leggere assolutamente.


Cristian Porcino

martedì 1 settembre 2009

“Briscola maestro. Il piccolo mondo di Luciano Pavarotti” di Beppe Zagaglia


“Briscola maestro. Il piccolo mondo di Luciano Pavarotti” di Beppe Zagaglia per Artioli Editore ricostruisce attraverso varie testimonianze fotografiche e ricordi personali degli amici, la vita “ordinaria” di big Luciano. Questo splendido e pregiato volume vuole rendere omaggio al tenore più famoso al mondo non con le testimonianze dei vip - che avrebbero parlato solo ed esclusivamente dell’artista Luciano-; ma degli amici, quelli veri. Quando il maestro Pavarotti si trovava a Modena, sua città natale, non perdeva occasione di giocare a carte con il gruppo affiatato dei suoi compagni d’infanzia. Nel libro vi sono molti interventi come ad esempio quelli di Candido Bonvicini, Mirella Freni, Raina Kabaivanska, Adua Veroni e Nicoletta Mantovani, Giuliano Barbolini etc. Attraverso i ricordi degli amici e dei familiari, si ricostruisce l’infanzia, l’adolescenza, e i primi innamoramenti di Luciano. Leggere questo “album dei ricordi” scritto da Zagaglia è come sedere accanto a un tavolino e sorseggiare un lambrusco insieme al maestro Pavarotti e all’allegra comitiva. Proprio questo mese ricorrono due anni dalla sua scomparsa. Il mondo non ha mai dimenticato la sua voce maestosa e gioiosa, l’ironia e la disponibilità di un grande artista che ha saputo esportare nel mondo quanto vi era di buono nello stivale italico. Pavarotti era ed è una delle glorie italiane. Ricordo che quando andavo in America, ancor prima che Luciano morisse, quando dicevo di essere italiano mi rispondevano: “Pavarotti”. Luciano era immensamente amato; grazie a lui si deve questo proliferare dei soprani e tenori nella musica pop. Molti, allora come oggi, arricciano il naso per l’esperimento tentato dal tenore modenese; il quale aveva intuito che l’amore per la musica non doveva essere contaminato dai soliti snobismi. Chiaramente Luciano verrà ricordato per essere stato un ottimo tenore lirico; ma non comprendo perché, anche fra i suoi amici intervistati, si debba temere di evocare lo spettro del “Pavarotti and friends”. Grazie a quegli spettacoli si sono raccolti fondi importanti per aiutare di volta in volta casi disperati in giro per il mondo. Inoltre come non estasiarsi nel vedere il maestro duettare con artisti del calibro di: Elton John, U2, Sting, Barry White, Annie Lennox, Renato Zero, Celine Dion, etc. Forse ciò che muove tali critiche è la solita invidia che circola nel mondo dell’opera; ossia il rammarico per non aver pensato loro ad un idea formidabile come quella intuita da big Luciano. Pertanto consiglio la lettura di questo libro perché farà riscoprire un Pavarotti più intimo e meno conosciuto al mondo. Da leggere


Cristian Porcino

martedì 25 agosto 2009

“In nome di Dio. La morte di papa Luciani” di David Yallop




“In nome di Dio. La morte di papa Luciani” di David Yallop per Tullio Pironti Editore è un’ agghiacciante inchiesta sulla misteriosa scomparsa di Giovanni Paolo I. Da quando questo libro fu pubblicato per la prima volta nel 1987 ha venduto fino ad oggi più di dieci milioni di copie in tutto il mondo. Sono trascorsi 31 anni da quando Albino Luciani (nato il 17 ottobre 1912 - morto 28 settembre 1978) regnò come pontefice della chiesa cattolica per soli 33 giorni. Un pontificato breve ma intenso. Yallop ha ricostruito i probabili moventi che hanno spinto determinati individui ad assassinare Luciani. In un certo qual modo Dan Brown deve essersi ispirato a questi tragici fatti per scrivere il suo “Angeli e Demoni”; a volte si sa che la realtà supera di gran lunga la fantasia. Luciani era l’uomo della speranza cristiana, l’uomo che avrebbe portato il cattolicesimo romano verso una direzione in linea con lo spirito evangelico e lontano dalla corruzione finanziaria e dalla perdizione morale. In qualche modo nessuno di noi può escludere dalla proprie possibilità l’ipotesi che chi di dovere sentendosi fortemente minacciato dalle idee rivoluzionarie di papa Luciani, sarebbe stato pronto a perpetrare un omicidio! Io non so come andarono realmente i fatti, ma quanto scritto da Yallop non può essere ignorato e ridotto ad una semplice congettura fantasiosa. “In nome di Dio” è un libro ben documentato e soprattutto ricco di particolari e di testimonianze. Grazie a Yallop Albino Luciani ha avuto un po’ di quella giustizia che in vita gli è stata negata. Senza fare inutili parallelismi, chi crede e professa il proprio culto potrebbe scorgere, probabilmente, nella profezia contenuta nel terzo segreto di Fatima che il papa ucciso sia proprio Albino Luciani: “E vedemmo in una luce immensa che è Dio: 'qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti un Vescovo vestito di Bianco 'abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire su una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregare per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi d'arma da fuoco e frecce “. Forse il Vaticano ha esitato a lungo se renderlo noto o meno al mondo, per timore di riaprire vecchie piaghe mai rimarginate. Obiettivo primario era forse far dimenticare al più presto Albino ai fedeli; se pensiamo che nelle grotte vaticane quasi nessuno si sofferma sulla sua tomba o vi depone un fiore. Il sorriso e l’insegnamento di Luciani non è destinato a scomparire ma rifulge immensamente, rischiarando le coscienze degli uomini. In definitiva consiglio vivamente di leggere quest’opera ad ogni persona, credente o meno, affinché si confronti con l’altra faccia del cattolicesimo vaticano.



Cristian Porcino

venerdì 7 agosto 2009

“Il fuoco segreto” di Stratford Caldecott


Il saggio di Stratford Caldecott (Edizioni Lindau) ricerca, trova delle analogie e delle reminescenze cattoliche nella celebre opera “Il Signore degli anelli” di J. R. R. Tolkien. Come diceva il filosofo Karl Popper : “Chi cerca conferme le trova sempre”. Personalmente a me non piace che si tenti di sviscerare un’opera fantastica come quella inventata da Tolkien, e soprattutto non impazzisco di gioia nell’apprendere che dietro il mistero dell’anello si possa celare il dogmatismo cattolico. Non basta lasciarsi guidare dal fatto che l’autore de “Il Signore degli anelli” era un fervente cattolico, per confutare la tesi secondo la quale Elbereth, Galadriel, etc., sono delle immagini che rimandano al culto della Madonna. Pur riconoscendo larghi meriti all’analisi meticolosa e raffinata condotta da Caldecott, devo confessare che questo libro sembra essere un’apologia del cattolicesimo. Caldecott in certi momenti descrive inconsapevolmente Tolkien come un uomo bigotto, moralista e puritano.
Uno scrittore come Tolkien grande studioso medievista, cultore e inventore di antiche lingue, non può essere ridotto ad un semplice esecutore materiale di una storia che deriva esclusivamente dal proprio culto personale. Non nego che all’interno della trama vi siano dei rimandi spirituali ben precisi ma non vedo il motivo per cui cristianizzare i personaggi di una fiaba che non necessitavano di certo di una rilettura in chiave mistica o religiosa. L’opera de “Il signore degli anelli” appartiene all’immaginario collettivo di milioni di persone che hanno, anche loro, fantasticato a lungo sulla genesi creativa di quei protagonisti. Molto interessante invece l’accostamento dell’archetipo studiato da Jung e descritto da Caldecott. Continuando in tale direzione, si pubblicheranno analisi di Harry Potter in chiave cristiana o musulmana. Lasciamo in pace la fantasia degli scrittori. “Il fuoco segreto” ricorda per certi versi il saggio dell’autrice Christin Ditchfield “ Una guida per la famiglia alle cronache di Narnia”. Entrambi gli autori sono pervasi da un fremito di esaltazione eccessiva della propria fede che si riverbera anche là dove non dovrebbe esistere. La laicità di uno scrittore e di una storia è di fondamentale speranza per la cultura dell’essere umano. “Il signore degli anelli” non è un’opera neopagana né cristiana; è semplicemente una storia che vive nel cuore e nelle fantasie dei suoi lettori indipendentemente dalla fede di chi la ascolta e di chi a suo tempo ebbe la “sacra” intuizione di evocarla e metterla per iscritto. Non cerchiamo pertanto di dissipare le nubi misteriche che avviluppano le figure che animano le fiabe e le favole; altrimenti finiremo con l’uccidere la genialità. “La memoria non può appagare i desideri del cuore. Essa è solo uno specchio”. Desidero infine segnalare l’ottima traduzione dall’inglese di Diana Mengo.




Cristian Porcino

sabato 1 agosto 2009

“Il mio corpo in nove parti” di Raymond Federman


Il mio corpo in nove parti” di Raymond Federman per La Lepre Edizioni è un ironico quanto suggestivo viaggio all’interno del corpo dell’autore. Federman esamina alcune parti del suo corpo come: capelli, naso, dita dei piedi, voce, lingua, pene, molare, orecchie, occhi, mani e cicatrici. Spesso dimentichiamo il rapporto confidenziale che ci lega al nostro involucro carnale. Nell’antichità il corpo umano è stato vessato e umiliato da religioni e tradizioni che lo ritenevano il sepolcro dell’anima. Diceva Sant’Agostino: “Questo corpo di morte non appartiene a me; è un carcere dove sto per un po' di tempo…Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo”. Eppure senza la nostra realtà materiale e oggettiva noi non potemmo spingerci nella vita di tutti i giorni. Federman dialoga con i suoi capelli così come con il suo naso perché è conscio che essi fanno parte di sé. Hanno vissuto i nostri stessi momenti e questo a testimonianza che niente del nostro corpo è inutile. L’autore incede nei ricordi che lo hanno accompagnato rivelando oltre la vena malinconica; una senilità che avanza. Questo nostro corpo che spesso è additato come causa di peccati o di misfatti è lo stesso che la religione cristiana cattolica glorifica quando innalza agli onori degli altari i propri beati e santi. L’esposizione dei corpi dei servi di Dio potrebbe forse stare a significare che anche il loro contributo corporeo è degno di nota; altrimenti perché autorizzare la vendita; o peggio ancora incoraggiare l’adorazione della effige di una persona defunta?! Carmelo Bene disse: “Il corpo implora il ritorno all’inorganico. Nel frattempo non si nega nulla. […] È tutta la vita che tolgo di scena il burattino, l’incubo d’un pezzo di legno che ci si ostina a voler farcire con carne marcia. Precipitare nell’umano - che parola schifosa - questa è la disavventura. Gli anatomisti gridano al miracolo quando parlano del corpo umano. Ma quale miracolo?! Un’accozzaglia orrenda, inutilmente complicata, piena di imperfezioni e di cose che si guastano”. Certo Federman ha una visione meno cruda del corpo umano, ma molto più romantica e appassionante. “Il mio corpo in nove parti” è un libro che restituisce dignità alla corporeità di ogni essere umano.
Da leggere.


Cristian Porcino

martedì 28 luglio 2009

“It’s your song” di Rody Mirri


“It’s your song” di Rody Mirri per Vannini Editrice racconta la storia d’amore tra Gianni Versace e Antonio D’Amico.
Il 15 luglio 1997 Gianni Versace veniva barbaramente assassinato davanti alla sua villa di Miami. Le indagini troppo frettolose e approssimative dissero che ad uccidere il noto stilista era stato un giovane prostituto di nome Andrew Phililip Cunanan trovato subito dopo morto perché, a quanto pare, si tolse la vita. “It’s your song” non ricostruisce le ore che precedettero la vita di Gianni ma racconta l’appassionate quanto travolgente love story fra due uomini che per ben quindici anni seppero costruire giorno dopo giorno una realtà che non sempre veniva ben vista e tollerata dalla gente. Rody Mirri attraverso un registro narrativo molto coinvolgente riesce a mettere per iscritto i pensieri di Antonio D’Amico; il quale si confessa a cuore aperto all’autore del libro. Attraverso la sua lettura riusciamo a comprendere la genialità di un artista della moda come Gianni Versace che riusciva a trasporre nella sua attività tutta la sua curiosità riguardo la cultura classica e il mondo delle arti figurative. Antonio D’Amico non fu solo il compagno di Gianni ma lavorò a stretto contatto con lui arricchendolo di nuovi e significativi imput. In questi anni di vita insieme Antonio e Gianni avevano costruito una fitta rete di amicizie con personalità del jet set quali: Phil Collins, Lady Diana, Elisabeth Taylor, Elton John, ecc. Un tocco di amarezza pervade il lettore quando si apprende che dopo la morte di Versace la famiglia dello stilista ha cercato in ogni modo di sconoscere il grande sentimento che Antonio e Gianni avevano condiviso. Ignorato e ostracizzato, D’Amico si sentì tagliato fuori dal mondo; le conoscenze vip si erano diradate dopo la morte di Gianni. A restargli accanto solo e soltanto un vero amico come Elton John. Elton non poteva accettare che Antonio diventasse preda della depressione. Difatti il titolo del libro è un chiaro omaggio ad una delle più belle canzoni di Elton “Your song”. D’Amico ha sempre dimostrato al mondo il proprio attaccamento a Gianni e non al suo impero economico. Eppure durante il funerale nel duomo di Milano assieme a Elton John, Lady D., Sting e i fratelli; il sacerdote non nominò mai il nome di Antonio affranto nel suo dolore. Tutti erano distrutti e meritavano le parole di conforto di santa madre chiesa meno che D’Amico. Questa è di norma la carità professata dalla chiesa. Gianni era stato uno dei primi personaggi pubblici ad ufficializzare la sua omosessualità, vivendo alla luce del sole la sua storia con Antonio. Secondo il pensiero ottuso degli alti prelati, ad un omosessuale non deve essere concesso l’affetto e la stima che invece la chiesa cattolica elargisce in abbondanza a mafiosi, dittatori, e alle categorie più abbiette di persone. Fortunatamente adesso Antonio D’Amico ha trovato la sua strada nel mondo della pittura e gli auguro sentitamente che possa ritornare a vivere una vita intensa; perché se la merita tutta.
“It’s your song” è un libro da leggere assolutamente.


Cristian Porcino

venerdì 24 luglio 2009

Presto in libreria "Tributo a Michael Jackson" di Cristian Porcino



Sta per uscire in libreria "Tributo a Michael Jackson" per le Edizioni Libreria Croce.
“Tributo a Michael Jackson” di Cristian Porcino è una ricostruzione, attraverso varie testimonianze di chi gli era vicino, dei suoi ultimi giorni di vita e delle motivazioni che hanno portato alla morte improvvisa il Re del Pop mondiale. All’interno del testo, ricco di documenti, è riportato in originale il suo testamento, ancora molto discusso da amici e parenti. Poi il racconto finale di una fan italiana che l’ha seguito per il mondo e l’ha personalmente incontrato.Il mistero della scomparsa di Jackson e un’analisi della storia musicale del personaggio Jacko, amato da milioni di fan su tutto il globo, arricchiscono il lavoro di Cristian Porcino che già si è cimentato nell’analisi critica di vari artisti internazionali della musica pop.
96 pagine
€ 13, 00
Codice Isbn: 978-88-64020-43-3